Coronavirus, l’aiuto negato

par Slow Revolution
mercoledì 25 marzo 2020

Non è tempo di polemiche ma di agire. Eppure tralasciare alcune considerazioni è difficile. Lascia quantomeno perplessi l’impreparazione con il quale si è prevenuta la possibile pandemia. Il “paziente 1” è stato trovato quasi per caso e, pur conoscendo il pericolo del virus, non si è provveduto a dotare gli operatori sanitari (medici di base inclusi) delle adeguate protezioni ancor prima che l’epidemia giungesse in Italia. Non solo. L’avviso alla popolazione di non recarsi al pronto soccorso o negli studi dei medici di base in caso di sintomi influenzali o polmoniti è arrivata tardiva. L’esito è che ospedali e ambulatori sono divenuti focolai per la diffusione del virus e che, al 24 marzo, gli operatori sanitari deceduti sono oltre 20 e quelli contagiati più di 5.000, il 9 per cento dei totali dei positivi. Carenze di protezione ancora oggi persistente. Ad aggravare la situazione è la decisione di non sottoporre regolarmente medici, infermieri e altri operatori sanitari al test del tampone. Un esame, per altro, privato a molti cittadini, anche con sintomi evidenti della malattia. Mancanza che rende inattendibile il computo di malati e deceduti e, soprattutto, che rischia di vanificare i provvedimenti per contenere la pandemia come l’obbligo di rimanere a casa. Ma soprattutto rischia lasciare le persone prive dell’adeguata assistenza medica e, di conseguenza, di aggravare il computo delle vittime. Lo conferma la lettera ricevuta, e pubblicata di seguito, che è soltanto una delle innumerevoli voci di richiesta di aiuto. Basta fare una rapida ricerca sul web per rendersi conto che ottenere risposte dagli operatori del 112, 1500 e altri numeri di emergenza è una fortuna. Non per loro negligenza, naturalmente, ma per carenza di personale, altra questione sul quale si dovranno dare risposte a tempo debito. Ora, come da premessa e pur nella consapevolezza dell’emergenza in corso, è il momento di agire. E il migliore modo per farlo è estendere le analisi con i tamponi alle persone a rischio per evitare altri contagi. Ma soprattutto provvedere all’adeguata assistenza dei malati per scongiurare che passino dall’elenco dei contagiati a quello dei deceduti.

Ai responsabili della Sanità lombarda

Buongiorno, ho urgente necessità di denunciare e avere risposte su quanto segue.

Due genitori conviventi: padre di 87 anni e madre di 85 disabile con accompagnamento

Il 6 marzo mio padre inizia ad avere febbre a 39/39,5 gradi. Medico curante e guardia medica, consultati quotidianamente, danno solo indicazioni telefoniche terapeutiche prescrivendo tachipirina e antibiotico. Dopo una settimana in cui la febbre non si abbassa il medico chiama il 118 per pericolo di disidratazione e il 12 mattina mio padre viene portato al pronto soccorso di Manerbio. In pronto soccorso gli viene riscontrata una polmonite e gli viene effettuato il tampone Covid 19. Verso l’una di notte viene contattata mia sorella per andare a riprendere mio padre in macchina. Viene rimandato a casa con febbre a 39 per mancanza di posti e viene prescritta la quarantena a lei e a mia madre. Mia sorella chiede se è possibile effettuare un tampone a mia madre perché da 3 giorni ha gli stessi sintomi di mio padre ed è in terapia con antibiotico e paracetamolo (sempre con consultazione medica telefonico). Chiede un tampone anche a lei che di professione è un’Assistente Socio Sanitaria e lavora con un disabile (vorrebbe essere sicura di uscire dalla quarantena con un tampone negativo prima di tornare al lavoro). Le viene risposto che i tamponi a casa non si effettuano e in ospedale si portano solo quelli con gravi difficoltà respiratorie. Lunedì 16, avendo conferma di tampone positivo di mio padre, chiamo ATS Brescia per sapere se faranno i tamponi a mia madre, che al 99% è infetta, e a mia sorella. Mi rispondono che non è previsto. Chiedo se almeno quando faranno i tamponi di controllo a mio padre, sono previsti anche per mia madre e mia sorella. La risposta è che i tamponi vengono fatti solo al paziente registrato e comunque devo attendere l’indagine che farà ATS territoriale. Il 20 marzo vengo contattata per l’indagine e informo che nella notte mio padre è stato ricoverato per insufficienza respiratoria e mia madre è a casa con i sintomi, quindi chiedo se possono effettuarle un tampone, anche perché è disabile con accompagnamento, a casa da sola e io non posso aiutarla se non sono sicura che sia negativa (dico anche che sono allergica a paracetamolo e antibiotici quindi ancor più a rischio). Naturalmente mi dicono che il protocollo non prevede che vengano esaminati i conviventi anche se con sintomi. Ora ditemi se devo rivolgermi ad un avvocato o se qualcuno ha sbagliato a darmi le risposte che vi ho segnalato. Cosa devo fare?

Lettera firmata*

* Non pubblichiamo il nome nel rispetto della privicy. Qualora qualcuno volesse mettersi in contatto con l’autore può scrivere a slowrevolutionitalia@gmail.com. La lettera è stata inviata a esponenti del Governo e della Regione ai responsabili della Sanità lombarda senza ottenere, per ora, risposta.

Vignetta di Cecigian

Titolo originale: L’amore al tempo del corona/3

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