Coppa America: Paraguay, ossia come sfiorare la vittoria senza giocare

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lunedì 25 luglio 2011

Si è conclusa la 43ª edizione della Coppa America di calcio, svoltasi in Argentina: trionfa l’Uruguay in un torneo che ha riservato molte sorprese

Domenica 24 luglio si è conclusa la 43ª edizione della Coppa America di calcio, il maggior torneo per squadre nazionali del Nuovo continente (e il più antico in assoluto, essendo stato inaugurato nel 1916), che quest’anno si è svolto in Argentina.

Ha vinto l’Uruguay, allenato da Oscar Tabarez, che ha sconfitto in finale il Paraguay col punteggio di 3 a 0, grazie a una rete di Luis Suarez e a una doppietta di Diego Forlán.

Eliminate nei quarti, a sorpresa, le due grandi favorite dai pronostici, Argentina e Brasile, entrambe dopo l’esecuzione dei “calci di rigore”, al termine dei tempi regolamentari e supplementari (memorabile lo score dei giocatori in maglia oroverde, che sono riusciti nell’incredibile impresa di… sbagliare quattro rigori consecutivi!).

Oltre all’esito imprevisto, la Coppa America del 2011 si è caratterizzata anche per un altro evento inconsueto e non proprio edificante: il Paraguay è riuscito ad arrivare in finale pareggiando sempre, sia nel girone di qualificazione (0 a 0 con l’Ecuador, 2 a 2 col Brasile, 3 a 3 col Venezuela, venendo ripescata come una tra le migliori terze classificate), sia nei quarti (0 a 0 col Brasile, poi superato 2 a 0 ai rigori), sia in semifinale (0 a 0 col Venezuela, battuto, infine, ai rigori per 5 a 3). Un risultato per molti versi sconcertante, perché premia oltre i suoi meriti una squadra “catenacciara” e modesta, baciata dalla buona sorte e favorita dall’insipienza degli avversari, più che dalle proprie qualità tecniche (per molti versi, il Paraguay ricorda la Grecia che nel 2004 vinse a sorpresa il Campionato europeo).

Riteniamo che il ricorso alla “lotteria dei rigori” faccia sicuramente aumentare l’audience televisiva, ma rappresenti il De profundis del calcio sul piano dello spettacolo, perché induce le squadre, soprattutto quelle timorose di perdere, a puntare su una tattica attendista e ostruzionistica, sperando poi di vincere grazie ai penalty: in conseguenza di ciò, si tira poco in porta, si commettono molti falli e si scatenano continue mischie a centrocampo, con scontri spesso duri, e il divertimento è assente. In tutte le maggiori competizioni internazionali calcistiche, ormai, la tattica prevale sulla tecnica e raramente si assiste a qualche sfida “epica”. Solo il Barcellona e, in misura minore, la nazionale spagnola riescono, attualmente, a esprimere un calcio di qualità superiore, con trame di gioco elaborate e continue conclusioni verso la porta avversaria.

Si dovrebbero, pertanto, cambiare i regolamenti e introdurre nuove norme, finalizzate a invogliare chi gioca a cercare di vincere segnando molti gol: ad esempio, facendo passare il turno, in caso di scontro a eliminazione diretta, alla squadra che, in caso di pareggio dopo i supplementari, abbia conquistato negli incontri precedenti più punti, oppure abbia la migliore differenza reti complessiva, o abbia realizzato più gol. Non crediamo, tuttavia, che l’attuale dirigenza della Fifa introdurrà mai regole simili, perché la “meritocrazia” non si sposa con il football “commerciale” che piace tanto a chi ottiene lauti profitti grazie ai diritti televisivi acquisiti dalle pay tv. Queste ultime, infatti, hanno tutto l’interesse a mandare in onda un avvenimento sportivo che duri più di tre ore e si concluda con l’appendice “thriller” dei “tiri di rigore”, perché così aumentano gli introiti pubblicitari!

Guardando le immagini delle partite più significative degli anni Settanta, Ottanta e dei primi anni Novanta, e confrontandole con quelle dell’ultimo quindicennio, si può comprendere come il “gioco più bello del mondo” sia totalmente cambiato, diventando uno sport ripetitivo e con poche emozioni, infarcito di falli, proteste, simulazioni, pressing stressante, interruzioni pubblicitarie, stucchevoli commenti, ossessivi replay e asfissianti moviole. A discapito di chi lo ha sempre considerato soprattutto un gioioso passatempo e una palestra di vita per i giovani. Oggi, invece, il calcio è diventato soprattutto un grosso business, che non tiene conto né della deontologia (vedi i continui scandali), né del diletto di chi assiste alle partite.

Le immagini: alcuni highlights della finale Uruguay-Paraguay.

GIUSEPPE LICANDRO


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