Com’era verde la mia valle. Riotta: la rete cancella l’opinione pubblica

par Michele Mezza
martedì 20 gennaio 2009

Il Corriere della Sera di ieri va conservato. Gelosamente. In sede storica potrà essere esibito per spiegare come mai, il sistema Italia, le sue istituzioni e gli apparati nazionali, non hanno retto allo shock della modernità e continuano a demonizzare il cambiamento.

 
Il quotidiano pubblica in prima pagina una toccante testimonianza di Carlo Revelli, fondatore di AgoraVox, il più efficace portale di giornalismo partecipativo francese, ora in attività anche in Italia. Carlo, dà notizia di essere il figlio naturale di Carlo Caracciolo, dando conto della sua storia personale.
 
La lettera è pubblicata in prima pagina del principale quotidiano italiano. La notizie in effetti è ghiotta. E Carlo non è uno qualsiasi, ma, appunto, il fondatore della più prestigiosa realtà giornalistica on line.
 
Nelle pagine interne è riportato il testo della lezione di giornalismo tenuta all’Auditorium di Roma da una delle teste più lucide del giornalismo italiano, Gianni Riotta, direttore del TG1, il quale, sempre in maniche di camicia, bianca come quella di Obama, dall’alto del suo trono giornalistico, e alla luce di un’aureola di giornalista moderno, che ha lavorato persino negli USA, ci spiega perché la rete è tutta una bufala.
 
Che dire di più. Davvero cadono le braccia.
 
Per mantenersi nel solco delle citazioni evangeliche che il direttore del TG1 ha ritenuto utile fare, si potrebbe citare Marco, ma non ho il tempo di controllare su wikipedia il numero preciso dei versetti e dunque cito a memoria col beneficio d’inventario, "voi che siete il sale della terra, se siete sciapi voi chi mai potrà insaporirvi?".
 
Nel merito il dibattito è lecito. La querelle sull’attendibilità della rete è infinita.
C’è chi dice che la rete non seleziona e sparge mala informazione, chi risponde che i milioni di occhi che scannerizzano i siti, minuto per minuto, sono la migliore garanzia contro le bufale, come dimostra appunto wikipedia, dove gli errori, o le menzogne, durano ,in media, 4 minuti.
 
Ma la domanda vera è un’altra: perché il telefono, o la radio, o la TV, che pure hanno avuto una pervasività, e una discontinuità tecnologica nella successione 
mediatica, non inferiore alla rete oggi, non hanno sconvolto il sistema informativo come internet?
 
E’ una moda risponde il gioviale Riotta, reduce dalle sue lezioni alla Columbia University.

 
Forse, con maggiore prudenza, e minore ansia di apparire pronto per più assennati e responsabili ruoli, si potrebbe dire che internet non è un linguaggio ma un alfabeto.
 
Ossia la rete inevitabilmente impone comportamenti e grammatiche radicalmente nuove. Con internet, dice Dan Gillmore, uno dei blogger più seguiti e controllati, il giornalismo è una conversazione. Comprendo che chi si adagia sul proprio soliloquio ne sia infastidito.
 
Internet modifica la geometria professionale. Non dovremmo scomodare Marshall Mc Luhan per capire che il mezzo diventa contenuto, e come la macchina da scrivere di Nietszche, interferisce sul testo. Basta citare le ultime narrazioni.
 
Chi e come ha raccontato l’attentato terrorista di Mumbay? Come abbiamo visto la guerra a Gaza? Chi ha documentato l’ammaraggio nell’Hudson dell’aereo passeggeri? Ecc. ecc.

Ormai bisogna constatare che l’individualismo produttivo, trasforma ogni testimone in un reporter. Non è una moda è un processo sociale. Certo che prima era tutto più lindo e ordinato.
 
E i titolari della mediazione potevano distribuire le loro verità. Poi è arrivato il disordine. Già Platone nel Fedro si lamentava dell’uso della scrittura, che avviliva la tradizione orale, figuratevi Riotta.
 
Prima il TG1 poteva trasmettere impunemente immagini “irreali” di platee colme dinanzi a leaders politici, o servizi sulla morte del bambino di Sutri, dando per scontato che i responsabili senza appello fossero i due giovani genitori.
 
Oggi la bufala del TG1 porta i genitori a rivolgersi alla rete ed a cercare di ripristinare un pò di decenza nei fatti.
 
Così è avvenuto a Ferrara per il giovane morto in questura, così accadde ad Abu Ghraib, nel carcere lager in Iraq, ecc. ecc.
 
Se proprio di bufale vogliamo parlare, sempre per restare al Vangelo, "chi è senza peccato scagli la prima pietra".
 
Siamo certi che questa fatica non toccherà al direttore del TG1.

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