Concorsi pubblici truccati: il racconto di una vittima

par Antonio Giangrande
giovedì 13 ottobre 2011

Da 15 anni (dico 15 anni, una vita) partecipo al concorso di avvocato indetto dal Ministero della Giustizia, che ogni anno si svolge presso ogni Corte di Appello, le cui commissioni sono composte da magistrati, avvocati e professori universitari.

Da 15 anni i miei elaborati sono giudicati sempre con identico voto negativo e senza alcuna motivazione. Il fatto certo è che i miei pareri legali non sono corretti (mancanza di correzioni, glosse, ecc.) e sono dichiarati tali in un tempo che il Tar ha dichiarato estremamente insufficiente.

Da 15 anni il presidente, prima locale e poi nazionale, e i componenti della commissione d’esame sono quelli che ho denunciato in questi anni per favoritismi durante e dopo le prove selettive. Da 15 anni sono disoccupato nonostante sia capace di esercitare la professione. Ciò ha influito negativamente sulla vita di tutta la mia famiglia, condannata all’indigenza.
 
Potevo rassegnarmi ad essere un incapace, ma sono diventato, mio malgrado, un esperto in concorsi truccati. Da 15 anni, come presidente dell’Associazione contro tutte le mafie, sono destinatario della disperazione di tanti altri come me.
 
Per dimostrare la verità, raccolgo testimonianze da tutta Italia di centinaia di migliaia di candidati vittime dei concorsi truccati, tra i più disparati. Testimoni anche autorevoli come lo possono essere magistrati o professori universitari che ambiscono a ruoli superiori. Testimonianze che vanno ben oltre i concorsi in magistratura, nel notariato e nell'avvocatura e denunciano come i concorsi truccati in Italia costituiscano un regime generale di cooptazione nel sistema della classe dirigente o di livello professionale superiore. Chi detiene una pubblica funzione, anche senza merito in virtù di un concorso truccato, è componente di quelle commissioni d’esame, che reiterano il sistema di cooptazione all’interno del regime.
 
La Corte Costituzionale mi dice: siamo in Italia, il voto non va motivato e le commissioni sono arbitrarie ed insindacabili. La Corte di Cassazione mi dice: siamo in Italia, devi essere giudicato (sui concorsi, ma anche sui procedimenti penali a tuo carico per reati d’opinione) dai magistrati che hai denunciato alle procure e criticato sui giornali. E per il sol fatto che hai chiesto la rimessione, ti condanno.
 
Il Governo mi dice: hai ragione facciamo le riforme. Dal 2003 fa girare i compiti in tutta Italia. Il criterio di correzione diventa razzista. Il presidente locale della commissione 1998, 2000 e 2001 estromesso dalla riforma, diventa addirittura presidente nazionale nel 2010.
 
Il Tar mi dice: siamo in Italia, ma se la Corte Costituzionale afferma che le commissioni sono insindacabili, la Cassazione mi dice che non vi può essere ricusazione, se il Ministero della Giustizia mi mette come presidente di commissione chi aveva cacciato, io rigetto il tuo ricorso. Ricorso presentato con 1.000 euro tra contributo unificato, bolli e spese di notifica. Una tangente a favore di uno Stato che non ti tutela.
 
Le procure informate con prove e circostanze mi dicono: è impossibile che le commissioni d’esame abusino dei loro poteri contro di te. Resta il fatto che nessun commissario denunciato e criticato mi ha mai denunciato per calunnia o diffamazione.
 
Ad oggi la mia speranza è la Corte Europea dei diritti dell’Uomo, se non ci sono italiani di mezzo.
 
Strano che da 15 anni nessun organo di stampa nazionale abbia sostenuto la mia lotta. “Ballarò” di Rai Tre ha fatto un servizio mai mandato in onda. “I programmi dell’accesso” della Rai hanno fatto un servizio mai mandato in onda. Soldi dei contribuenti bruciati nel nome della censura. 
 
Da aggiungere che mio figlio, invece, è avvocato. Noto come l’avvocato più giovane d’Italia: 25 anni e due lauree. Suo malgrado, per colpa mia, è emarginato nell’ambiente. Quindi non riesce a lavorare.

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