Ci interessano i monaci tibetani che si danno fuoco?

par Paolo Borrello
martedì 20 marzo 2012

E’ il 29°. Lobsang Tsultrim, ventenne monaco tibetano, si è dato fuoco venerdì scorso di fronte al monastero di Kirti, nella città di Ngaba, nella zona tibetana della provincia del Sichuan, teatro di diverse proteste anti-cinesi e di molte autoimmolazioni.

E’ appunto il 29esimo monaco tibetano a darsi fuoco a partire dal febbraio 2009. Solo lo scorso anno più di 24 tibetani, fra cui moltissimi giovani, hanno scelto di auto-immolarsi per manifestare contro la rigida censura e lo stretto controllo imposto da Pechino, che sorveglia anche la pratica del culto e dispone l’apertura e la chiusura dei monasteri.

Il Dalai Lama ha sempre sottolineato di “non incoraggiare” queste forme estreme di protesta, ma ha elogiato il “coraggio” di quanti compiono l’estremo gesto, frutto del “genocidio culturale” che è in atto in Tibet ad opera della Cina. Sempre ieri, almeno mille tibetani nella vicina provincia del Qinghai hanno manifestato per le strade chiedendo la liberazione di oltre 50 monaci, arrestati il giorno precedente dalle forze di sicurezza di Pechino durante un raid al monastero.

Si fa quindi sempre più aspro lo scontro fra monaci tibetani e il governo cinese, che mantiene una presenza capillare sul territorio e reprime con la forza qualsiasi forma di dissenso, con il pretesto di portare modernità e sviluppo nella regione Himalayana.


E’ possibile e auspicabile che i tibetani si stiano svegliando. Non mi sembra che lo abbiano fatto i principali mass media italiani che hanno completamente ignorato la notizia dell’atto compiuto di Lobsang Tsultrim. Ormai i monaci tibetani che si danno fuoco non interessano più? E, più in generale, non interessa la situazione che da anni si sta verificando nel Tibet, la feroce repressione promossa dal governo cinese?

Altri avvenimenti che riguardano la Cina hanno avuto diverso trattamento: la destituzione del leader dell’area “maoista” nell’ambito della ristretta cerchia di persone che governa la Cina, in cui sembra che vi sia uno scontro ormai aperto tra “conservatori” e “riformatori”. Ma quali riformatori? Quelli che consentono il verificarsi di quella repressione, così violenta, che viene scientificamente realizzata in Tibet?

Certamente non si sono svegliati nemmeno i governi dei paesi occidentali i quali sono del tutto inerti nei confronti di quanto avviene in Tibet. Preferiscono mantenere buoni rapporti economici con la Cina. E’ ovvio, gli interessi economici vengono prima di tutto, soprattutto in un periodo di notevole crisi economica e finanziaria. E i soldi cinesi sono molto ambìti, soprattutto per l’acquisto dei titoli pubblici emessi dai diversi paesi occidentali.

La crisi economica è indubbiamente importante, ma gli interessi economici non dovrebbero venire prima di tutto ed è necessario che i governi dei paesi occidentali, e anche tutti noi, si impegnino molto di più per costringere le autorità cinesi a modificare la loro inaccettabile politica praticata in Tibet.


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