Caso kazako: le auspicabili dimissioni di Emma Bonino

par Fabio Della Pergola
lunedì 15 luglio 2013

C’è un’iniziativa che il ministro degli Affari Esteri Emma Bonino dovrebbe prendere al più presto possibile. Ed è un’iniziativa che, per la stima che le portiamo e la dirittura morale e il coraggio che le riconosciamo, vorremmo che prendesse subito, oggi stesso, senza pensarci su due volte: dare le dimissioni e sbattere la porta del suo dicastero e di questo Governo.

Non è donna che può rischiare la propria immagine e una vita di integrità etica all'interno di questo governo e al fianco di questi ministri. Non in una vicenda che lei per prima ha giustamente definito "miserabile".

Perché nel caso della deportazione forzata e, sembra ormai acclarato, illegittima di Alma Shalabayeva e Alua, moglie e figlia del dissidente kazako Ablyazov, questo governo ha dato prova manifesta di avere in squadra un Ministro dell’Interno che è incapace di gestire e controllare l’apparato di sicurezza del paese oppure che è un uomo capace di fregarsene della legge dello Stato, delle convenzioni internazionali, dei più elementari diritti civili e umanitari riconosciuti dalla comunità internazionale.

Ora il governo aggiunge anche un'ignobile beffa al danno arrecato: revoca l’espulsione e chiede alla donna di tornare per chiarire la sua posizione. Solo nella repubblica delle banane (ma banane decerebrate, non quelle normali) si può arrivare ad una farsa di questo livello di demenzialità pura.

Chissà se la signora vorrà tornare oppure se è troppo impegnata nello shopping. Che dite, mandiamo anche noi l’ambasciatore a fare pressioni su un funzionario kazako degli interni? Magari sono dei pirla anche loro e ce la rimandano indietro.

A parte i quotidiani di area berlusconiana, la ricostruzione proposta dalla stampa nazionale se non parla apertamente (ancora) di un’operazione pianificata a tavolino da alcune alte cariche dello Stato per fare uno scandaloso favore sottobanco al premier kazako, di sicuro dipinge un quadro di desolante inettitudine. 

Si parla dell’Interpol che non tiene conto dell’asilo politico rilasciato al dissidente dalla Gran Bretagna, né di un permesso di soggiorno lettone per la moglie, valido in tutta l’area Schengen; di un passaporto valido ritenuto invece falso; di uno status diplomatico di cui nessuno sa niente; di precedenti penali, a carico della donna, inesistenti ma ritenuti, chissà perché, reali ed esistenti; di una dimensione di clandestinità tutta da dimostrare; e dell’irruzione, violenta e improvvisa, di decine e decine di uomini armati e urlanti, al grido di "puttana russa" (ma è così che si comporta la polizia di un paese civile quando agisce contro una persona che - al più - è un'immigrata priva di permesso di soggiorno?) in una villa dove ci sono un uomo, una donna e una bambina. Manco si fosse trattato di Totò Riina

Tutto questo scordandosi che la legge prevede che la prima opzione sia l’allontanamento volontario, seguito solo dopo da un’eventuale espulsione forzata (DL 23 giugno 2011, n. 89 - capo II, art. 3, comma 5) a meno che lo straniero non sia nella situazione in cui "ricorrano le condizioni per l'accompagnamento immediato alla frontiera" che, in questo caso, non si riesce proprio a immaginare quali possano essere.

Risultato: nel giro di cinque giorni - sfido chiunque a dire che si tratta di una operazione di routine - dall’iniziale visita dell’ambasciatore kazako ad un alto funzionario del Ministero degli Interni (e senza che il Ministero degli Esteri ne sia messo al corrente, ma è questa la prassi?), la donna e la bambina sono impacchettate e infilate in un aereo privato prenotato prima ancora che il giudice avesse dato il nulla osta all’espulsione.

Di tutto ciò il Ministro degli Interni non solo dice di non sapere niente, ma cade dal pero. Anche se a ricevere gli emissari del Kazakhstan pare che sia stato guardacaso Giuseppe Procaccini, capo di gabinetto del Ministro dell'Interno, incaricato proprio da Alfano in persona di seguire la pratica, come ci racconta Repubblica in un resoconto da non perdere: "Il ministro dell'Interno ricorda semplicemente di aver girato al suo capo di gabinetto Procaccini l'incombenza di parlare con i due kazaki".

