Ciò che resta del 25 aprile

par Yvan Rettore
domenica 27 aprile 2025

Ormai, nella società italiana, il 25 aprile è considerato dai più come un semplice giorno di ferie.

È così vero che sono certo che, se dovessimo intervistare diverse persone per strada, non saprebbero dirci a quale evento storico si riferisce.

In realtà, il 25 aprile 1945 non ha segnato soltanto l'inizio della sconfitta (si spera definitiva) del nazifascismo, ma anche la nascita di un consociativismo che ha minato fin dall’inizio le fondamenta stesse della democrazia italiana.

Volenti o nolenti questa data ha poi rappresentato anche l'inizio di una occupazione militare (diventata poi anche culturale e economica) degli Stati Uniti che ha limitato fortemente la sovranità del nostro Paese e ha in parte compromesso l’evoluzione dell’Italia verso la maturazione di una vera e propria nazione.

Il 25 aprile è stato però anche l’inizio di una nuova era sociale e politica per il nostro Paese, accompagnata da un fervore culturale e intellettuale davvero notevole che portò alla ribalta nazionale e internazionale giganti come Rossellini, Fellini, Malaparte, Pasolini e tanti altri.

Oggi gente di questo spessore la possiamo soltanto sognare!

Ma spesso ci si dimentica che la generazione che la guerra fu costretta a combattere e a subire ingiustizie indicibili, nonché quella immediatamente successiva (che nacque nelle macerie del più mostruoso conflitto della Storia) sopportarono parecchi anni di privazioni e povertà (per non dire miseria) e che centinaia di migliaia di loro furono letteralmente umiliati per anni in diversi Paesi europei in cui andarono ad emigrare per poter riuscire a crearsi almeno un embrione di futuro degno di questo nome.

Certo, la maggioranza degli italiani di allora aveva una scarsa istruzione, le donne erano per lo più discriminate e poco considerate, la Chiesa aveva un peso nella società che risultava asfissiante in ogni settore, ma il senso di comunità e il senso di sacrificio e di impegno erano dominanti fra loro, perché c’era una volontà diffusa nel voler chiudere con quel presente deprimente e quel passato pieno di odii e di violenze che avevano portato l’Italia ad una rovina senza precedenti.

Oggi, cosa resta di quei valori?

Poco o niente!

L’individualismo è imperante dovunque e quando parli di valori e principi, ti senti davvero in minoranza, quasi come se stessi parlando di qualcosa che ormai appartiene soltanto ai libri di storia o poco altro.

E quindi personalmente ritengo che oggi ci sia ben poco da festeggiare, perché queste caratteristiche non sono certo rappresentative di una società umana e solidale.

 

Quella per cui avevano combattuto i nostri antenati!

 

Yvan Rettore


Leggi l'articolo completo e i commenti