Caso Swift. Unione Europea: Servo Ergo Sum!

par Alba Kan
venerdì 23 luglio 2010

In molti, tra cui la sottoscritta, nella logica del "chi pensa male, fa peccato (forse) ma indovina", hanno pensato che lo scorso 11 febbraio, quando firmato dalla Commissione Europea con le autorità statunitensi, tale rifiuto fosse solo un’operazione mediatica per dare all’Europa, una parvenza di Sovranità, che come ben sappiamo è solo un’utopia.

Sono passati solo 5 mesi e giovedì scorso, l’8 luglio, l’accordo Swift è stato accettato e firmato dagli europarlamentari, con 484 voti a favore, ed entrerà in vigore, senza perdere tempo il 1° settembre 2010.

Nonostante le perplessità dei garanti della privacy, adesso informazioni private dei cittadini dell’UE saranno consegnata alle autorità degli USA grazie all’ennesimo accordo stipulato nel nome della guerra al terrorismo.

Quando a febbraio, il Parlamento Europeo aveva rifiutato l’accordo tra Washington ed i governi dell’UE per permettere che dati delle transazioni bancarie del blocco fossero consegnate agli USA, i legislatori hanno argomentato che così si violavano i diritti civili fondamentali, cosa che ora è possibile e "legale", grazie a piccolissime modifiche fatte all’accordo iniziale, da parte dei suoi arditi sostenitori. (Presumo che le modifiche siano irrilevanti come quelle apportate alla Costituzione Europea dopo che Francia e Olanda l’avevano rifiutata, attraverso referendum popolari, come sappiamo di quella costituzione è cambiato solo il nome e non la sostanza, ora si chiama Trattato di Lisbona).

SWIFT è una società americana di diritto belga che gestisce l’80% dei versamenti bancari internazionali nel mondo. Il suo compito non è di trasferire il denaro, ma di gestire le informazioni (titolare del conto, beneficiari, somme versate ecc). La società opera in 208 Paesi e i dati sono stoccati in due cervelloni elettronici uno in America e l’altro in Olanda.

Con il pretesto di "monitorare il denaro” dei terroristi, Washington ha adottato ordinanze del tribunale per accedere ai dati Swift.
 
Così, per anni, e in gran segreto le informazioni personali di milioni di cittadini europei ha attraverso l’oceano atlantico a loro insaputa, fino al 2006 quando il New York Times ha denunciato il fattaccio in un articolo.

In pratica non cambia nulla, fin’ora le informazioni passavano in maniera poco pulita, mentre ora sarà tutto legale, ma comunque noi cittadini europei saremo scrutati al microscopio come individui sospetti. Infatti i governi dell’UE nella loro tradizione di sudditanza verso gli USA, hanno fatto in modo che questa operazione continuasse, ma in maniera legale, così lo scorso novembre hanno accettato senza esitazione, un accordo con Washington che desse agli Stati Uniti la copertura legale necessaria.

La cosa interessante come hanno segnalato alcune organizzazioni per i diritti umani, è che l’attuale legislazione sulla privacy, attualmente in vigore negli Usa, protegge dall’uso illegale dei dati, solo i cittadini statunitensi e residenti nel paese, ma non gli stranieri di tutto il mondo controllati da Washington.

L’amministrazione di Barack Obama in apparenza si è interessata alle preoccupazioni dei legislatori che hanno sostenuto il rifiuto dell’accordo a febbraio, ma nella sostanza non è cambiato molto perché “I punti fondamentali rifiutati dal Parlamento la prima volta sono ancora presenti nel testo” secondo le segnalazioni dell’organizzazione European Digital Rights le importanti mancanze dell’accordo non sono state risanate.

La quantità di informazioni detenute da Swift, c/c e nomi dei suoi intestatari, ecc., rimane la stessa di prima, e a questo punto sembra che il Parlamento Europeo, non abbia rifiutato un bel niente a febbraio, ma abbia solo cercato (e trovato) il modo per rendere legale quest’ingerenza nella vita privata di tutti gli europei. L’unica novità dell’accordo sarà la presenza di un funzionario europeo a Washington che controllerà l’attuazione della nuova (ma non tanto) procedura.
 
Non c’è nessuna garanzia che l’informazione sui dati personali non sia conservata anche dopo aver verificato che questa non serva per l’indagine.

Le condizioni fissate nell’accordo, sia riguardo al trasferimento massivo dei dati sia riguardo alla loro ulteriore trasmissione, non soddisfano le garanzie necessarie in base al diritto Ue, fra cui il rispetto del principio di finalità e l’obbligo di una conservazione limitata nel tempo (fino a cinque anni).
 
In teoria, il funzionario dell’UE inviato a Washington potrebbe bloccare il trasferimento di informazioni nel caso appuri che si sta abusando di essa, ma questo alla luce del fatto che nulla è cambiato veramente e che tutte le informazioni personali dei cittadini europei continuano ad essere inviate agli USA, sembra più uno specchietto per le allodole.

Di fatto l’accordo è illegale perché viola il diritto alla privacy, sancito dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che tutti gli Stati membri dovrebbero rispettare, ma ora ci sono nuove "costituzioni" e nuovi accordi a cui obbedire.
 
La legislatrice olandese Sophie in’t Veld, esperta (sic!) in libertà civili, ha detto che appoggiava l’accordo rivisto (e non modificato) perché non credeva che fosse possibile ottenerne uno migliore.
 
E così cade ogni frontiera europea, la logica del "meno peggio" a cui siamo stati addomesticati nel nostro bel paese è anche quella dell’Unione Europea che siamo costretti a subire.
Alba Canelli

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