Che fare per il settore energetico italiano?

par Gaetano Buglisi
giovedì 7 febbraio 2013

Nei giorni scorsi Maximo Ibarra, l'amministratore delegato di Wind, ha annunciato un nuovo accordo fra la sua telecom e Google. In base alla nuova intesa, Wind incasserà una percentuale sulle operazioni commerciali che gli utenti realizzeranno nelle varie sezioni di Google. Si tratta di una soluzione che potrebbe dare un grande impulso al mercato delle telecomunicazioni. Riequilibrando le relazioni fra i service provider e i net provider, come appunto Google. Da quest'intesa potrebbero venire risorse. Per nuovi investimenti delle aziende del settore delle TLC, con un ulteriore impegno nel dispiegamento di nuovi servizi e nuove modalità di connessione, alla vigilia dell'esplosione delle nuove reti LTE. Ma da quest'intesa potrebbe venire un esempio anche per l'attiguo settore energetico.

Ma da quest'intesa potrebbe venire un esempio anche per l'attiguo settore energetico. Infatti i due mercati mostrano grandi somiglianze, oltre che inevitabili convergenze. In entrambi i due settori c'è un incumbent che domina, come Telecom Italia nelle TLC e ENEL nell'energia.

Attorno ai giganti si muovono intraprendenti nani che stanno crescendo, in entrambe le aree di utilities, come appunto i nuovi service provider nelle TLC, e l'ormai imponente settore delle energie rinnovabili nell'ambito energetico.

Ora il punto è quello di trovare un equilibrio che tuteli il patrimonio dei due giganti, ma che permetta ai nani di crescere, dando al sistema Italia nuove chance di competitivita' nelle aree piu' innovative.

L'intesa di cui parla Ibarra sembra in qualche modo di far intravvedere una possibile soluzione nelle TLC, anche se l'amministratore di Wind, nella stessa intervista, lamenta ancora un peso eccessivo del monopolio Telecom nel mercato della telefonia fissa, tanto che Infostrada, la società specializzata nel fisso di Wind potrebbe addirittura ritirarsi dal mercato.

Nel campo energetico invece siamo ancora nelle caverne.

Le polemiche su gli incentivi al fotovoltaico hanno fatto mettere gli istinti peggiori del monopolista del settore.

Ora il punto è che i nani sono ormai arrivati oltre il punto di non ritorno. Troppo grandi per tornare indietro, ancora minori per imporsi sul mercato da pari a pari con Enel.

In ballo ci sono questioni nodali. Il potenziale di installato nel fotovoltaico, non siamo lontano dai 20 gigawatt, permetterebbe al nostro paese un risparmio drastico della sua bolletta petrolifera, oltre che ridurre l'impatto ambientale, elemento vitale per un paese come il nostro.

Se non che l'offerta di energia fotovoltaica sul mercato fa sballare la borsa energetica, mettendo a repentaglio la produttività delle centrali storiche dell'Enel, oltre che la funzionalità della rete distributiva di Terna; ora si potrebbe, proprio sulla falsariga dell'intesa maturata fra Wind e Google, immaginare che Enel e Terna concordino con le associazioni delle energie rinnovavi un patto di revenue sharing, per il quale i produttori di rinnovabili si impegnano a riconoscere ai due operatori ex monopolisti un fee in più come premio per il lancio e l'ottimizzazione dell'uso delle forme di energie rinnovabili in tutto il paese.

Diciamo un premio innovazione, che coinvolgerebbe Enel e Terna non solo nella diffusione delle proprie forme di fotovoltaico, ma nel successo dell'intero settore.

Si placherebbe così la guerra dei 30 anni che brucia risorse e sopratutto prospettive del paese, limitando lo sviluppo di un settore dove proprio l'Italia era leader.

Potremmo. finalmente, poter pianificare nel medio lungo periodo investimenti e ottimizzazione dei nostri impianti, senza temere di essere buttati fuori dal mercato per una legge o un regolamento, ancora peggio, essere inquisiti e denunciati per irregolarità retroattive.

Sarebbe una prova di maturità per un paese che cerca una via nuova alla crescita, e alla collaborazione.


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