Circoncisione e mutilazioni genitali non sono la stessa cosa

par Fabio Della Pergola
lunedì 14 ottobre 2013

Si è fatto un gran parlare ia un recentissimo documento dell'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa che equipara - nella condanna - la circoncisione maschile, pratica rituale comune a ebraismo ed islam, alle mutilazioni genitali femminili che sono invece in massima parte praticate nel mondo islamico, anche se di origine notoriamente preislamica.

“La circoncisione è una violazione dell'integrità fisica dei minori, come lo sono le mutilazioni genitali femminili”, recita la velina dell’ANSA.

Storicamente è appurato che entrambe le pratiche hanno origini che si perdono nella notte dei tempi; la circoncisione è attestata nell’Egitto dei faraoni e nelle popolazioni cananaiche (gli antichi fenici), negli ebrei e nei babilonesi fino alle tribù arabe preislamiche. E sembra che fosse diffusa anche tra gli etruschi.

Anche le mutilazioni genitali femminili hanno origini tribali preislamiche, prevalentemente originate nella fascia subsahariana del continente africano. Oggi sono praticate sia nell’Africa "nera" di religione islamica (ma ampiamente anche nell’Etiopia di cristianità copta) che nella fascia costiera settentrionale del continente, in particolar modo in Egitto dove, secondo alcuni dati, pare che oltre il 90% delle donne vi sia stata sottoposta.

Non è praticata invece in altre aree del mondo islamico, come l’Iran ad esempio, dove le tradizioni del mondo arabo preislamico non erano evidentemente diffuse, anche se alcune affermazioni di giureconsulti islamici la considerano un precetto di fede (ma nel Corano non ce n’è alcuna traccia).

Nell’ebraismo la circoncisione avviene a otto giorni dalla nascita, nell’islam invece circoncisione e mutilazioni genitali vengono praticate a distanza di anni sia per i maschi che per le femmine; l’età “giusta” dipende da tradizioni locali sedimentate da secoli, in genere comunque in una fascia tra i quattro e i dodici anni.

L’aspetto che sconcerta nel documento europeo non è tanto che pratiche rituali invasive e dolorose a cui sono sottoposti neonati o bambine/i-ragazzine/i sia considerata una violenza in sé. Su questo è immaginabile che sussistano pochi dubbi. Quanto piuttosto l’equiparazione di pratiche che hanno ricadute diversissime sulla vita dei soggetti che le subiscono.

E’ noto che la circoncisione, per quanto intervento reversibile solo con la ricostruzione chirurgica della pelle tagliata del prepuzio, non porta conseguenze negative sulla vita sessuale adulta. Al contrario pare che abbia avuto origine proprio da considerazioni mediche, per quanto primitive, che tramite l’asportazione di pelle, finalizzata ad impedire il ristagno di smegma attorno al glande, si proponeva di impedire infiammazioni, infezioni e così via. Un intervento medico-chirurgico preventivo, insomma, indirizzato ad una salvaguardia dell’organo sessuale maschile e alla sua funzionalità adulta, praticato quando altre terapie non esistevano e le condizioni igieniche erano complessivamente molto carenti.

Il portavoce della comunità ebraica milanese, in un intervento sul Corriere, ricorda che l’American Academy of Pediatrics l'anno scorso aveva evidenziato come le ricadute positive di tale pratica fossero maggiori di quelle negative.

Le mutilazioni genitali femminili hanno invece tutt’altra origine e ben altre ricadute drammatiche sulla vita psichica e fisica delle donne. Anche mettendo tra parentesi le possibili e a volte tragiche conseguenze, come la morte della vittima per emorragia o infezione successiva all’intervento - casi tutt’altro che rari - è ovvio che l’escissione del clitoride ha pesantissime conseguenze sulla possibilità di una vita sessuale completa e soddisfacente da parte della donna. Né si riescono a immaginare possibili giustificazioni medico-igieniche alla pratica di infibulare (cioè “chiudere” la vagina, successivamente all’escissione del clitoride, suturandola e lasciando solo un piccolo orifizio per la minzione).

Non esistono, in alcun testo sacro, prescrizioni di tipo religioso che le prevedano come precetto o obbligo di sorta. Nemmeno nell’Islam, ma nonostante questo, secondo l’OMS, oggi circa 130 milioni di donne hanno subìto mutilazioni genitali, che procedono, secondo alcune stime, al ritmo di ottomila al giorno.

Le sostanziali differenze fra circoncisione maschile e mutilazioni genitali femminili, sono macroscopiche, ma alcuni oggi tendono ad equipararle.

L’UAAR (Unione degli Atei Agnostici Razionalisti), dice testualmente “Ora arriva anche il parere del Consiglio d’Europa, che ha approvato un testo in cui si considera per la prima volta la circoncisione alla pari delle mutilazioni genitali femminili (...) Finalmente ci si comincia a rendere conto anche a livello internazionale di come sia difficile sostenere allo stesso tempo che infibulazione ed escissione di cui sono vittime le bambine siano da condannare, mentre sulla circoncisione dei maschietti per finalità rituali si debba chiudere un occhio”.

La condanna di entrambi gli atti è condivisibile se si interpreta, correttamente, la pratica come una violenza fisica, un vero e proprio marchio apportato per fede religiosa, su un soggetto impossibilitato ad opporsi, ma è ragionevolmente incomprensibile che essi siano ritenuti “uguali” senza tener conto delle conseguenze che comportano per gli stessi soggetti.

Praticamente nulli nel caso della circoncisione - equiparabili al più ai fori per gli orecchini nei lobi delle orecchie, fatti in età prepuberale - e devastanti invece nel caso delle mutilazioni genitali femminili.

Infatti il Consiglio d’Europa “Non chiede la messa al bando della circoncisione, ma la considera una violazione dell’integrità fisica dei minori”, mentre ha bandito tassativamente la pratica delle mutilazioni genitali femminili.

Solo una visione molto superficiale può considerarle “alla pari”.

Foto: Subleyras, La Circoncision, Musée des Augustins de Toulouse/Wikimedia


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