Chi ha ucciso Silvio B.?

par Daniel di Schuler
lunedì 11 ottobre 2010

Rinaldo Arpisella, il portavoce di Emma Marcegaglia, nel corso di una delle telefonate con Nicola Porro, vicedirettore de "Il Giornale", che sono diventate di pubblico domino, parla dell’esistenza di un "cerchio sovrastrutturale" che va oltre Berlusconi e di misteriosi personaggi che starebbero dietro a Fini e sarebbero stati dietro alla D’Addario.

Nessun organo d’informazione, per quanto ne possa sapere, dedica alla cosa il minimo risalto. E questo dovrebbe preoccuparci.

Sono un antiberlusconiano convinto, quasi viscerale.

In senso politico, beninteso, perché l’uomo, l'uomo pubblico almeno, non mi è antipatico

Con la sua cafonaggine – quelle sue orribili villone pacchiane come le più sovraccariche torte nuziali – e i modi da tirapacchi dell’immediato dopoguerra – quei personaggi che vendevano nelle fiere dei pacchi, per solito vuoti, che a volte contenevano però dei piccoli tesori come delle sigarette o dello zucchero – rappresenta uno dei volti vitali di un paese, il nostro, a cui di vitalità ne è rimasta ben poca.

Certo che un simile soggetto non sarebbe mai dovuto diventare il padre-padrone del monopolio della televisione privata, tanto meno entrare in politica, e ancora meno finire per essere il Presidente del Consiglio.

Una lunga premessa, la mia, per spiegare a chi leggerà questo contributo, che non è una difesa di Silvio Berlusconi, ma, semplicemente il frutto di alcune riflessioni, che v’invito a seguire, e della mia natura di apota, seguace infimo della tradizione dei Prezzolini e dei Montanelli.

Mi piace, detto altrimenti, conservare l’illusione, di sbagliare di testa mia.

Silvio Berlusconi è un cadavere politico ormai da 18 mesi o giù di lì.

E’ un cadavere ingombrante, che nessuno sa bene ancora come seppellire, non fosse altro per la popolarità che ha avuto, se non quella che ancora ha, ma a questo, solo a questo, si deve la permanenza della sua mummia imbalsamata alla presidenza del Consiglio; il governo tecnico altrimenti non sarebbe un’ipotesi futuribile, ma già una realtà.

Oggi viviamo, invece, una situazione che ricorda da vicino a quella dell’ultima URSS, quando lunghe influenze precedevano l’annuncio della morte dei capi sovietici, che era dato, per solito, quando questi erano cadaveri – in tutti i sensi – già da qualche tempo.

Abbiamo un sicuro temine ante quem per datare la fine della vita politica di Silvio Berlusconi; sappiamo per certo che quando scoppiò lo scandalo Noemi, una parte, perlomeno, dell’Italia che conta aveva già deciso di cominciare le lunghe procedure d’interramento.

Notate che non ho il minimo dubbio che l’uomo conducesse davvero la vita dissipata che ci è stata raccontata, come pure ho pochissimi dubbi sulla natura della sua relazione con quella ragazzina; quello però che mi lasciò perplesso allora, e che mi lascia ancora più perplesso oggi, fu che un simile andazzo – quelle festicciole con decine di ragazze e centinaia di persone di servizio coinvolte – fosse proseguito per anni senza che i “segugi” dei nostri grandi giornali, difensori della democrazia, ne avessero saputo nulla.

Era poco credibile allora, lo è ancora meno adesso, quanto tutti sappiamo quanto poca sia l’efficienza dei servizi di sicurezza che proteggono Berlusconi e la sua privatezza.

Di più: nella loro ansia di strafare i nostri eroi del giornalismo ci hanno presentato valanghe di prove; molte, quasi tutte, vecchie di anni. Una foto dell’agenda di Berlusconi, con un lungo elenco di donnine, risaliva al suo precedente governo; le foto delle festicciole nella villa sarda all’estate precedente.

Il punto cui voglio arrivare è che tutti sapevano di Berlusconi e delle sue “tumultuose” serate – e di questo ce ne hanno involontariamente fornito le prove – assai prima che diventassero “notizie” sulla prima pagina di Repubblica e Corsera.

La decisione di scatenare quella campagna stampa fu dunque presa, “politicamente”, approfittando della festa di compleanno di Noemi Letizia, ma i qualcuno che hanno deciso di dare il via all’operazione lo avrebbero potuto fare anche mesi o anni prima.

