Coelho critica Joyce: quando la letteratura "spicciola" si fa arrogante

par Francesco Arnaldi
venerdì 10 agosto 2012

"Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza". Ulisse da sempre è il simbolo della ricerca del sapere e dell'affermazione della ragione dell'uomo come principio universale di fondazione dell'io, eppure Coelho afferma che proprio il libro che trasporta il suo tema in chiave moderna (e che porta il nome del mitico personaggio), del grande scrittore irlandese, è stato un male per la letteratura contemporanea, evidentemente quando Guccini cantava: "Tornate a casa nani levatevi davanti, per la mia rabbia enorme, mi servono giganti" l'autore di best-seller non stava bene a sentire.

Non posso non prendere in considerazione un autore che ha venduto circa 160 milioni di copie in tutto il mondo. Non posso nascondere che, aihmé, in gioventù ho peccato anche io e ho macinato con entusiasmo tutti i suoi libri. Sarebbe altrettanto ipocrita non ammettere che "Undici minuti", uno dei suoi libri più discussi, mi affascina ancora. Ma, riprendendo in mano "L'alchimista", dopo dieci anni, ho smesso di leggere dopo venti pagine. Non volevo rovinare il ricordo della mia ingenuità adolescenziale, quella stessa ingenuità che ti spinge a ricercare un contatto con chi dice di avere delle risposte, nonostante siano spesso pronte e preconfezionate, ma incartate bene in un pacchetto, così piacevolmente ricco di misticismo, che, a quell'età, rimanerne attratto è un peccato da considerarsi veniale.

Poi si cresce, però, si cresce e si capisce l'unica verità che dovrebbe essere stampata a fuoco sulla pelle quando nasciamo, perché, per conquistarla, si spendono fatiche e lacrime che sarebbe piacevole risparmiarsi, ma forse, che vale tanto anche per quello: la vita non si insegna, si impara!

Lungo la strada raccogliendo piccoli pezzi di un puzzle, ognuno di noi forma se stesso e il suo sistema, che è unico, proprio per questo nessuno può dirti come, quando o perchè.

Joyce è vuoto, in fondo l'affermazione del sedicente scrittore non è del tutto falsa, se intendeva dire che l'autore irlandese, padre della letteratura moderna, non cerca di dare risposte nei suoi capolavori, ma pone domande, quelle domande che servono a strutturare l'io come persona distinta dall'altro e non come seguace di una pseudo religione o di un nuovo movimento di pensiero new age, che tenta di inculcarci le sue rivelazioni.

E, forse, il successo di questi autori come Coelho, E.L. James (quella delle "50 sfumature di grigio") e i tanti "The secret" sta proprio nella nostra insicurezza, nell'incapacità della scelta autonoma e dell'assumersi le responsabilità anche del fallimento. L'uomo (e la donna) moderno avendo perso quei punti di riferimento che lo guidavano nella vita, come la famiglia, la fede e anche la sicurezza del lavoro, si trova perso, ma, invece di riuscire a emanciparsi finalmente da questi grandi lacci culturali per trovare una sua identità come individuo, preferisce trovarne di altri, rimanere gregge, magari anche atteggiandosi ad asceta per quei due soldi di verità, presi da luoghi comuni e filosofie orientali, deturpate e decontestualizzate dal "genio" di turno, perchè è più facile comprare le proprie risposte, piuttosto che arrivarci con fatica e attraverso un percorso di crescita del pensiero che si può sviluppare solo con il tempo e con il dubbio, insinuato proprio da quelle domande che i grandi capolavori ti lasciano una volta girata l'ultima pagina.

Un bellissimo koan dice "Se vedi Buddha per strada, uccidilo!" (perchè Buddha è solo dentro di noi), così dovremmo imparare a cercare le nostre verità personali con le nostre forze, per questo continuerò a pensare che il signor Coelho, come usavo dire, scherzando in tempi non sospetti, altro non è che un Moccia radical chic, con buona pace di chi lo considera un illuminato, io da parte mia mi terrò ben stretto l'Ulisse con tutti i suoi vuoti.


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