Chi ha paura (anche da morto) del Cardinal Martini?

par Stefano Vaselli
mercoledì 5 settembre 2012

Sono un cattolico che da parecchi mesi non va più a messa. La colpa non è del mio parroco, del mio viceparroco, del coro, dei movimenti che animano la messa, o peggio, della parrocchia che frequentavo, né dei parrocchiani, né dei brutti ricordi di un recente passato, in una realtà ecclesiale che ho frequentato per più di un decennio – ne ho vissute altre davvero meravigliose. 

No, la colpa, se è tale, è tutta mia, ma certamente dietro le colpe (che lasciano il tempo che trovano e che sono spesso soggettive) vi sono delle cause (oggettive), e queste le potrei elencare una per una. Le riassumo per brevità in questo interrogativo: frequentereste mai da credenti di una religione che non accetta l'intimismo, il solipsismo, la riduzione della fede ad un rapporto esclusivo tra la coscienza di un uomo e Dio, come è quella cattolica (a differenza di certi protestantesimi), una collettività umana che deve obbedienza a delle autorità spirituali che fanno di tutto per leggere la Bibbia e il Magistero solo da una prospettiva, trascurando tutte le altre? Fareste mai parte di un club che non dovrebbe accettare mai membri come voi (paradosso di Groucho Marx), ma che oltretutto è guidato da persone che vanno contro i vostri personali principi umani e personali?

Qualcuno risponderebbe "si, perché la posta in gioco è la salvezza dell'anima". Qualcuno nella Chiesa, avrebbe definito questo "non ti curar di loro – in questo caso: il Vaticano – ma guarda e passa", il "Martirio della pazienza". Forse, in questo momento, mi manca il coraggio del martirio della pazienza. Un coraggio che non è affatto mancato, questo è certo, a Carlo Maria Martini, presbitero, gesuita, Cardinale di Santa Romana Chiesa. La sua "colpa", agli occhi di qualcuno, è aver detto, in un'intervista ormai famosa in tutto il mondo, "La Chiesa è indietro di 200 anni". Va detto subito che questa è, a detta di molti, la cosa più tenera che abbia detto a proposito della Chiesa Cattolica in quell'intervista. È sufficiente leggerla per capirlo.

E che il suo martirio sia quello della pazienza, è dato dal fatto che, come tutti i martiri che si rispettano, da Giovanni Battista e Santo Stefano a Monsignor Romero e a Don Santoro, Carlo Maria Martini continua a far paura anche da morto, soprattutto da morto, a chi, non solo non ne ha capito un'acca, ma soprattutto a chi vede nelle sue parole, nei suoi gesti, nella sua vita, un attentato alle sue certezze incrollabili.

Mi è capitato infatti – ed è stata una fortuna – di leggere un editoriale di rara superficialità, di un noto editorialista, di un ancor più noto quotidiano della destra italiana, Libero, sulla figura di Martini. E' stata una fortuna, dicevo, perché prendere spunto dalle parole di questo pezzo, mi permette di contenermi nella sintesi. Martini viene definito "Il biblista che si era dimenticato il Vangelo". Nel cattolicesimo, un epiteto più apostrofante disprezzo e avversione del "ti sei scordato il Vangelo da biblista" non si potrebbe trovare, quindi il lettore si aspetta di leggere, nell'articolo che segue, un'argomentazione a sostegno di così duro anatema.

Ma non c'è nulla di più sconcertante che scoprire, nel tentativo di dimostrazione del propria teorema, la perfetta dimostrazione dell'ipotesi opposta. Scrive l'autore: "I veri discepoli di Gesù, infatti sono segno di contraddizione: «Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo (…) il mondo vi odia. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 16, 18-20). Martini è stato amato e glorificato proprio da quel "mondo" (gli atei, gli agnostici, gli anticattolici, gli anticlericali) che, avendo perseguitato Cristo avrebbe dovuto "perseguitare" anche Martini. Ma siccome non lo hanno perseguitato, anzi lo lodano e lo ammirano ecco avverarsi per il povero Martini quel che disse il Signore nel Sermone della Montagna: «Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi» (Luca 6,24-26)."

