Concordato: un’intesa da annullare

par Fabio Della Pergola
sabato 6 luglio 2013

Interessante il dibattito che si è acceso in merito alla ventilata intesa Stato-UAAR, a seguito di un’importante sentenza della Cassazione, di cui ha parlato recentemente proprio l’Unione degli Atei Agnostici Razionalisti

L’intesa, se dovesse ricalcare quella che lo Stato italiano ha sottoscritto con le varie confessioni religiose non cattoliche (l’intesa con la religione cattolica è definita dal Concordato), prevederebbe una parità di diritti in merito al riconoscimento, ad esempio, dei matrimoni celebrati da un umanista o all’insegnamento di materia non religiosa nelle scuole.

Ma, ovviamente, il punto cruciale sarebbe l’otto per mille e la possibilità per un’associazione dichiaratamente atea di accedere al finanziamento gestito dallo Stato.

L’ipotesi di intesa fra Stato e UAAR avrebbe il merito di equiparare la categoria dei cittadini non credenti, attraverso questa associazione privata, a quelli credenti; la richiesta dell’UAAR è quindi un’iniziativa meritevole tendente ad ampliare i diritti, a cui pare che abbiano risposto seccamente alcuni quotidiani di area cattolica, come l’Avvenire, che si chiede inopinatamente “l'ateismo è una religione o un'areligione?”. Non si capisce cosa volevano dire, comunque l’astio è palese.

A monte di tutto ciò resta la domanda sul perché mai lo Stato - che è l’organizzazione giuridico-amministrativa di tutti i cittadini, senza alcuna differenza religiosa, culturale, sociale, etnica o di genere fra di loro - debba essere chiamato ad elaborare e sottoscrivere accordi più o meno complessi con singole, per quanto socialmente rilevanti, associazioni private.

Diverso il caso della Chiesa cattolica che sarebbe l’estensione in sede nazionale della multiforme e tentacolare presenza globale di un singolo stato sovrano, riconosciuto internazionalmente (anche se all’ONU condivide lo status di osservatore “non membro”, come la Palestina).

Di fatto l’intesa con la Chiesa è un atto di accordo internazionale fra due Stati sovrani, atto finalizzato (secondo la definizione data dall’enciclopedia Treccani) a regolare i rapporti fra i contraenti, “per provvedere alla regolamentazione generale della situazione giuridica della Chiesa in un determinato paese”, seguendo la prassi di rinunciarea pretese fondate esclusivamente sul diritto canonico o sul diritto statale”.

Non si capisce bene perché lo Stato debba rinunciare a “pretese fondate sul diritto statale”, ma sappiamo che le esigenze del neonato stato fascista aveva bisogno dell’appoggio politico della Santa Sede per rafforzarsi. Il Concordato nacque lì, per un banale tornaconto delle camicie nere.

Già più comprensibile l’aggiornamento craxiano del 1984 che introdusse il meccanismo dell'8xmille al posto della "congrua". Ma del tutto inspiegabile oggi lasciare spazi di diritto pubblico ad una Chiesa platealmente priva di qualsiasi autorità morale dopo i casi eclatanti delle manfrine dello IOR, caso più unico che raro di banca tuttora non in regola con le norme europee antiriciclaggio, delle lobby potentissime di ricattati/ricattatori omo o etero che siano, del devastante caso dei numerosi preti pedofili trasferiti di parrocchia in parrocchia a diffondere come untori la loro peste anziché assicurarli, come dovuto, alle patrie galere.

Con un’organizzazione simile perché mai lo Stato italiano debba sottoscrivere accordi (e regalare miliardi) non si riesce a capire; se i “requisiti morali” sono necessari per una qualsiasi attività commerciale, perfino per un'impresa di pulizie, o anche per partecipare a concorsi pubblici, non si vede perché il Concordato non debba essere quantomeno “a tempo” e rinnovabile solo in presenza di tali “requisiti morali” del contraente vaticano. Niente requisiti morali niente ottopermille, tanto per dirne una; oppure niente stipendio agli insegnanti di religione. E così via. Se lo si pretende da un bidello, perché non da un Papa ?

Naturalmente la vecchia manfrina che l’ottopermille serva alle opere di bene è notoriamente manipolata per rendere suadenti gli spot pubblicitari; solo una piccola percentuale, il 23%, meno di un quarto di quanto incassato viene effettivamente spesa in opere di carità, il resto va in ciccia per gatti nonostante i risibili richiami del Papa nuovo ad una povertà della Chiesa che non è mai esistita se non nella favoleggiata età dell'oro precostantiniana; e nulla vieta che queste attività caritatevoli vengano finanziate da quella parte dell’ottopermille effettivamente dedicata volontariamente dai cittadini attraverso la loro libera scelta.

Ma non quella delle opzioni “non espresse” che è uno scandalosa truffa capace di raddoppiare le entrate della Chiesa cattolica, grazie al meccanismo perverso di suddividere quanto “non esplicitamente indicato” dai cittadini in modo proporzionale alle quote “espresse”. Un cittadino che non ha nemmeno pensato se destinare il suo 8xmille a qualcuno, partecipa così direttamete (ma a sua insaputa) all’arricchimento delle varie chiese o comunità religiose (meccanismo a cui si sottraggono - per rinuncia volontaria - solo la Chiesa Battista e le Assemblee di Dio, che non so chi siano, ma sia dato loro merito).

Come cittadini ci troviamo quindi di fronte a una serie di inutili intese tra il nostro stato e una serie di associazioni private, che sarebbero, appunto, inutili se non fosse necessario e logico che si cercassero di equiparare i loro diritti con quelli concordati con la Chiesa in virtù dei Patti Lateranensi. Inutile aggiungere che in alcuni stati come gli USA o la Francia le rispettive Costituzioni vietano esplicitamente che lo Stato sottoscriva concordati. E che noi potremmo fare altrettanto, visto che nessuno ci pensa due volte a mettere mano alla Costituzione (come stiamo vedendo in questi giorni).

Ma, dal momento che proporre di abolire il Concordato non appare fattibile con l'aria che tira, data la inverosimile quantità di baciapile ovunque insediatisi, meglio se anche l’UAAR partecipa alla divisione della torta, piuttosto che a farlo siano solo i religiosi.

Che però si dia almeno visibilità e corso ad uno degli ultimi referendum proposti dai Radicali: «Vogliamo che la quota relativa alle scelte non espresse sull’8 per mille (attualmente più del 50% del totale, circa 600 milioni di euro l’anno) rimanga in capo al bilancio generale dello Stato». Almeno qualcosa torni in cassa.

Il testo completo è qui. Si prega di accorrere numerosi.


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