Caso Battisti: dove sta la verità?

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martedì 4 gennaio 2011

Estradizione sì, estradizione no. Perchè questo caso è così controverso? Dove sta la verità?

A sentire il giudizio di coloro che ignorano la storia di Cesare Battisti, ma che giudicano il mostro per sentito dire, s’increspa la pelle. Eppure, viene spontaneo chiedersi, visto l’ennesimo no di Lula all’estradizione che innesca il ricorso di Frattini all’Aja, se dietro tante vicissitudini controverse ci sia dell’altro; se esistano spiegazioni plausibili della difficile scelta del Brasile. Il motivo principale della negazione è l’ipotesi di persecuzioni per le idee politiche di Battisti. Ma c'è dell’altro.

Approfondire le vicende del terrorista rosso più conteso degli ultimi 30 anni è impresa ardua, considerata l’ampia documentazione e fiumi di parole versati dalla stampa italiana ed estera, dallo stesso protagonista/scrittore attraverso i suoi libri, dai molti intellettuali tra cui spiccano Bernard-Henry Lévi, Daniel Pennac, Gabriel Garcìa Màrquez e Fred Vargas. Stigmatizzato dai media italiani come l’emblema degli anni di piombo, l’estremista rosso non sembrerebbe riflettere proprio in toto il ritratto di uno spietato killer politicizzato, ma solo una figura marginale di quei tragici anni settanta. Epoca in cui furono adottate restrittive misure d’emergenza antiterrorismo come gli inasprimenti delle pene, l’introduzione del pentitismo remunerato, le confessioni estorte con la tortura. Sia chiaro, con questo non s’intende assolvere Cesare Battisti, ma soltanto sottolineare ragionevoli dubbi sull’effettiva gravità delle sue colpe, laddove i suoi compagni rei confessi, sono stati da tempo dimenticati; sui fatti che avvolgono la sua rocambolesca vita, farcita di arresti, processi, evasioni e asili politici.

Dunque, chi è Cesare Battisti? Un teppistello comune che, nel 1972 e nel 1974, ancora minorenne, fu arrestato per rapina. Volgari reati che reitera alla maggiore età e per cui finisce in carcere, a Udine, dove avrebbe inizio il suo percorso politico e l’adesione ai PAC, grazie alla conoscenza dell’allora detenuto e poi suo accusatore, Arrigo Cavallina. Arrestato di nuovo su dichiarazioni di alcuni pentiti, nel 1981 Battisti subisce un primo processo.

Evade dal carcere di Frosinone, si rifugia in Francia e si sposa. Scappa ancora per nascondersi in Messico dove inizia a scrivere e pubblicare libri. Durante questo periodo di latitanza, in Italia sarà processato in contumacia e condannato all’ergastolo per i seguenti omicidi, avvenuti tra il 1978 e il 1979: Antonio Santoro, maresciallo della Polizia penitenziaria. Lino Sabbadin, macellaio. Pierluigi Torregiani, gioielliere. Andrea Campagna, agente della DIGOS. Torna a Parigi, ma quando il governo francese decide di accogliere la richiesta di estradizione si dilegua nuovamente. Catturato in Brasile nel 2007, dov’è tuttora detenuto, otterrà infine asilo politico.

Secondo diversi sostenitori, il processo a suo carico andrebbe ripetuto perché non esisterebbero prove certe della sua colpevolezza, ma solo dichiarazioni di suoi ex compagni pentiti. Cesare Battisti, che si professa innocente, non è stato infatti condannato come esecutore materiale del delitto Torregiani, bensì come organizzatore dell’agguato. Il figlio del gioielliere, fu ferito per errore da un proiettile sparato dal padre, non dal terrorista rosso. Per il delitto Sabbatin, Battisti fu accusato dal pentito Pietro Mutti, ma in un secondo tempo il militante dei PAC, Diego Giacomin, confessò di essere stato lui a eliminare il macellaio. Per l’omicidio Santoro, è sempre Mutti ad accusare Battisti, ma in seguito quest’ultimo è costretto ad ammettere di essere l’assassino del maresciallo. Campagna, invece, ha un assassino reo confesso: Giuseppe Memeo. Tuttavia, sempre secondo il super pentito, Battisti avrebbe agito insieme a Memeo. Dunque, ergastolo per Battisti, agli altri pene di vario grado, mentre Pietro Mutti, per sua stessa ammissione fondatore del PAC, sconta otto anni di carcere e vive libero da un pezzo.

Ma a sentire l’opinione pubblica è sempre e solo il terrorista fuggiasco, colpevole di questi crimini. Il feroce capo banda armata che deve saldare il conto con la giustizia italiana. Leggendo qui e qui vi sarà forse più chiaro capire la motivazioni del Ministro della Giustizia brasiliana Tarso Genro e l’iter giudiziario non del tutto trasparente, riassumibile in questi 3 punti: il ricorso alla tortura per estorcere confessioni in fase istruttoria, l’uso di testimoni minorenni o con turbe mentali, la moltiplicazione dei capi d’accusa in base alle dichiarazioni di un pentito di incerta attendibilità.

Conclusione: dove sta la verità? Forse nel mezzo. Certo è che le notizie spacciate al Tg1 sugli omicidi Torregiani e Sabbadin, compresa l’intervista al figlio del macellaio, riconducono sempre e solo al pistolero Cesare Battisti: il perseguitato politico numero uno, le cui armi ritrovate sembrano non avere mai fatto fuoco, che deve saldare il conto con la giustizia italiana. A vita. E ascoltando i commenti disinfomatissimi di chi segue certi media, come non indignarsi di fronte al pesante e ignorante giudizio veicolato? E’ proprio il caso di ribadirlo: la storia non è sempre quella che ci raccontano.


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