Cina, il marito la vessava, lei lo uccise: condannata a morte

par Riccardo Noury - Amnesty International
giovedì 24 gennaio 2013

 

La vita infelice di Li Yan, una donna di 41 della provincia del Sichuan, potrebbe terminare a breve.

La sua condanna a morte è stata ratificata dalla Corte suprema del popolo di Pechino, pochi giorni fa, e potrebbe essere eseguita da qui all’inizio del nuovo anno, che in Cina si celebra nei primi giorni di febbraio.

Li Yan non nega di essere colpevole di aver ucciso a coltellate suo marito, Tan Yong, alla fine del 2010. Alle autorità che l’hanno condannata a morte, continua però a chiedere perché si siano interessate a lei così tardi, e per punirla anziché per proteggerla.

L’accoltellamento del marito è arrivato al culmine di quasi due anni di continue violenze e soprusi, iniziati subito dopo il matrimonio, all’inizio del 2009: ripetuti pestaggi, il taglio di un dito della mano, sigarette spente in faccia e una crudele forma di punizione, lasciare al gelo la donna fuori dal balcone del loro appartamento in abiti leggeri.

Li Yan contattò più volte le autorità, anche dal letto d’ospedale in occasione di un ricovero seguito a un pestaggio. La polizia le fece un po’ di foto. Tutto qui.

Se le autorità cinesi avessero agito tempestivamente, avrebbero evitato mesi e mesi di violenza, un omicidio già avvenuto e un altro, questa volta per mano dello stato, imminente.

Durante il processo, le richieste di clemenza da parte di Li Yan sono cadute nel vuoto.

Nella sua cella del carcere di Anyue, Li Yan sta maledicendo suo marito, la giustizia cinese, probabilmente la sua vita intera.

Amnesty International ha chiesto alle autorità cinesi di annullare la sua esecuzione.


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