Caso Salsi: Grillo e la Democrazia sono inconciliabili?

par Fabio Della Pergola
mercoledì 7 novembre 2012

Dalla "democrazia diretta" alla negazione della democrazia reale, il cammino del Movimento Cinque Stelle sembra un curioso zig zag tra concetti diventati sempre più astratti.

Dopo il caso Tavolazzi, il politico ostracizzato da Grillo in persona e deposto dalla carica di direttore generale del Comune di Parma prima ancora di arrivarci, dopo il caso Boriani e dopo il caso Favia che, senza peli sulla lingua affermò in un fuori onda ormai famoso che nel Movimento non c’era democrazia e che Casaleggio “prendeva tutti per il culo” (le virgolette stanno a significare che sono parole testuali del consigliere regionale del M5S) ebbene dopo questi casi già di per sé significativi, da qualche giorno è scoppiato anche l’affaire Salsi.

La bella consigliera comunale di Bologna, rea di aver partecipato ad una puntata di Ballarò, è stata scomunicata da Grillo e per questo tenuta - fisicamente - a distanza dai suoi colleghi, Massimo Bugani e Marco Piazza, come se fosse un’appestata. E lei, giustamente si è ribellata: stiamo diventando una setta “come Scientology”. Ma il divieto alle apparizione televisive rimane e viene ampiamente giustificato dagli aderenti e simpatizzanti al movimento.

La cosa, in sé, sarebbe anche legittima; uno va in televisione se si verifica uno dei seguenti casi: primo, se lo invitano e, secondo, se ne ha voglia. Sennò non ci va. E questa è esattamente la giustificazione data dal M5S. Il rifiuto alla presenza in televisione è una regola del Movimento e non può essere infranta, pena l’isolamento o addirittura l’allontanamento.

Con questa nuova regola (mi sembrava che Grillo si fosse lamentato in passato per l’ostracismo subìto dalla TV di Stato, ma forse mi confondo con qualcun altro) ci troviamo (tutti noi) davanti ad un problema serio che mi pare sottovalutato anche se qualcuno in realtà l’ha già sollevato. E’ un problema di democrazia.

Democrazia interna al Movimento prima di tutto: quando mai ad un individuo non si riconosce quel minimo di libertà di pensiero, parola e movimento che qualsiasi organizzazione democratica deve riconoscere a chiunque per essere tale? Quando mai un individuo, appassionatamente sceso in politica, non ha quel diritto minimo di andare ad esprimere il proprio pensiero e le proprie convinzioni laddove gli sembra più opportuno andare?

Chiunque, ovviamente, riconoscerebbe questa minima libertà di movimento, tranne che nei partiti a struttura totalitaria e nelle sette religiose dove infrangere la regola è peccato e, quindi, reato; dopodiché scatta il Tribunale dell'Inquisizione. Non a caso la Salsi parla di Scientology.

Ma, fino a qui, sarebbe un problema relativo, perché quando un Movimento politico non si presenta a nessuna delle numerose tornate elettorali, tutti i problemi di democrazia restano interni. E, all’esterno, uno potrebbe liberamente pensare “beh, a me che me ne importa di quello che succede lì dentro?” Così è, ad esempio, per certi vecchi partitini dell’ultrasinistra. Se al loro interno vige il più rigido stalinismo, sinceramente, chi se ne frega ? E se in una setta religiosa tutti seguono senza fiatare il santone di turno a chi importa se non vengono violate le norme del codice penale?

La cosa invece non finisce qui perché la questione investe una platea ben più ampia che non gli aderenti stessi al Movimento. E cambia nel momento in cui quel Movimento o quel Partito o quella congrega, uscendo dal proprio guscio, si presenta alle elezioni e chiede il voto degli elettori, proponendosi come il loro rappresentante nelle varie assemblee legislative o amministrative.

In questo caso il loro diritto a farsi vedere o a non farsi vedere in televisione si rovescia nella negazione del diritto dei cittadini ad una informazione il più completa possibile su tutto ciò che viene proposto e su chiunque si proponga come rappresentante politico del corpo elettorale.

Il diritto non è più del militante del Movimento, ma passa ipso facto nelle mani dell’elettore; cioè del cittadino che può pretendere di assistere - sui media più diffusi e di più facile accesso - ad un dibattito, ad un confronto fra esponenti diversi, con tanto di contraddittorio e di domande, anche scomode, e di vicendevoli risposte, anche taglienti.

Se non piace una certa trasmissione, com’è lecito che sia, si dica allora che tipo di trasmissione può essere accettata (magari una sullo stile delle vecchie “tribune elettorali” ?) non proibendo l’accesso a qualunque dibattito televisivo.

Il rifiuto del contraddittorio, tipico di Berlusconi dopo le secche batoste televisive subìte da Prodi, a favore del “comizio” senza controcanto sempre e ovunque, si configura banalmente come uno degli aspetti, e forse non il più insignificante, di negazione dell’informazione necessaria alla vita di un sistema democratico.

La scomunica della Salsi, quindi, conferma esattamente quello che si era intuito con il caso Tavolazzi e con le accuse esplicite di Favia. Nato come proposta di democrazia diretta via web, queste ultime uscite del comico genovese invece sembrano dare al Movimento, paradossalmente, una marcata caratterizzazione di negazione del concetto stesso di democrazia. Che avrebbe un bel bisogno di essere rinfrescato e migliorato, sia chiaro, ma certo non mandato al macero.

Non vorrei che un domani, con un centinaio di deputati grillini in Parlamento, i divieti fioccassero in nome di una “democrazia diretta” sempre meno evidente e sempre più manifestamente patrimonio di un “cerchio magico” latente, incontrollabile e intoccabile.

La violentissima espressione di Paolo Flores d’Arcais di qualche giorno fa “voto Grillo per mandare tutto in frantumi”, per quanto razionalmente motivata, propone uno sfascio che lascia sbigottiti tanta è la distanza da una qualsiasi proposta di trasformazione dell’esistente (che è, senza nasconderselo, un gran bel casino).

Ma tra trasformare e mandare in frantumi c’è la stessa differenza che c’è tra salvare il bambino-democrazia dalle acque limacciose in cui è finito e buttarlo via invece insieme a quella stessa sozzura, aprendo la strada ad avventure pericolose dall'esito non scontato. La “democrazia diretta via web” sembrava (a parole) la ciambella di salvataggio del bambino-democrazia, ma nei fatti ha tutta l’aria di essere il suo de profundis.

Se mi sbaglio qualcuno vada in televisione (non pretenda che mi metta a leggere le infinite chiacchiere del blog o che mi sciroppi ore di comizi grilleschi, a volte divertenti ma anche tanto logorroici) e cerchi di convincermi del contrario (lasciando però il diritto di fare domande, prego).

Se non si è in grado di sostenere un contraddittorio come si può realisticamente pensare di governare una nazione ?

 


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