Sconcertante. Viene spontaneo chiedere all'autore che, si può solo presumere, si considera una persona di integerrima fede cristiana, se sia davvero opportuno leggere questo passo di Giovanni come un algoritmo "modus ponens", del tipo se P allora Q (se vuoi capire, se sei credente in Cristo, allora guarda a quanto i non credenti ti odiano o ti perseguitano). Allora sarebbe possibile, in linea di principio, formalizzare il Vangelo, in linguaggio logico e trasformarlo in un software per programmare le menti dei cristiani. Strano che Dio non abbia fatto direttamente così! Forse nell'ispirarlo ai 4 evangelisti, pensava a dei destinatari, un po' più particolari di una macchina, a degli esseri dotati di un "libero arbitrio". Ma, anche se valesse il metodo esegetico di questo autore, come si adatterebbe alla sua vita? È stato forse perseguitato l'autore in questione? Odiato fino alla persecuzione? Dove vive l'autore, in Nigeria, in India, in Pakistan, dove i cristiani vengono ancora messi a morte solo perché cristiani, non certo da atei e anticlericali, ma da credenti di altre religioni che si considerano veri seguaci di Dio?

Il fatto stesso che egli scriva i suoi editoriali su un giornale del "Mondo", diretto da chi non esitò a pubblicare certo materiale su Dino Boffo, ex direttore dell'Avvenire, e che sia egli stesso amato e seguito da un pubblico di fan, sulla sua Pagina Facebook dovrebbe, come minimo, gettare un po' di sospetto sul suo algoritmo esegetico.

Inoltre: anche se valesse questo insulso e meccanicistico metodo esegetico – diciamolo, invalso tra coloro che, una intera tradizione storica e critica, definisce, a partire dai primi del novecento, come "fondamentalisti" – davvero dovremmo pensare che "Mondo = atei, anticlericali, agnostici, nemici della fede cattolica"? No, ecco la buona notizia. Con buona pace di questo autore, "Mondo" nella tradizione cristiana significa tutt'altra cosa, ovvero il mondo che passa, i fatti umani, la storia umana, la politica, l'economia, la cultura profana non necessariamente schierata contro la chiesa cattolica, ovvero tutte quelle cose che un tempo, nell'italiano dei nostri nonni, si era soliti definire "il Secolo", i fatti secolari, appunto. 

In esso, se vogliamo, trovano posto anche i leggendari agents provocateurs dell'eterno complotto Pluto-Massonico-Marxista contro la Chiesa Cattolica (l'autore in questione, è autore di libri in cui si sostiene la tesi che il Risorgimento stesso sia stata tutta una macchinazione contro di essa). Ma in particolare "Mondo" significa, per molti Padri della Chiesa, e in particolare per Agostino di Ippona (Santo e Dottore) il potere temporale. È un caso che Cristo non sia stato ucciso per strada da Giuda Iscariota, in un agguato da qualche fariseo irritato per le sue sette, terribili invettive contro la nota, ma catturato, processato e condannato a morte per blasfemia, lesa maestà e per accuse che somigliano terribilmente a quelle di "eresia", dalle autorità "temporali", oltre che spirituali dell'epoca? Questo dovrebbe far riflettere l'autore dell'esegesi "modus ponens" di cui sopra, per lo meno indurlo a rivederne l'impianto.

Ma questo non accade. Proprio il 3 settembre, lo stesso autore, si reca come ospite alla trasmissione L'infedele di Gad Lerner, e rincara la dose: "L'errore di Martini sta proprio nell'aver detto quella cosa sulla Chiesa, rimasta indietro 200 anni, perché a voler essere veri cristiani, questa dovrebbe tornare indietro di 2000 anni, ad un fatto accaduto nella Palestina di 2000 anni fa, la discesa salvifica di Gesù in Terra". Come dire: magari la Chiesa fosse rimasta ancor più indietro!

Ecco allora inverarsi l'autoconfutazione. 1960 anni fa (siamo un po' più precisi di questo signore) la Chiesa aveva i Cardinali? Vietava il matrimonio ai presbiteri? Vietava il diaconato alle donne? Possedeva uno Stato, con tanto di governo, ministri e diplomatici? Considerava Simone detto Cefa, il Capo degli Apostoli, "Infallibile ex cathedra"? Stilava elenchi di 500 e passa dogmi, di cui 254 "de fide", infallibili e indiscutibili per potersi considerare buoni cattolici (si sa, i 10 comandamenti non sono più così cool)? Nel suo Primo Concilio (32-37 d.C.) di Gerusalemme, convoca San Pietro e San Paolo e li vede l'un contro l'altro, divisi da questioni teologiche.

