Caso Shalabayeva: Emma Bonino, che lezione!

par Fabio Della Pergola
sabato 28 dicembre 2013

Alma Shalabayeva e la figlia possono tornare in Italia.

“Dietro questo colpo di scena c’è il lavoro della diplomazia italiana che in questi mesi ha cercato di riparare il danno fatto a primavera con la “deportazione” della donna. Ed è stato proprio al ministro degli Esteri italiano, Emma Bonino, che la Shalabayeva ha telefonato la vigilia di Natale per rivolgere all’Italia «grandissimi ringraziamenti per l’incisiva assistenza fornita da Roma per farle riacquistare la libertà di movimento». E ieri la Bonino, in un’intervista al Tg de La7 ha detto: ‘Questo caso mi è bruciato, perché non c’entravo nulla. La legge italiana - ha aggiunto - per giusta o sbagliata che sia, affida il controllo del territorio al ministro dell’Interno: punto. La Farnesina viene richiesta solo se si tratta di diplomatici accreditati’”, scriveva ieri La Repubblica.

Ma, ciononostante, i petulanti "saggi" di casa nostra, gli insopportabili soloni dell’intransigenza e del politicamente (a loro dire) corretto che impestano la politica e il giornalismo italiano, sono tornati alla carica.

Non si sono accontentati di aver promosso il boicottaggio latente o esplicito dei referendum radicali che avrebbero permesso quantomeno l’apertura di un dibattito aperto, pubblico e stimolante su temi come il reato di clandestinità o l’ottusamente repressiva legge antidroga; entrambe promosse dalla destra e responsabili dell’ignobile sovraffollamento delle carceri italiane in cui si vive come nelle baraccopoli del terzo mondo (il che ci costerà dei bei soldi in sanzioni europee).

No, non contenti del loro boicottaggio, grazie al quale tutto è rimasto come la destra razzista e ultraconservatrice ha voluto, rispolverano le trite accuse al ministro Bonino per l’inverosimile vicenda Shalabayeva, in cui è assodato che tra Bonino e Alfano la differenza di responsabilità, di consapevolezza e di gestione era a dir poco abissale.

Eppure, nonostante le due figure fossero agli antipodi, per storia personale, curriculum politico, interessi e passionalità, per settimane ci sono stati stormi di avvoltoi che gracchiavano in continuazione “tutti uguali, tutti uguali” . Incapaci di capire o interessati a tutto fuorché alla questione della donna kazaka ?

Ma, come si sa, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. O peggior tonto di chi non vuol capire.

Così per mesi hanno messo bellamente, e astiosamente, sullo stesso piano il responsabile degli Interni - e responsabile delle forze che materialmente hanno agito in violazione di ogni e qualsiasi legge scritta e non scritta di questo continente (non solo di questo paese) - e quello degli Esteri a cui non veniva detto né comunicato un emerito piffero di quanto tramavano i diplomatici kazaki nelle segrete stanze del Viminale e della Questura, in combutta proprio con i più vicini funzionari del ministro Alfano e agendo come fossero a casa propria.

Finita la farsa e letta la piccata dichiarazione di Emma Bonino, che da subito distinse le sue responsabilità da quelle di Alfano, non appena scoperchiata la pentola mefitica del caso, ecco che i soloni dell’intransigenza sopra ogni cosa, anche della vita della Shalabayeva di cui si dichiarano difensori ex abrupto, tornano a dare la loro lezioncina perché Bonino non si alzò sdegnata e sdegnata non sbattè la porta voltando le spalle al perfido Alfano, all’infido Letta, dimostrando così di non essere “uguale”; come se una vita intera a combattere per i diritti umani e civili in ogni parte del mondo non fosse sufficiente e dovessere essere ancora necessario dimostrare proprio ai soloni di casa nostra - cui inspiegabilmente si dovrebbe rendere conto, ma non si sa proprio perché - la propria validità umana e personale.

Avrebbe dovuto dimostrare la propria diversità sbattendo la porta del governo di cui fa parte, ma ovviamente così avrebbe sbattuto la porta in faccia anche - guarda caso - all’innocente Shalabayeva e, peggio che mai, all’anima candida di sua figlia.

