Chiusure domenicali | I soldi degli altri

par SerFiss
martedì 11 settembre 2018

Il Ministero dello sviluppo economico, lo dice il nome stesso, dovrebbe essere teso a sviluppare l'economia aumentando i posti di lavoro, la dinamica della circolazione della moneta, gli introiti derivanti allo Sato da tutto questo.

Non sembrano questi gli obiettivi del ministro attualmente in carica in quel dicastero. Tralasciando la vicenda ILVA, dove una inutile accanimento contro i risultati ottenuti dal precedente governo sono valsi solo 100 giorni perduti inutilmente ed i medesimi risultati raggiunti prima del suo intervento, e non vorrei infierire sul "Decreto Dignità" che comporterà l'automatico licenziamento per tutti quei precari che arriveranno al secondo rinnovo del contratto di lavoro temporaneo.

Crediamo che l'attenzione possa focalizzarsi sull'ultima chicca in agenda, la chiusura domenicale dei centri commerciali.


La tesi difensiva del ministro per quest'intervento è: "si stanno sfasciando le famiglie italiane". Scartiamo l'ipotesi che i centri commerciali siano luoghi del peccato (tempo fa un ministro della salute invitava gli anziani ed i pensionati a recarsi, nei giorni di massima calura estiva, proprio in quei luoghi, difendendosi dalle temperature ostili grazie all'aria condizionata). Non resta allora che i lavoratori impiegati in queste aperture, involontari artefici dell'operazione "sfasciafamiglie". Ci si dovrebbe chiedere allora come mai non si siano sfasciate le famiglie dei lavoratori dei trasporti, della sanità, della ristorazione, degli spettacoli, della sicurezza, dei media e dell'informazione e tanti altri che da decenni lavorano nei giorni festivi (e non sono ovviamente quattro gatti). Si potrebbe obiettare che questi sono servizi utili e necessari; questo se vi fossero patologie derivanti da carenze di cinema o pizza, crisi da mancato viaggio turistico in treno o in bus, o astinenza da telegiornali. Ma ciò non accade.

Ed il primo obbiettore che afferma "la spesa domenicale è un futile motivo" potrebbe essere lapidato da tutti quei lavoratori (e sono molti) che, per vari motivi (orari di lavoro, figli da accudire, anziani da assistere) trovano difficoltà a ad effettuare la spesa nelle ore canoniche dedicate all'acquisto nello scorso secolo. "I visitatori dei centri commerciali la domenica non acquistano, bighellonano". Anche fosse, non mi sembra ci sia una legge che vieti il bighellonaggio festivo, ma l'aumento costante dei centri aperti nei giorni festivi conferma il profitto che ne trae il settore, solitamente non avezzo ad operazioni benefiche. Sull'altro piatto della bilancia, come negli altri casi, ci sono i lavoratori. Che, ovviamente, sarebbero licenziati, ma questo sembra l'ultimo dei pensieri del conducente del dicastero.

Verrebbe da pensare che, di fronte ai reali problemi che affliggono la nostra economia ed i disoccupati, si sia preferito affrontare falsi problemi ma di grande impatto mediatico, in una perenne campagna elettorale che ha come unico premio la sfascio del paese.

"I soldi degli altri" è il titolo di un film di Norman Jewison del 1981, con Gregory Peck, Danny DeVito e Penelope Ann Miller. Danny De Vito interpreta un rampante speculatore che acquista aziende in crisi, ne smembra le parti vendendole poi separatamente e con ottimi ricavi. L'azienda muore, ovvio, ma questo non è un suo problema.

Nella scena cruciale del film c'è il discorso dell'ìmprenditore e della vecchia proprietà agli azionisti di una fabbrica di cavi che, ahimè, non sono più richiesti. Le due tesi a confronto di fronte a coloro che ci hanno messo i soldi. Quindi gli oratori parlano dei soldi degli altri. Appunto. Quelli degli italiani


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