Conferenza stampa G8: il trappolone

par Federico Elmetti
sabato 11 luglio 2009

Doveva essere la passerella finale. I giornali italiani lo sostenevano con convinzione: non passerà lo scoglio del G8. Quelli esteri facevano a gara per rilanciare gli scandali del nostro presidente del consiglio, per ribadire la sua inadeguatezza a governare il nostro paese e tanto più ad organizzare l’incontro tra i potenti della terra. Vignette dissacranti, editoriali al vetriolo, una sparatoria gratuita sulla Croce Rossa dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Po.

Dicevano: vedrete, arriveranno i nostri, arriveranno i giornali della stampa straniera, quelli sì che non si fanno sottomettere, quelli sì che non hanno il guinzaglio e, vedrete, lo ribalteranno come un calzino, lo tempesteranno di domande scomode, lo distruggeranno e allora anche la stampa italiana non potrà più tirarsi indietro ed avrà finalmente il coraggio di far sentire la propria voce. Il G8, dicevano, sarà il grande trappolone. Silvio non ci dorme la notte, è angosciato, non pensa ad altro.

L’Aquila. Ore 13:58. Conferenza stampa finale al termine del G8. Una sala strapiena di giornalisti di tutto il mondo è in trepidante attesa. Nei giorni precedenti poche sono state le occasioni di porre delle domande direttamente al presidente del consiglio, organizzatore in pectore dell’evento. Ora c’è una processione di giornalisti assetati di sapere, chiedere, conoscere. Fanno a gara per essere i primi a porre la loro domanda, quella domanda che hanno preparato da mesi, che hanno ripetuto a memoria per giorni e giorni mica di fare poi brutta figura, la domanda che finalmente metterà in crisi il presidente del consiglio e che li accrediterà agli occhi del mondo come esempio fulgido di giornalismo libero e indipendente.

Tutti in platea hanno già l’acquolina in bocca. Pare già di sentirli. Si partirà con il caso-Noemi. Un paio di domande ben assortite sulla frequentazione di minorenni e sui trascorsi poco chiari del padre di Noemi. Poi si passerà alle foto di Villa Certosa, quelle foto che il Times aveva minacciato pubblicare. E poi via con un’altra raffica di domande sul giro di prostitute a Palazzo Grazioli. Qui ce n’è da sbizzarrirsi. Gli appalti truccati, le inchieste di bari, le amicizie con Tarantini indagato per spaccio di droga, le dichiarazioni imbarazzanti della D’Addario, gli assegni da migliaia di euro distribuiti alle favorite dell’harem. E poi ancora, un’altra domandina, giusto per il gusto di infierire, sulla cena segreta con due magistrati della Corte Costituzionale. Magari anche un accenno alle bordate arrivate dalla Chiesa. E poi, per dargli il colpo grazia, la fatidica domanda che tutti stanno attendendo. Buttata lì, quasi con nonchalance: "Signor presidente, ha poi risposto alla lettera di Bernardo Provenzano che le prometteva aiuti politici in cambio di una rete televisiva favorevole a Cosa Nostra? Sa, giusto per sapere..."

L’Aquila. Ore 14:00. Inizia la conferenza stampa finale al termine del G8.

Berlusconi è lì, pronto a soccombere sotto il tiro incrociato. Lo sa e si prepara all’ultima battaglia. Ha il volto tirato. E’ conscio che questa sarà la sua ultima conferenza stampa e con l’ironia che da sempre lo caratterizza, chiosa: "Vi ringrazio e mi consegno alle vostre domande". Mi consegno. Le parole non sono casuali. E’ un esplicito segnale di resa. Come il condannato a morte che saluta il plotone di esecuzione che gli darà la morte.



Parte l’affondo del primo cronista. Si chiama Gianpaolo Pioli del Quotidiano Nazionale. A lui (e chissà perchè proprio a lui) è spettato l’onore di infliggere la prima stoccata. Attacca veemente: "Lei pensa di poter dire di essere già amico di Obama?"

