Com’è al verde la Silicon Valley

par Phastidio
giovedì 30 marzo 2023

La banca di fiducia dei venture capitalist travolta da una assai tradizionale corsa agli sportelli, causata da buchi regolatori e insipienze gestionali nell'era dei tassi in crescita

 

 

Che differenza possono fare poche ore, nei destini del mondo. Due giorni fa eravamo impegnati a divinare quale sarebbe stato il “tasso terminale”, cioè quello massimo, che le banche centrali avrebbero raggiunto prima di causare una recessione o un rallentamento con raffreddamento dell’inflazione. Oggi siamo a chiederci se rischiamo una crisi sistemica con epicentro il sistema bancario, da quello regionale statunitense ai colossi iper-vigilati. In realtà si tratta di due facce della stessa medaglia. O dello stesso poliedro.

È accaduto che Silicon Valley Bank (SVB), banca californiana fondata quarant’anni addietro e divenuta istituto di fiducia del mondo delle startup tech e del venture capital americano con attivi per circa 200 miliardi di dollari, al sedicesimo posto negli Stati Uniti, è “saltata”, divenendo il secondo maggior fallimento della storia bancaria americana, dopo Washington Mutual nel 2008. Come? Vediamo in sintesi estrema per non addetti ai lavori.

LA BANCA DEI VENTURE CAPITALIST

venture capitalist e gli startupper raccolgono fondi per le proprie intraprese. Negli anni d’oro, quelli del denaro regalato e della “bolla di tutto”, questi flussi di soldi erano un fiume in piena e venivano depositati presso SVB e altre banche di fiducia. SVB, non sapendo dove mettere il grosso di questi soldi, ha deciso di comprare titoli di stato a lunga scadenza e obbligazioni ipotecarie garantite dal governo federale. Quindi, prima constatazione: raccolta a vista, praticamente da una sola tipologia di clienti aziendali (rischio concentrazione, quindi), e impieghi a lungo termine. Sicuri ma con rischio duration.

Dopo l’inizio della stretta monetaria da parte della Fed e delle altre banche centrali, il meraviglioso e voluminoso mondo di panna montata e zucchero filato delle startup e del venture capital ha subito uno scossone: round di funding più rarefatti e a valutazioni in progressivo ridimensionamento. Sono i cosiddetti down round, che a volte mandano a gambe all’aria i prodigi imprenditoriali nelle incubatrici.

Il fiume in piena è quindi stato colpito da siccità: nel quarto trimestre 2022, nuovi fondi in calo del 65% sull’anno precedente e ai minimi dal 2013. Nel frattempo, le startup hanno continuato a fare le startup, cioè tipicamente a bruciare cassa per investimenti, buste paga e costosi giocattoli per i founder (yacht, Ferrari, castelli, vigneti ecc.).

Il cosiddetto cash burn ha portato a un calo dei depositi bancari, anche e soprattutto a SVB. La quale a un certo punto si è trovata costretta, per fare fronte ai prelievi, a dover vendere parte dello stock di titoli a lunga scadenza. Vendita che è avvenuta in perdita visto che, quando i rendimenti di mercato aumentano, i prezzi delle obbligazioni diminuiscono. Tanto più quanto la scadenza è lunga.

UN CLAMOROSO MISMATCH DI SCADENZE

Qui si è prodotto un buco di capitale, che le società di rating hanno segnalato alla banca. I cui vertici hanno quindi deciso di tentare di procedere ad un aumento di capitale da due miliardi e mezzo di dollari. Nel frattempo, il panico tra i venture capitalist era allo zenit, con inviti alle aziende associate a togliere soldi da SVB, tenendo al più i 250 mila dollari coperti da assicurazione federale sui depositi. A fine giornata di giovedì 9 marzo, erano defluiti 42 miliardi di dollari di depositi. La più classica delle profezie che si autoavverano.

A questo punto, campana a morto. Aumento di capitale abortito, nessun cavaliere bianco all’orizzonte, panico generalizzato a partire dalle banche regionali americane sino ai colossi ultra vigilati e al resto del mondo, corsa verso la protezione offerta dai titoli di stato (flight to quality), con crollo dei rendimenti. Le autorità californiane decidono di fermare la banca ancora a sportelli aperti e fanno intervenire in amministrazione straordinaria il FDIC, Federal Deposit Insurance Corporation.

Lunedì, i correntisti potranno liberamente prelevare 250 mila dollari a rapporto e riceveranno un acconto sul rimanente (in funzione delle prime liquidazioni dell’attivo), oltre a un documento che dà loro titolo a vedersi corrisposto quanto residuerà dalla vendita dell’attivo, cioè soprattutto dei titoli di stato e delle obbligazioni ipotecarie, ai prezzi di mercato. Molto più bassi di quelli di acquisto, anche se la corsa alla protezione di queste ore ha fatto aumentare i prezzi.

DOMANDE IN ATTESA DI RISPOSTE

E ora? Alcune domande aperte, in attesa di conoscere le risposte.

Per concludere (per ora), questa non è una crisi causata da ingegneria finanziaria su prodotti opachi, ma da un disallineamento (mismatch) tra scadenze di raccolta e impieghi, favorito da allentamenti regolatori su alcune tipologie di banche. Di certo è una conseguenza del rialzo dei rendimenti di mercato, una delle molte che abbiamo visto e vedremo nelle prossime settimane e mesi. Fa tutto parte del conto della disintossicazione dal denaro facile.

Comunque vada questa specifica vicenda, una stretta monetaria senza precedenti nata da condizioni monetarie senza precedenti rischia di portarci ad una recessione accompagnata da elevati rischi per la stabilità finanziaria. Uno scenario decisamente tossico.

  • Aggiornamento del 13 marzo: le autorità intervengono, i depositanti di SVB e Signature Bank (posta in risoluzione nelle scorse ore), saranno integralmente garantiti, “senza costi per i contribuenti”. Azionisti e “alcuni creditori non garantiti” non saranno protetti. Eventuali costi a carico del sistema di assicurazione federale sui depositi saranno recuperati a carico del sistema bancario, come previsto dalla legge. Le banche potranno prendere a prestito dalla Fed a scadenze sino a un anno mettendo a garanzia Treasury, obbligazioni ipotecarie e altri titoli di elevata qualità, valutati a valore nominale e non di mercato. Per ora la crisi appare contenuta ma restano le domande sul risk (mis)management delle banche coinvolte e -soprattutto- sulle norme di vigilanza.

 

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