Che succede se i sondaggi hanno ragione?

par Aldo Giannuli
sabato 12 aprile 2014

Ripetiamo, per l’ennesima volta che i sondaggi vanno presi con le molle, perché più di una volta si sono dimostrati molto lontani dai risultati effettivi e, a febbraio 2013, hanno clamorosamente “cannato”. Adesso lasciamo stare quanto questo dipenda da scarsa professionalità o dolo delle società demoscopiche o dal fatto che l’elettorato si è fatto imprevedibile; quel che conta è che l’affidabilità di queste previsioni è andata sensibilmente scemando. Ma, pur sempre, i sondaggi colgono alcune tendenze - quantomeno quelle più vistose - e contribuiscono a plasmare l’opinione pubblica, creando aspettative di vittoria o di sconfitta. Per cui sarebbe sciocco non prenderli in considerazione, ma è opportuno farlo con cautela.

Ovviamente i singoli risultati cambiano da sondaggio a sondaggio anche con “forchette” considerevolmente aperte, ma alcune tendenze appaiono costanti:

a - L’alto numero di astenuti ed indecisi che, al contrario delle altre occasioni, tende ad aumentare man mano che ci si avvicina al voto anziché diminuire

b - La conferma della competizione a tre (Pd, Fi, M5s) che schiaccia tutti i minori e, di conseguenza, l’assenza di competitori di “media taglia”

c - Il costante calo di Fi che è data da diversi sondaggi sotto il 20% e qualcuno persino al 16%

d - Il costante successo del Pd che è dato in salita ed ormai stabilmente oltre il 30%

e - La ripresa del M5s che si ricolloca intorno al risultato dell’anno scorso, ma senza nessuna clamorosa avanzata o flessione

f - L’insuccesso della lista liberale di Monti, di Fratelli d’Italia e della Lista Tsipras che restano sempre sotto la quota del 4%

g - Unica tendenza “nuova”, che si fa strada da un paio di settimane, il risultato positivo della coalizione Ncd-Udc, che si collocherebbe fra il 5 ed il 6%

Questi dati vanno letti “insieme” per capire che sta succedendo. In particolare ci sembra di poter mettere in relazione il forte tasso di astensionismo con il collasso di Fi: la cosa più probabile è che, nel forte flusso astensionista aggiuntivo, la parte più cospicua sia fatta da elettori del centro destra, in cerca di nuova offerta politica. Insomma: gli elettori Fi si stanno convincendo che Berlusconi è irrimediabilmente al tramonto (lasciamo perdere se per l’età, per le condanne, per l’ineleggibilità o per altro) e lo abbandonano. Ma non si dirigono verso altre forze politiche: salgono sull’Aventino per vedere se viene fuori altro. Beninteso: altro di centro destra. Stando ai sondaggi potrebbe trattarsi di 1 milione-1milione e mezzo di elettori.

Questo ha un contraccolpo: rivaluta seccamente il bottino elettorale degli altri, perché un conto è avere 8 milioni e mezzo di voti su 34 milioni di elettori (25%) ed un conto ben diverso è avere gli stessi voti su 30 milioni (28,33%). Per cui, se il Pd “rubacchia” un ulteriore milione di voti fra il centro e Sel-Rifondazione, passa a 9 milioni e mezzo, che, su un corpo elettorale di 30 milioni, fa il 31,6%: l’aumento in cifra assoluta è assai modesto, ma l’effetto percentuale è un balzo di oltre il 6%.

Questo può creare pericolosi effetti “ottici”, per i quali, quello che è un modesto successo diventa un’avanzata napoleonica. Ma le cose non stanno così: gli elettori di centro destra si sarebbero astenuti, non suicidati e sarebbero sempre lì in carne ed ossa, pronti a tornare a votare, magari in elezioni più decisive delle europee che, alla fine, sono una “gara di bellezza”.

Queste considerazioni valgono sia per il Pd che per il M5s, che potrebbero essere tentati di trarre conclusioni indebite da un risultato di questo genere. Il Pd potrebbe dedurne l’invincibilità del generale Renzi e scatenarsi sulla strada già intrapresa, salvo poi avere bruschi e sgradevolissimi risvegli. Il M5s potrebbe essere tentato di scambiare una piccolissima avanzata per la conferma della sua irresistibile ascesa (dove, invece, ci sarebbe una sostanziale battuta d’arresto) o non cogliere il segnale di sofferenza di una perdita di voti reali mascherata da una tenuta percentuale.

Di fatto, se le cose andassero in questo modo, si aprirebbe un “vuoto a destra”: Fi sotto il 20%, e con un Cavaliere fuori combattimento, implode. Sotto il 20% partirebbe una notte dei lunghi coltelli con morti e feriti, ma sotto al 18% partirebbe il “rompete le righe e si salvi chi può”. E il Cavaliere non potrebbe farci nulla, impedito come è, e con la grandinata di nuove condanne in arrivo.

Ma, in politica, i vuoti non durano mai a lungo, perché qualcuno, prima o poi, riesce ad occuparli, per cui potrebbero aprirsi dinamiche di questo tipo:

1. Pd e M5s, tentati dalla speranza di battere il concorrente facendo man bassa dell’elettorato di centro destra, si proiettano nella caccia al voto di destra, magari cavalcando temi che si immagina possano sedurre questi elettori

2. Alfano e Casini recuperano altri spezzoni e pongono la loro candidatura a capo del centro destra

3. All’interno del residuo spazio di centro destra, si fanno strada nuove aggregazioni iper populiste (magari aggregando i pezzi ancora dispersi) che cavalcano l’ondata anti euro

4. Emerge un nuovo tycoon che cerca di prendere il posto di Berlusconi mettendoci un pacco di soldi (ma ne servono proprio tanti)

Molto importante, per capire come potrebbe mettersi, è il risultato di Ncd-Udc, attualmente in salita per effetto della campagna acquisti che stanno facendo fra i consiglieri comunali e regionali di Fi. Per iscriversi alla “gara per il più figo del centro destra” però serve un risultato significativo, diciamo oltre il 7-7,5%.

Naturalmente, molto dipenderà anche dal tipo di legge elettorale che passerà ed, al posto di Fi, in queste condizioni, ci penserei molto seriamente ad approvare l’Italicum…


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