"Chiamami Karima": la salottizzazione di Ruby

par Elisa Lai
sabato 22 gennaio 2011

Lo studio di Kalispera è scenograficamente un salotto: due poltrone intimamente disposte una di fronte all'altra, un vaso di fiorellini rosa sul tavolino, qualche lampada qua e là. L'atmosfera è quella rilassata che circonda un padrone di casa e il suo ospite: mancano solo le classiche tazze di the fumante e i biscottini al burro su un vassoio.

Nonostante questo, salta subito all'occhio che tra il salotto di Alfonso Signorini e il nostro corre una differenza fondamentale: manca una parete. Come in una scatola lasciata aperta su un lato per permettere di sbriciarci dentro, Signorini vuole dare allo spettatore la sensazione di aver messo il naso in una discussione spontanea, sincera, priva di copione. Tra un'inquadratura e l'altra spuntano le sagome degli spettatori, come tante piccole ombre nascoste ad origliare. Il salotto di Kalispera non ha la quarta parete perché continua oltre il nostro schermo

Questa descrizione non è fine a sé stessa. Se dovessimo riflettere sulla puntata di Kalispera in cui il padrone di casa ha intervistato Ruby Rubacuori, dovremmo partire proprio dalla parola "salotto".

Di fronte al polverone sollevato dal presunto Bunga Bunga del presidente del Consiglio, l'opinione pubblica inizia a storcere il naso, mondo cattolico in primis. I rimedi tentati finora, le solite cartucce delle varie voci del Pdl, non hanno centrato il bersaglio: a poco serve ricordare che "è meglio il bunga bunga con le donne che essere gay come Vendola", e ancora meno cercare di rinchiudere un'inchiesta giudiziaria dentro la scomoda etichetta di "scandalo". Se sminuire non basta, facciamo di meglio: "salottizziamo" Ruby.

E' la premessa dell'intervista a suggerirci quale sarebbe stata la prossima mossa sullo scacchiere: "Preferisci che ti chiami Ruby o Karima?" chiede Signorini. "Karima" è la risposta della ragazza, dopo qualche secondo di riflessione. Lo scambio di battute non è casuale, se lo stesso Signorini ci ritorna così volentieri, qualche minuto dopo, per sottolineare come sia rimasto piacevolmente colpito dalla scelta della giovane di usare il suo nome vero invece di quello d'arte. "Perché Ruby non ti rappresenta del tutto e, in fondo, gli italiani non conoscono Ruby". E allora, conosciamola. O, per esser più precisi, ricostruiamola.

Alfonso Signorini fa le veci di un maestro premuroso che ci prende per mano per mostrarci la verità. Con grande sensibilità riesce a capire che il bisogno più pressante degli italiani (o solo di alcuni?) è di conoscere la vera Karima, quella che rimane una volta tolta la patina un po' vamp della "Ruby". E, pronto come una crocerossina, corre in nostro aiuto. 

Prima di tutto, cerca di levare la volgarità che il nome "Ruby" ha accumulato in questo periodo polveroso. Ruby è un nome scomodo, nell'immaginario collettivo è oramai associato al mondo delle escort. Occorre lavarlo per bene e donargli una patina di verginità. La storia della coniazione dello pseudonimo si presta perfettamente allo scopo: Ruby non è altro che il personaggio di una telenovela, una donna determinata a raggiungere i propri obiettivi nonostante il cammino si presenti irto di difficoltà. Che sia vero o no, sembra proprio il copione delle vite tanto amate dal pubblico femminile italiano e che riempiono i salotti delle varie Caterine Balivo e Barbare D'Urso: donne che si riscattano, donne che superano gli ostacoli con la forza della loro femminilità e intelligenza. Primo obiettivo: puntare sull'emotività del pubblico femminile.

Secondo obiettivo: fare di Ruby una figlia d'Italia. La Ruby bambina, le sue origini, i suoi genitori, la sua invidia per le famiglie felici piuttosto che per le borse Louis Vuitton. Qui l'intervista disorienta lo spettatore critico: sarà vero ciò che si racconta? Non credendoci si rischia di peccare di eccessivo cinismo, credendoci si ha la sensazione di esser presi un po' per il naso. La finta intimità del salotto dovrebbe fugare il dubbio, che invece permane.

Il risultato che ci suggerisce Signorini è molto semplice: esiste una Karima, oltre gli occhi dipinti di kajal di Ruby, che è stata bambina come quella vostra figlia che disegna tranquilla nel tepore del vostro salotto. E' una bambina che porta ancora le sue cicatrici, che si è difesa dal dolore creandosi una doppia personalità, imparando a dire bugie. Chi lo sa quando mente? Noi nel mentre vogliamole bene, in fondo potrebbe essere nostra figlia.


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