Contro i sapientoni della rete

par Mario Barbato
martedì 13 dicembre 2016

"Il saggio è colui che sa di non sapere", disse il filosofo greco Socrate, riferendosi alla necessità per una persona di imparare continuamente nella vita anziché credere di conoscere l'intero scibile umano. Per Socrate l'uomo saggio, la persona assennata, è colui che, davanti a una discussione a lui ignota, preferisce tacere e continuare ad apprendere invece di parlare a vanvera dando sfoggio di tutta la sua presuntuosa saccenteria.

Sui social network invece questa regola è completamente ignorata. Calpestata sotto i piedi da quanti si improvvisano tuttologi del web, esprimendo la loro opinione <<autorevole>> su ogni materia, perfino sulla Costituzione italiana che pochi hanno davvero studiato, come se fossero usciti tutti dall'Accademia della Crusca o avessero alle spalle tanta di quelle competenze da potersi permettere di imporre le loro osservazioni come se fossero parole del Vangelo.

E' vero che ognuno ha diritto di parola e di critica. Così come è vero che viviamo in un Paese democratico che dà a ogni cittadino la possibilità di esprimere il proprio pensiero e la propria opinione. Ma è anche vero che la regola aurea della comunicazione è quella di parlare solo di argomenti che si conoscono bene o quelli su cui è possibile informarsi rapidamente, possibilmente non dalle fonti annacquate di Wikipedia o dei siti spazzatura.

Sarebbe assurdo e ridicolo se una persona priva di istruzione o esperienza su una specifica materia divulgasse il suo parere spacciandolo per verità indiscutibile. Un medico dovrebbe allora parlare solo di medicina, uno psicoanalista di psicologia, un antropologo di antropologia, un sociologo di sociologia. Che credibilità potrebbe mai avere un vescovo se, durante una messa domenicale, parlasse di zoologia o chimica farmaceutica?

Questo è proprio ciò che avviene sulla Rete dove l'ortolano, il salumiere, l'operaio metalmeccanico, il netturbino o la casalinga che ha appena finito si stendere il bucato, grazie ai social network, diventano tutti improvvisamente esperti di politica internazionale, di finanza, di economia, di etologia, di veterinaia, spesso senza aver studiato o senza aver praticato nemmeno una di queste materia.

Sono i sapientoni della Rete. L'esercito di saputelli che non hanno nulla da dire, ma lo dicono lo stesso, poiché quello che conta non è impartire conoscenze e informazioni ma elevarsi al di sopra degli altri, dimostrare di possedere una cultura che spesso è solo mirata a sentirsi parte di una comunità. Un po' come quelle donne che non capiscono nulla di calcio ma commentano lo stesso le partite per non sentirsi escluse da una passione popolare.

E poco importa se Umberto Eco avesse accusato i social di dare libertà di parola a una "legione di imbecilli" che solo il giorno prima parlavano al bar dopo un bicchiere di vino e adesso parlano tutti come dei Premi Nobel. Poiché anche su di lui il popolo del web ha la sua <<dotta>> opinione. Qualcuno arrivò perfino a definirlo un ignorante retogrado, propro lui che ha insegnato semiologia a una generazione di giovani scrittori.

Ma la Rete è anche questa: il trionfo della stupidità. Uno strumento tecnologico che ha premiato la comunicazione e danneggiato l'informazione, rendendo difficile capire dove stia la verità e dove dimori la menzogna. Un pandemonio mediatico dove il grano è soffocato dalla zizzania dalla zizzania e tutti, sia i cani sia i porci, possono parlare, scrivere e divulgare perle di insuperabile di ignoranza che qualcuno fa passare per vera conoscenza.

 

Foto: x61.com.ar/Flickr


Leggi l'articolo completo e i commenti