Caro Saviano, su Lega e ‘ndrangheta hai esagerato

par Fabio Chiusi
mercoledì 17 novembre 2010

 

Oggi ho passato la giornata a riflettere e fare ricerche sul possibile collegamento tra Lega Nord e ‘ndrangheta ipotizzato a Vieni via con me da Roberto Saviano. Con parole chiare e durissime: l’organizzazione mafiosa al Nord «interloquisce con la Lega», sostiene l’autore di Gomorra. Che a supporto delle sue parole porta il caso del consigliere regionale leghista della Lombardia Angelo Ciocca, immortalato dai carabinieri il 26 giugno 2009 in compagnia dell’avvocato e presunto boss ‘ndranghetista Pino Neri. A Ciocca, Neri avrebbe chiesto un «favore politico», dice Saviano, senza specificare oltre, ma limitandosi a ricordare che Ciocca per la vicenda non è «né indagato né arrestato». Più nel dettaglio, l’ipotesi è che Neri abbia chiesto a Ciocca i voti della Lega per un candidato alle comunali di Pavia del 2009 gradito alla ‘ndrangheta, l’ingegnere Francesco Rocca Del Prete, in cambio di un appartamento.

Ma, al momento, si tratta di un semplice sospetto. Ciocca ha sempre smentito, sostenendo di aver conosciuto Neri in qualità di semplice avvocato e che un incontro in un luogo affollato come Piazza Petrarca a Pavia alle due del pomeriggio non sia proprio quello adatto a oscuri scambi di favore. Tanto che i magistrati di Milano, come detto, non hanno ritenuto fosse il caso di iscrivere Ciocca nel registro degli indagati. Ciascuno è libero naturalmente di giudicare il fatto, ma ritenere sia sufficiente per giustificare in qualche modo l’affermazione che la ‘ndrangheta «interloquisce con la Lega» mi sembra impossibile.

Dello stesso avviso, del resto, non sono semplicemente i leghisti che, come prevedibile, sono andati su tutte le furie, arrivando, con la consueta moderazione, a ipotizzare che Saviano sia stato autore di una «vergognosa prostituzione intellettuale» e che sia «pronto per il Grande Fratello» (parola del deputato Paolo Grimoldi). A definire «molto azzardato» il binomio Lega-’ndrangheta è stato anche l’attore e consigliere regionale Idv Giulio Cavalli, che ho sentito oggi. Cavalli sa bene che cosa significhi esporsi in prima persona, dato che è costretto, come Saviano, a vivere sotto scorta per le sue denunce. E poi, si chiede Cavalli, perché Saviano ha parlato dei rapporti, allo stato attuale del tutto ipotetici, tra la Lega e la mafia e non quelli, più saldi, che hanno investito gli altri partiti, in particolare il Pdl lombardo? «Se io avessi avuto 7 milioni di spettatori avrei parlato di chi siede in consiglio regionale con i voti di mafia, non di Ciocca», mi dice Cavalli, non senza ragione.

Nemmeno l’autore del volume ‘Ndrangheta Padana (ne avevo già parlato qui), Enzo Ciconte, pur molto critico verso la Lega Nord, sottoscrive l’ipotesi di Saviano. Senza escluderla, certo, ma aggiungendo che al momento non vi siano elementi a supporto. La questione, mi confessa al telefono, è un’altra, di tipo politico prima che giudiziario. Che cosa ha fatto la Lega per impedire che la ‘ndrangheta negli ultimi 15 anni si infiltrasse nella sanità, nella grande distribuzione commerciale e agroalimentare, nel turismo, nell’edilizia? Perché i leghisti hanno dato la priorità assoluta alla lotta all’immigrazione clandestina e messo in secondo piano quella agli ‘ndranghetisti? Perché dopo i 300 arresti del luglio scorso Maroni non ha disposto, si chiede Ciconte, la Commissione d’accesso per verificare se vi fossero condizionamenti mafiosi nelle amministrazioni lombarde? Temeva di scoprire amicizie sgradite? «Certo», risponde Ciconte, docente di Storia della criminalità organizzata all’Università di Roma Tre ed ex consulente della commissione parlamentare, Antimafia, «e per quale altro motivo?». L’accusa dunque è semmai di un certo lassismo accompagnato dalla «propaganda» maroniana. Ma è una ipotesi ben diversa da quella che vorrebbe un coinvolgimento attivo del partito per favorire la ‘ndrangheta.

La questione dunque è delicata, soprattutto quando si hanno di fronte diciotto milioni di occhi. E un conto è imputare alla Lega, come fanno Ciconte e Cavalli, la colpa di aver diffuso una ideologia che relega la mafia al di fuori del Nord puro e incorruttibile, della Padania i cui imprenditori, tuttavia, ora preferiscono in certi casi alzare la cornetta per comporre il numero del mafioso piuttosto che del rappresentante dello Stato. Un altro è affermare che la ‘ndrangheta «interloquisce con la Lega» senza peraltro ricordare che la stragrande maggioranza delle amministrazioni leghiste non ha niente a che vedere con il fenomeno mafioso e dimenticando al contempo le responsabilità, in certi casi più evidenti, delle altre parti politiche.

Duole dirlo, dunque, ma temo che Saviano, a cui va comunque riconosciuto il merito di aver portato i riflettori sulla terribile piaga della ‘ndrangheta al Nord, per quanto riguarda la Lega abbia fatto il passo più lungo della gamba.


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