Caso Cucchi: ancora una volta, la legge non è uguale per tutti

par Armando Giubilei
martedì 8 maggio 2012

L'ennesima conferma che in Italia la giustizia funziona male, anzi a comando, è arrivata il 4 maggio con l'assoluzione del funzionario del Prap, condannato in primo grado a due anni di detenzione lo scorso 25 gennaio per la morte di Stefano Cucchi e oggi assolto perché "il fatto non sussiste".

Abbandono di incapace, falso, abuso d'ufficio, favoreggiamento, omissione di referto e di atti d'ufficio e lesioni. Queste le accuse che pendevano e pendono tuttora, visto che il processo ordinario è ancora in corso, sulle teste dei 12 imputati, compreso il suddetto funzionario, reo di aver concorso alla falsa rappresentazione delle reali condizioni di Stefano per consentire il suo ricovero al Pertini e di aver abusato del suo ufficio aiutando anche gli agenti della penitenziaria a eludere le investigazioni.

Queste accuse che peraltro erano state ampiamente verificate da perizie nel corso di tutto il processo sono crollate inspiegabilmente lasciando, almeno per ora, una famiglia senza giustizia e dando la conferma che le istituzioni possono ciò che vogliono, ma non è una novità.

Purtroppo qui ci ritroviamo a parlare di un qualcosa che in Italia succede spesso, ma di cui si parla sempre troppo poco, quasi che tutti vogliano coprirsi gli occhi, vogliano far finta di niente: stiamo parlando dell'abuso di potere. Stefano purtroppo non è stato il primo e non sarà neanche l'ultimo .

Ricordiamo ora alcuni precedenti storici, prendendo in considerazione i casi Aldovrandi, Sandri e Uva. Per il primo c'è stata, solo nel 2010, una parziale giustizia con il risarcimento di un milione di euro alla famiglia e l'anno dopo con la conferma delle 3 condanne ai vari imputati (8,10 mesi e un anno), un po' poco per un omicidio.

Mentre per il caso di Gabriele Sandri, chiusosi il 14 febbraio, la cassazione si è spinta più in là; 9 anni e 4 mesi di detenzione, ma qui le prove erano schiaccianti. Un agente di polizia che spara ad altezza d'uomo da una carreggiata all'altra dell'autostrada fa veramente troppo rumore.

Rumore che non ha fatto, invece, il caso di Giuseppe Uva, morto in circostanze "fumose" nella caserma di Varese per aritmia cardiaca, causata secondo il pm da farmaci somministratigli dallo psichiatra; dose di farmaci che poi si è rivelata inidonea al decesso. Ricordiamo che in varie testimonianze la sorella di Uva, racconta di aver visto il cadavere del fratello con numerose ossa scomposte e con una perdita di sangue dal retto, ma, non si sa come, nessuno ha chiarito fino ad ora queste circostanze a dir poco disumane.

Citando queste tre storie si arriva a porgersi diverse domande: perché funzionano così male le istituzioni italiane? Perché non ci sono più controlli? Sono domande che altri si sono fatti prima di me ma a cui sono arrivate scarne risposte; e intanto, numerose famiglie attendono giustizia, ma al massimo arriveranno al classico "contentino".

E' evidente, in Italia la legge NON è uguale per tutti.


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