Coma vegetativo: io ho scelto. E voi?

par Sofia Riccaboni
domenica 21 dicembre 2008

L’anniversario della morte di Welby e il caso Englaro mi hanno portata a riflettere. Io non voglio essere mantenuta in vita nel caso si presenti un coma vegetativo o una malattia che implica una sicura morte. Ecco il mio "testamento biologico".

Ieri era l’anniversario della morte di Piergiorgio Welby. Due anni da quella giornata che lui aveva scelto come l’ultima.

Aveva lottato tanto per ottenere che la sua volontà fosse riconosciuta. Per ottenere di poter scegliere della propria vita. Un medico, che di Welby si fidava e che comprendeva, ha raccolto la sfida e lo ha aiutato a porre fine a dolore e sofferenza.
Welby non aveva paura del dolore fisico, ma della non vita. Quella che ti colpisce quando non puoi fare più nulla, quando non vivi, stando in un letto e tutto quello che puoi fare è osservare. Una non vita che sarebbe comunque finita. Voleva decidere lui quando e come.

Lo ha fatto. Per questa sua scelta la Chiesa Cattolica lo ha "condannato" a un funerale civile. Niente chiesa per i suicidi. Questo aveva detto il Papa.
Sono passati due anni. Nel frattempo di suicidi ce ne sono stati tanti. Gente che si lancia da un ponte, da una finestra. Gente che uccide i figli e si spara. Tutti salutati dalla nostra Chiesa con un funerale religioso in piena regola. Perchè la Chiesa deve perdonare, dice il nostro Papa.

Ma la vita non ci dà mai il tempo di restare troppo nella bambagia di una cosa andata. E ci riporta, sempre senza chiedere, alla realtà e alla morte.
Ogni giorno. E sempre più spesso lo fa con casi eclatanti, che devono farci riflettere, che devono farci pensare e che devono farci agire.
Non possiamo stare sempre lì, fermi e interti, a guardare che le cose accadono. Non possiamo sempre fregarcene di tutto quello che non tocca a noi.
E così ecco Eluana, che ci riporta con i piedi sul terreno scivoloso del diritto di morire. O del diritto a una vita degna di tale nome.


Lotte con magistrati per far sì che la volontà di Eluana venga rispettata. Lotte contro giornalisti che non vogliono smettere di parlare di lei.
Lotte contro ministri che vogliono ignorare leggi superiori alla loro. Un padre che si batte perchè venga rispettato il diritto, espresso, della figlia a non vivere una "non vita".
Ed ecco che si riapre il dibattito. Tv, riviste, telegiornali, siti web. Tutti a dire "è giusto" o "è sbagliato". Ma chi siamo per giudicare?

Chi di noi ha mai provato cosa vuol dire vivere quella situazione? Non da parente di una persona in coma vegetativo, ma da persona in coma vegetativo. Come possiamo sapere se sia giusto o sbagliato? Come possiamo decidere per lei? Con quale coraggio la possiamo condannare alla morte o alla vita? Perché, in questo caso, sempre di condanna si tratta. Eluana aveva espresso un parere, chiaro e preciso.
Siamo un paese democratico. Dovremmo rispettare le scelte dei cittadini, anche dei singoli. Soprattutto quando queste scelte non arrecano danno a nessuno. Ma siamo anche in Italia, un paese che di democratico ha sempre meno. Uno Stato che sempre più cerca di controllare le azioni dei suoi cittadini, li vuole così: stuoidi, ignoranti, servili. Perché così potrà continuare a giocare le sue carte, perché così potrà continuare a gestire il suo gioco.

Questo accanimento contro la volontà di una persona, di un cittadino, è testimonianza di un clima culturale che fa paura. Non siamo liberi di scegliere nulla per noi. Ci dicono quando spendere e quanto, ci dicono cosa guardare in televisione, cosa leggere e cosa scrivere. Adesso ci dicono anche che "no, non possiamo morire".
Scusate ma ero convinta di vivere in un paese dove esisteva un diritto di scelta, che non doveva ledere la libertà degli altri. Non è così. Di conseguenza, fin tanto che il testamento biologico non sarà approvato, vi comunico sin da ora che "No, in caso di un mio stato di coma vegetativo, NON voglio essere mantenuta in vita. Voglio, anzi, che si organizzi tutto quanto necessario al prelievo degli organi, cellule e tessuti idonei ad essere trapiantati. E chiedo che, in caso il nostro Stato non abbia ancora accettato questo diritto di esercitare la mia scelta, mi si traporti in uno stato estero dove tale procedura sia riconosciuta come un diritto della persona."

Queste righe serviranno come "testamento biologico" : esso ha una data (21 dicembre 2008 ore 9:38). Chiedo ai miei figli Dejan e Pamela di far rispettare quanto di mia volontà, che scrivo in un momento in cui non ho nessun tipo di malattia, quindi in piena facoltà mentale e fisica.

Ringrazio fin da ora chi mi aiuterà in questa battaglia per una giusta considerazione del diritto della persona.

Invito anche tutti coloro che ritengono di avere un’idea chiara e precisa ad esprimerla, perchè nessuno possa un giorno dire "ma non aveva detto nulla a riguardo".


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