Berlusconi non riesce a reggere l’urto dell’impatto. Si aspettava qualcosa di forte, ma questo va ben oltre le sue aspettative. Si vede che è in evidente imbarazzo. Abbozza: "Ho avuto un rapporto molto cordiale. Lui mi ha raccontato cose della sua vita privata. Io gli ho raccontato cose della mia vita privata".

Eccola là. Prima frase, prima gaffe tremenda. Ghedini gliel’aveva detto di non pronunciare mai il binomio "vita privata". E lui invece, preso di sprovvista dalla cattiveria della domanda si è lasciato andare. Il prossimo giornalista prenderà la palla al balzo e si accanirà sicuramente a chiedere sarcastico di quali “cose della sua vita privata” abbia parlato al presidente Obama. Nell’ilarità generale. Silvio si morde le labbra. Ecco che arriva la seconda bordata.



E’ Antonio Preziosi del giornale RadioRai, che non si fa pregare e va subito al dunque: "Volevo chiederle che emozioni le ha dato quello che ieri sera è stato già definito da molti osservatori un momento storico, la stretta di mano tra Obama e Gheddafi". Berlusconi barcolla. Questo è veramente troppo anche per un uomo consumato come lui. Balbetta: "Mah, veramente, non ho provato nessuna emozione...". Poi si guarda in giro, spaesato. Sa di averla detta grossa. Ma non c’è tempo di pensarci. Già un nuovo squalo è pronto ad azzannarlo.

Si chiama Andrea Fabbozzi del Manifesto. Quando Silvio sente che è un giornalista del Manifesto gli prende un coccolone. Si appoggia con le mani al banchetto perchè lo regga. Fa un sorrisino di circostanza e attende la scure. Figurarsi, questo è un comunista dichiarato. Chissà cosa si inventa. E infatti arriva il missile terra-aria: "In questi giorni lei ha goduto della tregua chiesta dal presidente Napolitano. Finito il G8, lei può impegnarsi a ricambiare ed evitare attacchi alla stampa?". Berlusconi è letteralmente al tappeto. Tenta di replicare, più per istinto di sopravvivenza che altro: "Io non ho goduto di nulla. Io non ho fatto nessun attacco alla stampa. E’ la stampa che ha attaccato me. Normalmente non ho risposto. Qualche volta qualche risposta l’ho data".

In sala tutti sghignazzano. E’ chiaro che è una menzogna colossale. Nessuno avrebbe potuto bersela. Silvio lo sa bene. Ma sa anche che sono le sue ultime cartucce. Al microfono si è già presentato Alessandro Barbera della Stampa. Ecco un gancio in pieno volto: "Oggi i giornali scrivono che nella cena di ieri sera c’è stato un piccolo cambiamento nella disposizione dei posti a tavola. Volevo chiedere se è stata una scelta sua quella di avvicinare Obama a Gheddafi". Berlusconi tira un sospiro di sollievo. Questa se l’era preparata. Ha già la risposta pronta: "I posti a tavola sono stati assegnati dal cerimoniale della presidenza della Repubblica". Si risolleva, Silvio. Ha messo a segno il primo punto. E’ così che si difende un vero lottatore. Ora sfida con lo sguardo persino il prossimo giornalista, che già smania per riuscire in ciò in cui il suo collega precedente ha fallito.

E’ una donna. Si chiama Simonetta Guidotti, di RaiNews24. E’ un fiume in piena. Inarrestabile: "Presidente, quando dopo il terremoto lei decise di trasferire dalla Maddalena a L’Aquila il G8 si definì un pazzo lucido. Ecco: la scommessa è stata vinta. E’ andato tutto bene, l’organizzazione è stata perfetta. Nessuno si è lamentato per quanto riguarda le decisioni politiche prese. Quale di queste cose più le dà soddisfazione?". Berlusconi arretra. E’ stato un colpo basso. Da una donna, poi. Tenta di difendersi, dice che questo è stato il miglior G8 di sempre. Ovviamente sa che è una bestialità, ma non può far altro che continuare con la pantomima. Ringrazia Bertolaso e la Guardia di Finanza. Cerca di convincere i presenti che i cantieri per la ricostruzione incominceranno con tre giorni d’anticipo. Una balla così grossa non la raccontava dai tempi dello stalliere di Arcore. Si guarda attorno per cercare sguardi amici. Non ne trova.

