Cina: i costi della modernizzazione

par Gianleonardo Latini
giovedì 6 gennaio 2011

Hangzhou (Cina) - Oltre lâOccidente - La Cina è l’occasione per un altro reportage per interposta persona, un breve sguardo sul paese asiatico che si conferma nel panorama politico internazionale ed è impegnato ad imporsi anche nellâambito economico e finanziario, realizzato cucendo le impressioni e le fotografie di Daniela Zeggio con alcune informazioni tratte dal web.

Viaggiare per lavoro non significa perseguire con il paraocchi l'oggetto del proprio andare, ma approfittare dell’occasione per calarsi nel quotidiano di una realtà e osservarla da una angolazione differente da quella sviluppata dal turista pernicioso.
 
Vivere in Cina l’eclissi di luglio, con un centinaio di europei, o un barbecue di carne adagiata su di una borchia di ruota, sono le esperienze che arricchiscono se condivise con il prossimo.
 
Un esercizio utile anche per chi viaggia, per riflettere su ciò che si vede, come i cambiamenti urbanistici dettati dal governo cinese per una frettolosa modernizzazione, senza alcun rispetto per la propria cultura millenaria.
Un governo autoritario, dal comportamento selvaggio verso il suo popolo, chiudendo nel baule in soffitta anche le ultime poche positive definizioni comuniste per la “vita felice”, trasformandosi da "avanguardia del proletariato" a mecenate degli archistar, cacciando centinaia di migliaia di famiglie dagli antichi quartieri delle diverse città cinesi.
 
 
Una modernizzazione iniziata ben prima delle Olimpiadi, ma che le Olimpiadi hanno fatto esplodere, in tutte le sue contraddizioni, il malumore delle centinaia di migliaia di abitanti che hanno visto le loro caratteristiche case a corte marchiate con l'ideogramma "chai" (demolire) e con loro gli antichi vicoli, a Pechino i Hutong, sui quali si affacciavano le case e spesso edificate intorno ad un pozzo.
 
Una demolizione estesa a tutta la Cina, impegnata a cancellare l’architettura tradizionale, per far posto ad enormi edifici che oscurano con la loro ombra i frammenti del passato che si sono sopravvissuti o alle curiose ricostruzioni, spesso con materiali originali, degli antichi quartieri ad uso turistico.
 
A far concorrenza a Pechino nella corsa alla “modernizzazione” troviamo anche Hangzhou, con i suoi oltre 6 milioni di abitanti nell’area urbana e circa la metà nella città propria, e la sua vocazione all’industrializzazione frenata che dal campo tessile arriva alle biotecnologie, passando per le telecomunicazioni e l’informatica, offre anche bellezze naturali come il Lago dell'ovest con le sue quattro isole e artistiche come la Pagoda delle Sei Armonie.
 
 
Anche Xiaoshan, la parte moderna e industriale di Hangzhou, miete vittime. Nel capitolo del cambiamento urbanistico di questa città a 140 km a sudovest di Shanghai, sul delta del fiume Yangtze è la città principale della provincia di Zhejiang, non appare il vocabolo “ristrutturare”. Ampie zone della città sono un’interminabile distesa di macerie, sullo sfondo grattacieli e nel mezzo ancora qualche piccola costruzione resiste, con la gente che rimane ad abitarla finché può. Uno spettacolo reso ancor più spettrale al calar della sera, con la famigliola riunita al primo piano, tra le non-più-mura domestiche, rimasto con una sola parete e qualche pilastro portante (e già traballante), in bella mostra agli occhi dei passanti.
 
Una visione chiara, nonostante il buio, di un 'appartamento illuminato da una fioca luce attaccata a un lungo filo, tirato da chissà dove, che strideva con il ricordo dell'ultimo quartierino costruito su un fiumiciattolo che gli girava intorno, contornato di verde.
 
 
Uno degli angoli più vecchi di questa città che ormai non conserva più nulla di antico, almeno da questa parte, trasformato in macerie. Frettolosi cambiamenti, in Cina le buttano giù per far prima, sposando pienamente l’esempio americano, ma dimenticando che gli Stati Uniti hanno una storia architettonica urbana di qualche centinaio di anni, mentre la Cina ne ha di migliaia.
 
Case rase a suolo, ma la gente rimane ad abitarle fino all’ultimo, in uno scenario post bombardamento, in una quotidianità normalizzante, dove intere famiglie vengono mandate via, espropriate, "sbattute" fuori dalla loro casa. Loro se ne andranno senza protestare e non sarà la manciata di RMB (Renminbi, la valuta cinese) ricevuti in cambio a renderli felici.
 
 
Centinaia di migliaia di nuclei famigliari spinti verso i margini delle città, in casermoni in stile sovietico, nulla a confronto delle ricercate architetture delle star del cemento e del cristallo sfavillante, o in precarie abitazioni dove incontreranno i fuggiaschi della campagna.
 
Una modernizzazione che conta milioni di vittime in un esodo forzato per far posto a grattacieli e dighe. Antichi centri spazzati via e distese di fertile terra, condannata ad essere sommersa dall’acqua imbrigliata nelle dighe per le centrali elettriche, per una vita di fatale miseria.
 
È lontana l’epoca nella quale le dighe servivano a regolare il flusso delle acque, come nel caso del Lago del nord ovest, provenienti dalle colline circostanti.
Un bel cambiamento di vita! Mentre lo spirito di comunità sparisce nelle tasche di costruttori corrotti.

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