Caritas: in Italia 7 stranieri su 10 vivono in condizioni di disagio

par marco rota
mercoledì 22 febbraio 2012

In Italia sette stranieri su dieci vivono in condizioni di forte disagio, cosa che ha conseguenze profonde sul loro benessere sociale e psichico. Il 10% degli stranieri soffre inoltre di disturbi psicologici evidenti. E’ quanto emerso in occasione del convegno “Salute della popolazione migrante”, promosso dalla rete ‘Italian National Focal Point’ dell’Istituto superiore di sanità (Iss).

I dati sono il risultato di una ricerca condotta su un campione di 391 migranti visitati dal servizio di medicina generale del poliambulatorio della Caritas di Roma per persone che si trovano in condizioni di fragilità sociale. Il 73,65% degli immigrati non inseriti e dei richiedenti asilo politico manifesterebbe delle gravi difficoltà a vivere nel nostro Paese, e il 10% avrebbe accusato un disturbo post-traumatico da stress (PTSD). Il rischio di accusare un tale sintomo inoltre, aumenta di 1,19 volte per ogni difficoltà post-migratoria in più.

Il disturbo post-traumatico da stress, spiega il dott. Massimiliano Aragona, psichiatra del progetto Caritas Ferite Invisibili, "porta l'individuo a vivere in uno stato emotivo di forte allarme, con pensieri intrusivi e ricorrenti delle esperienze traumatiche vissute, difficoltà a concentrarsi, insonnia, incubi, tendenza a isolarsi per paura di subire nuove violenze, dolori e altri sintomi somatici su base psicologica".

La tendenza a vivere in preda a pensieri ricorrenti delle esperienze dolorose passate, ad esempio violenze o maltrattamenti, pone dunque l’individuo che soffre di tali disturbi ad isolarsi dal contesto sociale più ampio, e ad avere grandi fatiche nella vita quotidiana. Non riuscendo a concentrarsi, può riscontrare delle difficoltà nell’apprendimento, con profondi ostacoli nello studio e nel lavoro. Ne risultano seriamente compromesse le normali funzioni e attività di tutti i giorni. Il rifugiato che soffre di disturbo post-traumatico da stress potrebbe essere così spaventato, ad esempio, da non andare in questura per presentare i documenti necessari al riconoscimento del suo status, dato che la vista di una guardia potrebbe ricordargli le violenze subite in patria da uomini in divisa.

E’ dunque facilmente intuibile come queste persone attraversino delle incredibili crisi e non riescano agilmente ad inserirsi nel tessuto sociale. Inoltre, se si aggiungono ai disturbi psicologici altre avversità come la discriminazione e il razzismo, presenti nel contesto sociale italiano, ci si accorge di come la vita per i rifugiati e per i migranti non inseriti, diventi, nel nostro Paese, del tutto impossibile. Invece di prendersi cura di personalità fragili e vulnerabili, si preferisce, in Italia, sottoporle ad ulteriori umiliazioni, dovute al colore della loro pelle o a tratti somatici evidenti. Così, persone sofferenti vengono accantonate e abbandonate a loro stessea causa di motivazioni del tutto prive di fondamento.


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