Che cosa significa davvero ridurre il rating degli USA?

par Bimbo Alieno
lunedì 8 agosto 2011

Nelle redazioni di ogni giornale che si rispetti vengono archiviati degli articoli detti “coccodrilli”. Si tratta di articoli commemorativi di un personaggio famoso, pronti per essere pubblicati se quel personaggio venisse a mancare.

Questa iniziativa serve ad avere in redazione sempre il “pezzo” pronto, nel caso il malaugurato ma prevedibile evento accada. 

Il post sul downgrading degli USA era confinato in un cassetto, pronto da diverso tempo, e ora mi tocca tirarlo fuori.

Che cosa significa davvero ridurre il rating degli USA?

“Si tratta solo di un notch” diranno alcuni osservatori. “Il mercato lo aveva già parzialmente scontato” vi dirà qualcun altro. “Per Moody’s e Fitch comunque la AAA rimane confermata” un’altra eco.
Commenti a freddo, che provano a limare una notizia storica fino a farla diventare una mezza notizia o addirittura una non-notizia. La sola considerazione che vale la pena di fare è quella invece di come il mercato dovrà comportarsi.

Bisogna fare mente locale ed applicare del banale buon senso.
Il dollaro è la moneta di riferimento di questo Pianeta. Se vuoi comprare o vendere petrolio, o zucchero o mais da o ad un altro Paese la transazione si fa in dollari (escluso qualche caso di accordi bilaterali fra singoli Paesi). Questo comporta le necessità di detenere dollari nelle riserve nazionali. Ogni Paese accumula scorte miliardarie di dollari sotto forma di Treasury bonds.

L’abbassamento del rating comporta la svalutazione di questi titoli. I Treasury sono scesi di un gradino nella scala della qualità, sotto il Canada o la Francia, per fare due esempi. Questo significa che migliaia di miliardi di dollari di riserve nazionali in giro per il Mondo subiranno una svalutazione ed una necessità di riequilibrio, a partire da lunedì.

Molti fondi pensione devono per regolamento detenere solo titoli AAA, e pertanto dovranno vendere Treasury Bonds e/o compensare la loro presenza riducendo la presenza di titoli volatili (azioni e derivati) vista la aumentata rischiosità del loro portafoglio.

Inoltre migliaia di miliardi di dollari di operazioni finanziarie a debito sono aperte con dei Treasury messi come collaterale a garanzia. Posizioni su cui ora occorrerà o versare nuovi margini per compensare, oppure chiudere. La via più facile è evidentemente la seconda.

Infine, come abbiamo ben imparato qui in Europa negli ultimi mesi, dopo un downgrading governativo segue a stretto giro quello delle banche e delle imprese nazionali. I rating di Goldman, JPM, Citigroup, Bank of America, Coca Cola, Intel, General Electric, AT&T ecc ecc sono a rischio. Il mercato lo sa, e inizierà a lavorarci sopra.

Risultato: oggi il mercato sarà molto illiquido. La parte bond diventerà molto ostica da trattare e i mercati, affamati di cash, andranno a farlo sugli strumenti liquidi come le azioni. Intanto l’informazione per il pubblico verrà fatta all’insegna del mantenere la calma, portando molteplici esempi più o meno recenti di Borse in tensione. Si sentirà molto parlare di panic selling. In parte sarà anche vero, ed è comunque socialmente meglio che vengano diffusi questo genere di messaggi, che approvo.

Mettiamola così, come sapete in questo blog non vengono diffusi consigli operativi, tuttavia possiamo fare un ragionamento di massima: siamo davanti ad un evento mai accaduto prima, che comporta delle ripercussioni tecniche ed emotive rilevanti. Scegliere di star fuori da questa fase, vendendo cum grano salis (fatevi assistere dal vostro consulente di fiducia), vi lascia sempre aperta la possibilità di ricomprare in acque meno agitate ed incerte più avanti. Senza voler indovinare rimbalzi o minimi e massimi, semplicemente con lo scopo di non essere sulla vostra piccola o grande zattera mentre onde mai viste agitano il mare.


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