Cedolare secca al 20%: i "furbettini” del federalismo

par Bernardo Aiello
giovedì 7 ottobre 2010

Ieri, durante una alla conferenza stampa pomeridiana del Premier e del Ministro dell’Economia abbiamo avuto notizia di una sorta di miracolo: senza tagliare sprechi e senza aumentare il deficit pubblico saranno ridotte le tasse sugli affitti dall’attuale circa 50% ad un meraviglioso 20%. Pare che l’autore del portentoso evento sia stato il Premier in persona, che ha ridotto il tributo dall’originaria previsione del 25% ad un più congruo 20%, sotto la spinta dell’alleato leghista, sicuramente il più fedele dei suoi sostenitori. Inutile dire che la folta schiera dei proprietari di case date in affitto ha gioito non poco e, ormai, ha per l’autore del miracolo una vera e propria devozione.

Nessuno dei giornalisti presenti alla conferenza stampa, però, ha chiesto perché solamente una categoria di cittadini, e precisamente quella dei proprietari di case, sarà chiamata dalla riforma federalista a godere dei frutti della loro amministrazione municipale risparmiosa ovvero a sostenere i costi della loro amministrazione municipale dissipatrice di denaro. Ancor meno se i comuni, dotati con la riforma federalista di potestà impositiva e ridotti alla fame per il contemporaneo prosciugarsi dei trasferimenti statali e per il contenimento in limiti ridotti della tassa in questione, faranno sollecitamente salire quest’ultima a loro piacimento, mentre nell’immaginario collettivo dei proprietari di case l’aumento verrebbe attribuito ai sindaci e non al premier.

In tutto questo qualcosa non quadra, e precisamente non quadra la possibilità per le Amministrazioni locali di agire in deficit di bilancio e le relative conseguenze nei riguardi dell’Autorità Monetaria Europea. Sappiamo infatti che gli enti locali non possono funzionare con denaro prestato da terzi e non rimborsato: devono funzionare con denaro loro ed i prestiti che ottengono sono certamente sotto la garanzia dello Stato. In caso contrario si verificherebbe l’assurdo della possibilità di fallimento uti privatorum di un comune, che, invece, deve sempre continuare ad erogare i servizi pubblici che la legge gli affida e non può farlo con privato denaro altrui.

In definitiva è chiaro il rapporto che lega gli Stati appartenenti all’area della moneta unica europea alle direttive della Comunità Europea sul loro deficit, attese le responsabilità che competono a quest’ultima nella gestione dell’Euro; meno chiari i rapporti fra gli Enti locali dopo il federalismo e la Comunità Europea medesima.

Il cittadino desidererebbe esser posto a conoscenza di tutto ciò in maniera esaustiva; così come vorrebbe sapere se l’aliquota del 20% sugli affitti è nata per durare a lungo oppure durerà lo spazio di un mattino, dopo aver incrementato adeguatamente la popolarità dell’attuale governo. Perché in economia si è soliti dire che non esistono pranzi gratis; neanche se ce li promettono solennemente il premier ed il ministro dell’economia in conferenza stampa davanti a giornalisti preoccupati non di capire quello che sta succedendo per poi raccontarlo ai lettori, ma di sapere se si va o meno a votare et similia. Insomma di quello che Leonardo Sciascia avrebbe chiamato "il gioco delle parti che il potere si assegna, nel Paese dove soltanto il potere per il potere conta".


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