Cos’è la protesta dei Forconi e chi c’è dietro

par Davide Falcioni
giovedì 19 gennaio 2012

Chi c'è dietro al movimento siciliano? Una banda di fascisti, un leader discutibilissimo, e i soliti arrabbiati di Facebook.

Sembra che sia iniziata la Rivoluzione. Sembra che un'orda di contadini, allevatori, camionisti stia risalendo la Penisola, forconi in mano, incazzati neri. Sembra anche che quello che non è riuscito al movimento mondiale degli Indignados - cambiare l'economia, ridistribuiore le ricchezze - presto avverrà grazie a loro. Non riuscì neppure 11 anni fa agli uomini e le donne di Genova, né è finora riuscito a nessuno dei movimenti altermondisti sparsi per il mondo.

Eppure il Movimento dei Forconi sta riscuotendo grande simpatia praticamente ovunque. Normale, visto che a parlare davanti alle telecamere sono onesti lavoratori, bravi padri di famiglia. Mica studenti figli di papà, spranghe in mano e passamontagna sul volto. Dicono di non reggere il peso della crisi economica: non hanno soldi per il gasolio del camion. Non riescono a vendere i loro prodotti agricoli. Intanto le tasse sono sempre più alte e, insomma, così non si può più andare avanti. Rivendicazioni comprensibili, per carità. Gli arrabbiati del Paese solidarizzano. Facebook, come al solito, è uno specchio fedelissimo della realtà: "Continuate così, viva la Rivoluzione!", scrivono in molti sulla bacheca del Movimento. "Tutto il popolo dovrebbe unirsi ad i Forconi", dicono altri.

Ma cosa c'è dietro il Movimento? La risposta è semplice: nulla. Nessuna proposta alternativa seria. Solo rabbia, rivolta, fame. Il vuoto di proposte, tuttavia, è stato immediatamente colmato. E non da movimenti o partiti di sinistra (che, anzi, in questa protesta non sono neppure pervenuti). A riempire il vuoto ci ha pensato Forza Nuova, partito di ispirazione fascista.

"Forza Nuova - ha dichiarato Roberto Fiore, leader del partito - è orgogliosa di poter dare tutto il supporto politico e operativo a questa grande protesta. Siamo completamente solidali con le rivendicazioni dei lavoratori che, nel silenzio mediatico quasi totale, stanno bloccando in questi giorni la Sicilia, e da oggi la Calabria. Speriamo inoltre che da questa grande protesta possano scaturire finalmente dei germogli di vero cambiamento, a partire dall' introduzione della moneta popolare e dal rifiuto dei decreti del Governo Monti, ormai considerato illegittimo e non rappresentativo dalla maggior parte della popolazione".

Forza Nuova, dunque, cavalca la protesta al fine di proporre un suo vecchio cavallo di battaglia: la moneta popolare. Ecco di cosa si tratta: "Noi vogliamo per contro che il denaro venga dichiarato proprietà esclusiva del popolo che lo usa e gli attribuisce valore, cancellando così il debito pubblico attuale verso le banche di emissione e abbassando di conseguenza le tasse di circa il 50%. Noi chiediamo pertanto l’introduzione di una Moneta di Popolo". Che vorrebbe dire, in termini spiccioli, default, uscita immediata dall'euro, creazione – non si capisce su quali basi – di una nuova moneta sovrana. Come se così facendo i contadini e i camionisti potessero vivere di colpo nell'oro. Follia pura, ma tant'è. Ad oggi Forza Nuova è l'unico partito politico autorizzato a manifestare insieme al Movimento dei Forconi. 

Ma un Movimento che si rispetti non può non avere un leader, un trascinatore carismatico. In questo caso risponde al nome di Martino Morsello. Che da Forza Nuova non ha preso le distanze (anzi, la figlia Antonella ne è un'accanita militante), benché si sia affrettato a dichiarare che tra i Forconi non sono ammesse bandiere politiche (ma abbondano le croci celtiche). Eppure lui di politica se ne dovrebbe intendere: nel 2008, come segretario del Movimento Agricolo Europeo, si candidò alle elezioni regionali, giurando pieno appoggio a Raffaele Lombardo, a sua volta fedele alleato del Pdl: non propriamente un partito rivoluzionario. Anzi, in buona parte gli stessi che per anni hanno negato la crisi. Gli stessi anche che hanno non poche responsabilità per le condizioni in cui versano i lavoratori siciliani.

