Censurare i talk-show: un boomerang per la destra?

par Factotum
giovedì 25 marzo 2010

E’ vero, i talk-show cosiddetti aboliti dal cda RAI, come Porta a Porta, Ballarò, Annozero, hanno mille difetti (sempre meglio comunque del vecchio e costoso spot elettorale ucciso dalla legge sulla par condicio del 2000, che Berlusconi vorrebbe resuscitare col pretesto dei talk-show “pollai” che ormai disdegna, perché è tra i pochi che se lo può permettere).
 
Per cominciare, il conduttore, figura fondamentale del programma, appare come un semplice “cerimoniere di liturgie concordate e condotte dagli uomini politici” (Mazzoleni), con una compagnia di giro praticamente fissa che si alterna alla ribalta (trampolino ideale per parvenu come la Polverini) portandosi dietro la rispettiva claque, come richiesto esplicitamente dagli stessi conduttori (l’ha rivelato scandalizzato Furio Colombo, sottolineando che negli States se l’ospite di un programma televisivo si presentasse con un codazzo di fan lo metterebbero subito alla porta). Ed è veramente un fastidioso, deprimente spettacolo vedere questa gente alle spalle dell’oratore di turno che, dopo aver controllato di essere inquadrata nello schermo, annuisce con convinzione alle parole del suo mentore, batte le mani freneticamente a sottolineare i passi salienti del suo intervento, e talvolta si agita ed infervora ancor più di questi, quasi a rappresentare in modo plastico la natura servile di questo popolo.
 
Politici e giornalisti poi appaiono un tutto indistinto, dove spesso sono i primi ad apparire più faziosi, indisciplinati e di lingua sciolta (per usare un eufemismo) dei secondi (la solita dipendenza strutturale e culturale dei giornalisti italiani dalle logiche partitiche o di governo che produce questo strano ircocervo del giornalista-politico - esemplare sconosciuto al giornalismo anglosassone - che fregandosene dei suoi doveri professionali verso il lettore o lo spettatore assume le fattezze del politico di professione, al punto che oggi come oggi si arriva a dire che è il direttore del Giornale Vittorio Feltri “a dettare la linea del PDL”: da giornalista (se mai lo è stato) a segretario in pectore del suo partito di riferimento.
 
Comunque, nonostante tutto, questi talk-show, cui si attribuisce quell’effetto di spettacolarizzazione spinta della politica e dei politici che è stata definita “politica-pop”, sono, per chi non legge i giornali, l’unica fonte di informazione politica, una fonte oltretutto meno paludata, dunque in qualche misura più veritiera perchè meno riducibile alle veline ed ai pastoni dei telegiornali” (nei quali più facilmente può passare una perla come quella del TG1 di Minzolini sul “Mills assolto”). 
 
Il centro destra (coi radicali in veste di utili idioti) che nell’immediato si giova di questo azzeramento dei talk-show in quanto ora l’unica informazione politica viene dai telegiornali dove Berlusconi occupa un terzo del tempo, alla lunga finirà per danneggiarsi, se continua con questa politica censoria, giacché incoraggerà l’astensionismo (che danneggia in primis la destra), in quanto questi programmi, specie quelli che nei quali si mescolano contenuti politici scottanti e l’intrattenimento spettacolare (esempio tipico Ballarò con la copertina di Crozza), sono in grado di riconciliare tanti spettatori/cittadini altrimenti distanti e disinteressati con la politica ed i politici medesimi. 

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