Coronavirus: l’impatto economico

par Phastidio
mercoledì 26 febbraio 2020

Questa settimana, con Gianluca Codagnone, proviamo a tratteggiare qualche scenario, più o meno macro, sulle conseguenze che il coronavirus potrebbe avere su mercati finanziari, sulla destabilizzazione (disruption, come dicono quelli bravi) delle catene del valore e più in generale sull’innesco di un processo duraturo di deglobalizzazione. In pratica, il coronavirus come prosecuzione con altri mezzi degli effetti del protezionismo.

Sino a venerdì, i mercati hanno olimpicamente ignorato le minacce, manifestando anzi momenti di vera e propria euforia, ritenendo che alla resa dei conti ci sarebbe stata comunque una batteria di banche centrali pronte a fare la propria parte. Ma erogare più liquidità serve a nulla, se le componenti degli oggetti delle nostre vite quotidiane non arrivano all’assemblaggio.

Come dice Gianluca, sarà anche vero che Foxconn produce il 7% di un iPhone ma, se manca quella componente, l’iPhone sparisce al 100%. Ancora: tutti pensano che, quando sarà passata la nottata, avremo una ripresa a forma di V. Siamo proprio sicuri? Quante imprese saranno saltate, nel frattempo, per carenza di liquidità? A quanto ammonteranno le nuove sofferenze bancarie da smaltire?

Poi c’è l’aspetto geopolitico: prendiamo il caso di Taiwan. La Cina sta internalizzando le proprie filiere produttive, ma sui semiconduttori l’isola “ribelle” è il fornitore imprescindibile, di cinesi ed americani. Sicuri che Pechino non si faccia venire in mente di “internalizzare” in punta di cannoniere quella produzione, visti gli anni che servirebbero per realizzarla entro i propri confini, realizzando in tal modo anche la “riunificazione alla madrepatria” di Taiwan? Solo un esempio.

Poi ci sono gli aspetti più strettamente di mercato finanziario ma che ovviamente retroagiscono con l’economia reale. Ad esempio, protezionismo ed epidemia sono shock dal lato dell’offerta. Ciò dovrebbe produrre un impulso inflazionistico che causerebbe grossi danni a mercati obbligazionari prezzati per la deflazione o giù di lì. Se le banche centrali tentassero di compensare abbassando i tassi nominali (e spingendo quindi quelli reali in territorio ancor più negativo), il rischio di disordine monetario globale diverrebbe certezza.

E ancora: se la barca italiana dovesse affondare, con una gelata produttiva, ed al netto della flessibilità che ci verrà concessa, come reggerà il tessuto produttivo e soprattutto sociale del paese? Peraltro, la storia ci insegna che quando ci sono recessioni l’Italia accelera al ribasso; quando ci sono riprese, forse anche in conseguenza di errori di policy intervenuti nel frattempo o comunque di scarsa resilienza, la nostra ripresa prende la forma di una L, non certo di una V.

Sono solo spunti di riflessione, ovviamente. Qui non si fanno spoiler perché semplicemente non sappiamo come finirà il film: per tutto il resto, il mondo è pieno di ciarlatani con facoltà divinatorie, i più abili dei quali spesso vengono eletti. Buona visione.


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