Martino Morsello, all'epoca, si presentava così ai suoi elettori:

"Sono schietto, umile, testardo, sincero, un uomo che ama sua moglie e i suoi tre figli e che per loro farebbe l’impossibile per renderli felici. Un uomo che nonostante attacchi le falsità ha sempre portato avanti le sue idee la sua voglia di legalità e ha sempre detto la verità. Un uomo che per la sua Marsala ha fatto molto, un uomo di sani principi che li ha tramandati ai suoi figli, senso di giustizia, legalità, umiltà, rispetto e bontà. Un uomo che ancora una volta si mette in gioco senza trucchi e senza inganni, che non si piega e non ti gira mai le spalle guardando negli occhi anche il suo peggior nemico perché chi non ha mai rubato né deriso né umiliato ha gli occhi limpidi come l’acqua. Mi metto in gioco assieme a voi perché chi viene dal basso sa ascoltare davvero i problemi dell’essere umano. Datemi fiducia non vi deluderò come non ho mai fatto. Scrivi Morsello… il cambiamento è già in atto". 

Ed ecco quali erano, all'epoca, alcuni punti del suo programma elettorale:

Federalismo comunale; abolizione di tutti gli enti ed associazioni inutili; condoni previdenziali per le attività agricole artigianali ed industriali; lotta alla burocrazia ed agli sperperi di denaro pubblico; dare efficienza alla sanità. 

Populismo puro misto a banalità. 

E neppure una personalità del tutto limpida. Dietro al vittimismo di facciata, che oggi lo autorizza a "guidare" il Movimento dei Forconi come fosse egli stesso una vittima delle spietate regole dell'economia e della magistratura (ricorda qualcuno?), c'è una brutta storia rivelata, con un'inchiesta del 2009, dal quotidiano Marsala. All'epoca, infatti, Morsello era direttore di una grande azienda, la Ittica Mediterranea, che si occupa di allevamento di pesci ("Per noi rappresentava la Fiat del sud", disse). L'azienda venne dichiarata fallita nel 2003 e Morsello iniziò la sua personale crociata, partecipando persino a numerose trasmissioni televisive. "Il tribunale di Marsala - diceva - si è intestardito sulla scelta di farci fallire". In realtà, come rivela l'inchiesta di Marsala, "Acquacoltura Mediterranea (socità del figlio di Morsello, ndr) inizia ad avanzare al curatore fallimentare delle esorbitanti richieste economiche per delle spese di mantenimento e allevamento del pesce, senza fornire però alcuna documentazione. Mandano anche un fax dove quantificano il costo a 3.979 euro al giorno! Per evitare ulteriori polemiche, gli organi fallimentari nominano un consulente tecnico, un esperto del settore, che ha il compito di valutare quanto effettivamente costa alla Acquacoltura Mediterranea allevare il pesce in custodia. Ciò che è giusto è giusto (nel frattempo l’allevamento viene colpito da diverse “malattie” e si registrano casi di moria di pesce…). Ebbene, a fronte di una richiesta mai documentata di rimborso spese pari a 813.000 euro, il consulente reputa invece congrua una somma pari a 270.000 euro. Un terzo. Nell’occasione il perito nota anche come i pesci si siano dimezzati a seguito della morìa, siano visibilmente magri perché non alimentati e in cattive condizioni sanitarie. Per il perito i costi medi giornalieri non sono superiori ai mille euro. Ne nasce un’altra controversia. Anche lì si va in giudizio. Nel 2006 il Tribunale di Marsala decide di ritenere infondate le pretese dell’Acquacoltura Mediterranea, riconoscendo solo il dovuto per quanto indicato dal consulente"

L'azienda, quindi, fallì. Colpa delle banche? Colpa dei magistrati? O colpa di Morsello e della sua incuria?

E' a Morsello e Forza Nuova che oggi agricoltori, autotrasportatori e allevatori siciliani consegnano la loro protesta. Altro che rivoluzionari dei Forconi...



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