Si parla di giornalismo a orologeria? Beh, pare proprio che non lo facciano solo a “Il Giornale”.

Chi prese quella decisione? Non lo so; certo non può esserne stato estraneo De Benedetti, ma, e veniamo al cuore di questo contributo, i veri mandanti devono essere ancora più in alto.

Non lo dico io, lo dice Rinaldo Arpisella, il portavoce di Emma Marcegaglia nel corso di una delle telefonate con Nicola Porro il vicedirettore de “Il Giornale” che tutti abbiamo ascoltato.

“Il cerchio sovrastrutturale”, dice Arpisella, “va oltre me, va oltre Feltri, va oltre Berlusconi. Ci sono logiche che non riguardano il Fini, il Casini, il Bottiglione. Sono altri, miei cari…”.

“Non so cosa vuoi dire, a dir la verità”, lo interrompe Porro, “non capisco”.

“Beh, chi c’è secondo te dietro Fini?” gli chiede allora Arpisella.

Porro, a dire il vero non troppo lucido in quel momento, ribadisce: “Io non lo so. Non lo so chi c’è dietro a Fini”.

“Ci son quelli che c’erano dietro alla D’Addario, dai, su”, conclude la parentesi il portavoce del Presidente di Confindustria.

Non trovate, come me, che sia singolare come nessun quotidiano abbia dedicato la minima attenzione a un simile scambio di battute? E’ cosa così risaputa che dietro a Fini vi sia qualcuno? Di grazia, i signori dell’informazione, i chihuahua della nostra democrazia, ce ne potrebbero anche dire il nome?

Non trovate assurdo che un uomo così vicino al nocciolo del potere italiano come Arpisella - uno che sente, a dir suo, i direttori dei maggiori quotidiani italiani ogni giorno - possa pronunciare frasi simili e nessuno, pubblicamente, si senta in dovere di commentarle?

Io, come tanti, saluterò con immenso piacere il giorno in cui Silvio B. se ne andrà dalla scena politica, ma mi preoccupa, e molto, sapere che si dovrà all’intervento di misteriose “sovrastrutture”.

Chi sono questi onnipotenti – se, come dice Arpisella, vanno oltre Berlusconi, il temine non è certo esagerato; fino all’altro ieri ero convinto che sopra a Silvio ci fosse solo il padreterno – che tramano nell’ombra?

Che facevano, mi viene da chiedermi, prima, queste “sovrastrutture”?

Non erano certo impegnate a contrastare la resistibilissima ascesa di Silvio I, l’ultimo quasi Re d’Italia, altrimenti, semplicemente, non sarebbe avvenuta.

Che abbiano magari provato a cavalcarla? Che per anni un certo antiberlusconismo fosse solo di facciata o, semplicemente, non fosse?

Io ricordo perfettamente, per esempio, il sostegno dato alla legge Mammì dagli stessi giornali che ora lanciano una campagna dietro l’altra contro Silvio Berlusconi e il suo impero mediatico del male.

Andando più indietro nel tempo, quali furono le forze che stavano dietro all’ascesa del suo predecessore, Bettino I? Quali altre le forze che ne determinarono la caduta? Quanti mariuoli aveva conosciuto l’Italia prima di Mario Chiesa e quanti potenziali Di Pietro a cui non si permise di far nulla? Quali meccanismi entrarono in gioco per permettere finalmente, ma solo allora, ai magistrati di compiere fino in fondo il proprio dovere?

Vogliamo continuare in questo giochino? Chi c’era dietro al golpe Borghese e chi, invece, si adoperò per fermarlo?

Perché tutti noi italiani abbiamo sempre avuto la sensazione di essere padroni a casa nostra, ma fino ad un certo punto? Di vivere in una democrazia, sì, ma sotto tutela?

Sono domande eterne, che le parole di Arpisella fanno tornare perfettamente attuali e cui io non posso certo offrire risposta.

Di una cosa sola sono quasi sicuro: che la causa della morte politica si Silvio berlusconi siano state le sue pericolose amicizie.

No, non parlo delle escort, di Mangano o di altri che gli potrebbe aver presentato Dell’Utri; parlo di Vladimir Putin e forse pure di Recep Tayyip Erdogan.

Torniamo al problema della data da scrivere sulla lapide della tomba politica di Berlusconi.

Potete aiutarmi voi; qualcuno ricorda quando fu firmato l’accordo definitivo per dare via al gasdotto South Stream?

Vado a naso, ma di data io userei quella.


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