Cento anni fa, Albert Camus
par UAAR - A ragion veduta
giovedì 7 novembre 2013
Esattamente cento anni fa, il 7 novembre 1913, nasceva ad Algeri Albert Camus: filosofo, romanziere, drammaturgo, giornalista, nonché premio Nobel per la letteratura nel 1957 (tre anni prima della sua prematura scomparsa), con la sua multiforme opera è stato in grado di descrivere e comprendere la tragicità di una delle epoche più tumultuose della storia contemporanea, quella che va dall’ascesa dei totalitarismi al secondo dopoguerra e al concomitante inizio della guerra fredda. Non solo: le sue riflessioni filosofiche, magistralmente espresse in immagini letterarie, hanno una valenza universale e atemporale capace di oltrepassare i meri confini della contingenza storica, riuscendo a descrivere la condizione umana nel suo nucleo più essenziale.
In un tentativo di estrema sintesi dell’opera camusiana è possibile affermare che in essa si avvicendano essenzialmente due personaggi: l’uomo e il mondo. Dietro di loro, come uno sfondo oscuro e intangibile, l’assenza di Dio. Partito dalla descrizione del fragile equilibrio mediterraneo fra i due personaggi succitati (Nozze, L’Estate), Camus rappresenta ne Lo Straniero la graduale presa di coscienza dell’uomo nei confronti di un mondo ai suoi occhi sempre meno antropomorfico, sempre più inospitale e insensato. Vano è il tentativo di ricostituire in unità il mondo, così come descritto ne Il Mito di Sisifo: la domanda di senso dell’uomo è destinata a rimanere irrisolta, non perché egli non abbia cercato abbastanza a fondo, bensì perché in verità non c’è nulla da cercare, essendo il mondo assoluta indifferenza e cieca irragionevolezza.
L’assurdo si definisce allora come il divorzio inconciliabile tra l’uomo che domanda e il mondo che non (può) risponde(re): lo sforzo interminabile di Sisifo, il quale per punizione divina solleva un macigno destinato a ricadere in eterno, è proprio metafora di questa irrisolvibile condizione assurda. Ma agli occhi di Camus questa condizione non rappresenta un punto di arrivo, come fu per gli esistenzialisti à la Sartre, bensì soltanto di partenza: Sisifo deve divenire Prometeo, sostituendo alla eroica ma sterile lucidità del primo una lucidità diversa, volta alla trasformazione concreta della vita degli uomini, hic et nunc, al di là di qualsiasi prospettiva fideistica, teleologica o utopistica, sia essa religiosa o politica.
Di fronte alla scelta tra Dio e la Storia, tra la croce e la spada, tra l’illusione della trascendenza religiosa e la miseria del materialismo storicista, L’Uomo in rivolta prospetta una terza via: il pensiero meridiano, di cui la nozione di misura è il perno fondamentale. A tal riguardo il romanzo La Peste è una perfetta rappresentazione del significato della rivolta camusiana: lotta estenuante e senza speranza contro un male metafisicamente inestirpabile, in un mondo che non risponde in alcun modo alle esigenze dell’uomo e in cui non v’è alcuna traccia di Dio.
La posizione di Camus all’interno della storia dell’ateismo è peculiare e controversa. Spesso, infatti, Camus rifiutò con nettezza l’etichetta di ateo: non perché segretamente credesse in Dio o fosse tentato dalla prospettiva religiosa, come qualche interprete cattolico ingenuamente lascerebbe intendere; bensì perché egli voleva chiaramente distinguersi da quella forma di ateismo allora predominante — il materialismo storico — reo di aver divinizzato la Storia al posto di Dio. In effetti, se è vero che nessun personaggio camusiano arriva a negare direttamente l’esistenza di Dio, è altrettanto vero che ognuno di essi riconosce l’illusorietà e l’inutilità dell’ipotesi divina. Il messaggio di Camus è a tal riguardo più che chiaro: in un mondo nel quale il male persiste e Dio inesorabilmente tace, tutta la responsabilità di ciò che accade agli uomini ricade sulle spalle degli uomini stessi, senza possibilità di appello.
Nel centenario della nascita, questo breve articolo vuole rinnovare l’invito alla lettura e alla rilettura dell’opera di Camus, nella convinzione che essa costituisca un’imprescindibile tappa nell’evoluzione di un ateismo consapevole, vigoroso e maturo.
Giovanni Gaetani
Vincitore del premio di laurea Uaar 2013, categoria Discipline umanistiche