Vince il futuro Vescovo di Roma (dovrebbe, dal 1871 in poi è da considerarsi infallibile anche retroattivamente)? No, vince San Paolo, e grazie a lui, i cristiani maschi non si devono più circoncidere all'ottavo giorno o al momento della conversione (non si passa più per la religione madre, l'ebraismo, al contrario di quanto accade nell'Islam), e i 630 e passa precetti veterotestamentari (tra cui la kasheruth alimentare) vengono aboliti (si, aboliti!!!).

Ma era proprio questa la Chiesa che Martini amava e sognava di rivedere in terra, caro editorialista di "Libero"! Non a caso, le sue riflessioni più profonde sono legate agli Atti degli Apostoli di San Luca, il Quinto Libro del Nuovo Testamento, alle vicende che i cristiani, ispirati dallo stesso Vangelo che ordinava loro di andare due a due nelle città ad annunciare il Regno dei Cieli, senza fermarsi, senza portare né bastone, né bisaccia, né denaro, figuriamoci il bancomat o lo IOR (Luca, 9; 2-6), affrontarono, fino al memorabile kerygma di Paolo nell'Areopago di Atene, dove i massimi intellettuali dell'epoca (filosofi stoici ed epicurei, ancora una volta il Mondo), derisero l'Apostolo delle Genti per aver parlato di Resurrezione (Atti, 17, 22-34).

La Chiesa degli Atti, è davvero perseguitata da tutti, dagli ebrei che rifiutano il cristianesimo come una loro eresia, ai gentili, come i romani, che presto martirizzeranno Pietro e Paolo. È innominabile nel suo modo di essere, poiché in essa tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno (Atti, 2; 42-43).

Una Chiesa pronta a farsi nemici tra i capitalisti dell'epoca (Atti, 19; 22-27), il cui sommo apostolo, Paolo non esita ad affermare che l'attaccamento alle ricchezze è la radice di tutti i mali (Prima lettera a Timoteo, 6; 10).

È la Chiesa che Martini ama, quella che tanti fedeli vorrebbero tornasse al suo posto, al posto della chiesuccia dei veleni, dei corvi, degli scandali, della non denunciabilità dei preti pedofili, la stessa che manda altri Cardinali a benedire le convention politiche di partiti americani che vorrebbero lasciare per strada milioni di poveri, senza assistenza sanitaria, al posto della chiesuccia che farebbe patti con il diavolo, se il diavolo fosse antiabortista o nemico dei diritti degli omosessuali. È proprio quella di 1960 o 2000 anni fa.

Tralascio altri commenti su considerazioni dell'autore in questione, che nell'intervento a L'Infedele, non ha esitato ad accostare l'attacco di Martini all'arretratezza, alle opinioni dell'ideologo nazista Alfred Rosenberg o addirittura al positivismo, attaccando, con rara umiltà (forse non è più un virtù cardinale) l'ignoranza della filosofia del povero cardinale. Così, come merita la stessa indifferenza, l'editoriale uscito nel giorno dei suoi funerali su un altro giornale "di destra" Il Giornale, firmato Marcello Veneziani.

Ha avuto davvero ragione lo storico della chiesa, Adriano Prosperi (Normale di Pisa), a dire che coloro che odiano o non sopportano Martini, lo fanno per tutti i plausi ricevuti in vita e dopo da questo cardinale dalla sinistra italiana. Ormai per questa gente la Chiesa è il solo partito rimasto in terra, per costoro il Cristianesimo è ormai un'ideologia politica, il cui messaggio è "Embrione, famiglia eterosessuale sposata e prolifica, scuola cattolica", e per difendere questa trimurti val bene allearsi con Mitt Romney oggi, come con Berlusconi ieri. Parigi val sempre un messa…

Come dare torto a Carlo Maria Martini, allora, che definì tutti questi "abiti", nel senso non di vestiario, ma di abitudini dure a morire, semplicemente pomposi? Forse padre Martini, che il Vangelo lo conosceva meglio del giornalista di "Libero", avrebbe suggerito a quest'ultimo di rileggersi l'intero capitolo 25 di Matteo. "Chiunque avrà fatto questo, anche al più piccolo dei miei fratelli, l'avrà fatto a me". Amen.

 

 

 


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