E il prefetto Procaccini davvero può non essere andato di corsa a raccontare la storia al suo diretto superiore dopo l'incontro con i kazaki? E come poteva Alfano non sapere niente della vicenda, quando la Bonino - allertata dagli avvocati della donna kazaka - gli ha chiesto conto "con una certa energia" (scrive il Messaggero) della storia, ma quando ormai la donna era già stata spedita via?

Angelino Alfano, è già stato capace in passato, per insipienza propria o per ottemperare agli ordini di scuderia del suo datore di lavoro, di sostenere a spada tratta (arrivando a sottoscrivere una risoluzione parlamentare) che una minorenne marocchina detta "Ruby Rubacuori" fosse la nipote di Mubarak.

Ora, in un caso scandaloso di deportazione forzata e illegittima di una donna munita di validi documenti di riconoscimento internazionale, non è stato capace di dire altro che “non sapeva” ammettendo così di essere - come minimo - un'imbelle marionetta gestita da scaltri o ambigui funzionari, casualmente a lui sottoposti, ma evidentemente al servizio di chissàchi. Come minimo un incapace. Come minimo.

E che un Ministro si faccia prendere per i fondelli dai suoi dipendenti significa solo che non può occupare la poltrona più importante del governo dopo quella del premier. Perché non ha l’autorevolezza o il carisma o la capacità di gestire l’apparato più importante dello Stato.

Tutto ciò, alla fine, si riassume nella pretesa tassativa che questo Ministro, così come il Direttore del Dipartimento di Pubblica Sicurezza, il Questore di Roma e il suo responsabile dell’Ufficio Immigrazione, oltre al responsabile italiano dell’Interpol, diano in blocco le dimissioni dall’incarico che non sono stati in grado di ricoprire e dalla responsabilità a cui altri - più capaci o più onesti - devono essere chiamati.

Poi la Magistratura accerterà le responsabilità penali, se ce ne sono, ma quelle morali sono di un’evidenza lampante.

Il rispetto che proviamo invece per Emma Bonino e per i decenni in cui si è spesa per i diritti civili ed umani in Italia e nel mondo - oltre per l'insussistenza di prove a suo carico in questa storia "miserabile" - ci impone un distinguo: per cui ci permettiamo di chiederle di andarsene, se possibile sbattendo rumorosamente la porta.

Ieri la Farnesina, cioè il dicastero degli Esteri, si è mobilitata per cercare di assicurare alla donna kazaka l'appoggio di cui ha bisogno ed ha pubblicato sul suo sito un comunicato con cui specifica a chiare lettere che "non ha alcuna competenza in materia di espulsione di cittadini stranieri dall'Italia né, in base alla normativa, ha accesso ai dati relativi a cittadini stranieri ai quali sia riconosciuto da Paesi terzi lo status di rifugiato politico".

Ma è ovviamente tardi e la frittata è stata fatta. Ed è una frittata di portata internazionale che, fra l'altro, espone il paese allo scherno di mezzo mondo mentre l'altro mezzo si limiterà a disprezzarlo per la disumanità scandalosa della vicenda.

Emma Bonino non è donna che possa rischiare di farsi ledere l’immagine e l’integrità da quei cialtroni con cui si è accompagnata. Dia quindi le dimissioni anche lei; non per indegnità come nel caso di coloro che sono coinvolti nella questione kazaka, ma proprio per non esserne coinvolta. Per rimarcare la differenza, per sottolineare la propria diversità umana e politica.

Se ne vada, questo governo non è più posto per lei, se mai lo è stato. E se le dimissioni sono chieste a gran voce da SEL e M5S, e da alcune voci anche del tentennante PD, lei si schieri al loro fianco con un'azione decisa che avrebbe manifestamente il senso di un suo "togliere la fiducia" al collega degli Interni e a questo governo tutto.

Non ci importa sapere se la deportazione è avvenuta per interessi economici o geostrategici o solo per fare un favore "agli amici degli amici", lei se ne vada comunque, perché qui c’è troppo marcio e troppo fango. Il fango delle deportazioni forzate, oltretutto di bambini; che ricorda cose orribili di un passato che si sperava definitivamente tramontato.

 

Foto: wikimedia


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