Anzi. E’ pronto l’ennesimo giornalista assetato del suo sangue. Ma quanti sono? E’ Andrea Pesciarelli, del TG5. Silvio si ravviva. Non riesce a crederci. E’ un suo giornalista, di quelli che lui ha creato. Questo dovrebbe essere dalla sua parte. Ma non c’è nulla da fare. Persino l’inviato del TG5 non riesce trattenersi dalla foga forcaiola che sembra aver preso tutti i presenti. Usa parole di una durezza spietata: "Facendo un bilancio di questo vertice, ci troviamo di fronte ad un album fotografico pieno di istantanee importanti. Alcune con i grandi della terra che lei ha accompagnato tra le rovine del terremoto o la stretta di mano tra Obama e Saddam...eeeeh..il presidente libico Gheddafi. Ma anche quelle legate ai rintocchi di campane che oggi hanno chiuso questo vertice. Se lei dovesse sceglierne una in particolare, quale sceglierebbe e perchè?". Da lui proprio non se l’aspettava. No. Silvio più che adirato è profondamente deluso. Preso dallo sconforto, come il generale abbandonato anche dai suoi più fedeli collaboratori, risponde sdegnato: "Io sceglierei i rintocchi di campana".

Il prossimo è un giornalista aquilano. Si chiama Franco Gizzi. Le sue parole trasudano dignità. Tutto il dolore del popolo d’Abruzzo condensato in poche accorate frasi: "Signor Presidente, io volevo semplicemente ringraziarla a nome de L’Aquila che non si è fatta strumentalizzare politicamente per questa sua favolosa intuizione che ci ha fatto veramente sognare in questo periodo. Le chiedo di mantenere alta l’attenzione. Ho già sentito che lei sarà qui a L’Aquila nel prossimo mese di agosto per trascorrere parte delle sue preziose ferie. La nostra speranza è che si continui a lavorare per ricostruire questa nostra città distrutta dal sisma". Silvio è sconcertato. Questa volta è rimasto anche lui senza parole. Non si raccapezza. Tenta una battuta: "Posso farle io due domande? Prima domanda: lei è sicuro di essere un giornalista? Seconda domanda: è sicuro di sentirsi bene?".

Un’ironia spicciola che non viene gradita dal pubblico. Mugugni in platea. Silvio è alle corde. Ma ha ancora la forza di rispondere all’ultima devastante domanda. Gli viene posta da Luigi Ambrosino dell’Agenzia Ansa: "Dopo mesi di polemiche intense sulla stampa straniera pensa che si possano gettare le basi per riannodare i fili del dialogo con l’opposizione?". Silvio fa come per andarsene. Questo è veramente un insulto alla sua persona. Ha per un attimo l’istinto di buttare all’aria tutto, lanciare via il microfono contro quel giornalista spudorato e gridare al mondo la sua rabbia per un evidente complotto planetario ordito contro di lui. Ma si trattiene. Pensa a Napoleone sull’Isola di Sant’Elena. Pensa a se stesso a Villa Certosa. Ha un ultimo scatto d’orgoglio. L’ultimo, prima di scomparire definitivamente dalla scena politica. "Dialogo con quest’opposizione? Mai!".

La platea scoppia in un boato e bordate di fischi lo assalgono. La security a stento riesce a sottrarlo alla furia dei giornalisti che vorrebbero fargli altre domande. Finisce così miseramente l’era gloriosa di Silvio Berlusconi IV da Arcore. Grazie ad un sussulto di dignità della stampa cosiddetta libera.

Che, checchè se ne dica, è ancora brillantemente in vita e salvaguarda ogni giorno la stabilità democratica del nostro paese.

Grazie di cuore.


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