Ma bisogna ancora evidenziare, per i soloni da bar sport, che lei è uguale a tutti nella colpevolezza, anche a storia finita nel migliore dei modi.

Quello che importa sottolineare è invece che il ministro Bonino abbia messo sopra ogni cosa e sopra anche ad ogni sua personale esigenza di distinguere la propria dall’altrui immagine pubblica, che sono e restano incomparabili, l’esigenza di operare per la vita e la libertà di Alma Shalabayeva.

E che abbia tenuto presente in ogni momento la necessità inderogabile di riscattare il nostro paese dall’ignobile figuraccia mondiale causata dagli interessi non dichiarabili di non si sa chi (eufemismo) con la cricca al governo in Kazakistan.

Non ha alcuna importanza, per i soloni da salotto, che Emma Bonino si sia dedicata a lavorare sottilmente, carsicamente, con movimenti cauti e attenti, a passi felpati e con pazienza certosina per mantenere stretti i rapporti con il regime anziché sbattere fuori a calci nel sedere l’arrogante ambasciatore intrallazzatore (che il Presidente della Repubblica, su suggerimento dell’ acclarato evasore fiscale, Silvio Berlusconi, ha insignito di un’alta onoreficienza al merito di non si sa cosa, ma su questo tutti zitti).

Tenere stretti rapporti con il regime era il solo modo - ci arriverebbe anche una rana decerebrata - per ottenere l’unica cosa che, in tutta questa vicenda conta davvero: la sicurezza fisica, la ritrovata libertà di movimento e il rispetto dei diritti civili di Alama Shalabayeva e di sua figlia.

Abbiamo visto come opera un Ministro degli Affari Esteri con i controfiocchi che, in silenzio, per settimane, senza reagire alla marea montante di insulti, scherno, provocazioni e rimbrotti (qualcuno anche mio, molto accorato ma comunque ingiusto) è riuscita a mettere una pezza - dal punto di vista dei diritti umani, ché di più non poteva - alla terrificante protervia della coppia Alfano-ambasciatore kazako. Fino a riportare a Roma la donna deportata a forza con la figlia nella tana del loro lupo.

Ma Emma Bonino avrebbe dovuto andarsene, dicono i soloni, per dimostrare di non essere complice con il governo di cui è ministro. Abbandonando Alma Shalabayeva e sua figlia al loro destino (ma su questo piccolo particolare i saccentoni di casa nostra preferiscono sorvolare).

L’unica cosa che importa a questi mestatori di professione è infangare l’unica persona, di questa compagine governativa, che per la sua storia personale sta sopra, molto sopra, ad ogni schizzo di fango. Da qualunque parte provenga.

Emma Bonino ha dato a tutti gli animali del cortile politico italiano - gli avvoltoi, gli squali, i grilli parlanti, le scimmie urlanti, i pappagalli e soprattutto ai serpenti - una lezione indimenticabile di altissima capacità personale nell'ambito della politica estera italiana già messa a dura prova sia dal caso in questione che da quell'altra intricata vicenda dei marò che un precedente ministro voleva tenersi a casa in barba al diritto internazionale e alla parola data dalle nostre più alte istituzioni; roba da furbetti del quartierino.

Quella di Bonino è una lezione esemplare di come si perseguono - davvero, non a chiacchere da bar o a urla da stadio - i diritti civili e umani, ovunque nel mondo.

Ma qui siamo al bianco e nero. Al ballo degli opposti, proprio quando tanti, troppi hanno gracidato al ‘tutti uguali, tutti a casa’ adeguandosi alla vulgata più recente.

Questa è stata una lezione impareggiabile di come si gestisce una crisi internazionale. Peccato che non si possa vedere anche come Emma Bonino sarebbe capace di governare. Troppi cialtroni - della prima, seconda e terza repubblica - le impediscono di farlo, ma non è un caso che tutti i sondaggi in occasione dela elezione del Presidente della Repubblica, la vedevano sempre ai primi posti nelle preferenze popolari.

Mentre i soloni di casa nostra blaterano le loro fanfaluche, lei lavora per i diritti umani mettendo a rischio anche la propria inattaccabile immagine pubblica pur di poterlo fare.

Non è differenza da poco.

 

Foto: Eu University/Flickr


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