Capitalismo malato e riarmo quale nuovo motore economico

par Angelo Lo Verme
lunedì 7 luglio 2025

Tutti stiamo assistendo alla decadenza culturale, sociale, politica ed economica che sta caratterizzando questo primo quarto di secolo, senza che si scorga all'orizzonte una qualche reale ed efficace opposizione o idea valida per frenare e magari invertire questa pericolosa tendenza.

 In sostanza, il messaggio che vorrei lasciare attecchire attraverso la lettura di questo mio articolo e di altri miei scritti è quello che ogni cittadino deve essere o diventare un ossevatore attento e critico della nostra attualità. Ogni cittadino attivo del mondo non deve informarsi soltanto sui media ufficiali che in quanto tali solitamente rispecchiano la visione e la verità dei governi e dei vari poteri al potere, vera, presunta o addiritura manipolata secondo fini contrari ai nostri interessi, bensì deve considerare altre fonti e altre verità, per confrontarle con le altre per arrivare a capire quale sia quella più veritiera e quindi chi votare la prossima volta senza sbagliare.

 Una volta che questa fondamentale operazione verità viene eseguita bene dalla maggioranza degli elettori, la forza che si potrà ricavare da questa nuova inedita unione, da questa comunità d'intenti, sarà sufficiente per sbaragliare i vecchi centri di potere i cui intenti sono invece soltanti quelli della loro ristretta cerchia composta, appunto, da spietati oligarchi i cui loro rappresentanti politici, ingannevolmente, vi hanno convinto a votare facendovi credere con artifizi vari che tale voto andava unicamente a vostro favore. Sappiate che vi avevano, vi hanno e continueranno sempre a mentirvi! Per evitare ciò, informatevi meglio, non credete alle prima panzane che vi presentano come vero e inconfutabile.

Capitalismo malato e riarmo quale nuovo motore economico

Penso che gli attuali avvenimenti mondiali ci autorizzino ampiamente a sostenere che noi, in quanto comuni cittadini e sempre più lavoratori poveri o poveri senza lavoro, siamo davvero messi male e lo saremo sempre di più se continuiamo ad affidare politicamente ed economicamente le nostre sorti a queste teste non pensanti e recitanti copioni redatti dai padroni del mondo di cui dirò più avanti. Intanto dobbiamo sapere che presto arriveremo a toccare il fondo di quest’abisso lentamente prodottosi negli ultimi trent’anni sotto i nostri piedi, senza incontrare fra l’altro forti resistenze, proprio perché vi stiamo precipitando con la sciocca convinzione di stare volando o planando verso lidi dorati. Vi chiederete: “Come può essere stato possibile che tutti, per così tanto tempo, potessimo scambiare la caduta libera con il volo o con la planata?” Sì, è possibile quando gli artefici d’un progetto a lungo termine mostrano con il loro volto più mite soltanto i risvolti positivi più immediati del loro più o meno segreto disegno, tacendo più o meno subdolamente e più o meno consapevolmente le sue possibili conseguenze negative. Magari, a causa di una pur sempre colpevole faciloneria, nemmeno le sospettavano tali possibili conseguenze negative e semplicemente gli sarebbe bastato continuare a dominare da padroni per fare profitti; o, se le predette conseguenze le avevano previste, le hanno taciute per non dovere mostrare anche i volti e i risvolti più deleteri del loro progetto a lungo termine nei confronti del popolo consumatore e bue. Oggetto essenziale e funzionale, quest’ultimo, alle mire capitalistiche prevalentemente moltiplicative del loro stesso capitale (cominciate a riconoscere tali artefici?). Questo subdolo e nel contempo sprovveduto artefice è definito “il mostro mite” dall’Autore del breve ma illuminante saggio che porta questa stessa locuzione come titolo: lo scrittore e filosofo Raffaele Simone, docente e ricercatore universitario di Linguistica generale. Per comprendere meglio i nostri tempi, se ne consiglia la lettura. Purtroppo, infatti, non comprendemmo anzitempo la scelleratezza dei piani di dominio mondiale finalizzato alla moltiplicazione del capitale dei suddetti artefici, perché ci facemmo facilmente ingannare appunto dalla mitezza del loro volto mentre ci mostravano fin dagli anni Settanta e Ottanta la presunta bontà d’un capitalismo globale accessibile a tutti e attraverso cui potenzialmente ciascuno di noi, con impegno e costanza, poteva raggiungere le vette del successo economico e sociale al pari degli altri ricchi. Ispirato dalle teorie economiche iperliberiste della cosiddetta “Scuola di Chicago”, i cui maggiori esponenti furono i Premi Nobel Milton Friedman e George Stigler, questo capitalismo aggressivo nei confronti degli interventi dello Stato fu sperimentato per primo nel Cile del dittatore Pinochet dai rampanti “Chicago boys”, appunto giovani economisti cileni formatisi nella suddetta scuola. Negli anni Ottanta poi furono applicate negli USA e nel Regno Unito rispettivamente dal Presidente Ronald Reagan e dal Primo Ministro Margaret Thatcher. Purtroppo però la metafora economica iperliberista “dell’effetto goccia” (“trickle-down effect” in inglese), l’immagine cioè del contenitore che tracima la copiosa ricchezza ivi versata dai più “capaci” (o dai più furbi) e di come essa poi, in maniera del tutto fisiologica e quasi miracolosa, venisse redistribuita equamente ai meno capaci (o meno furbi), si è rivelata del tutto fallace. L’immaginario contenitore di ricchezza non tracimerà mai perché prima che questo possa accadere, i predetti capaci o, meglio, rapaci, la investiranno in tantissimi altri affari redditizi solo per loro, magari speculando selvaggiamente sui mercati finanziari globali. L’attuale estrema disuguaglianza sociale mondiale dimostra in pieno tutto il fisiologico egoismo insito nell’uomo; sicuramente molto più fisiologico del presunto altruismo che invece sarebbe dovuto essere indispensabile per realizzare la suddetta e ormai chimerica redistribuzione della ricchezza e del benessere per tutti. Siamo seri! Conosciamo benissimo la vera natura dell’uomo! Sì, c’è stata una sorta di riedizione della “Belle époque” francese, più socialmente estesa ma durata giusto i tre decenni del boom economico seguiti alla Seconda Guerra Mondiale grazie agli effetti positivi del “Piano Marshall” in Europa. Anche la suddetta prima “Belle époque”, quella europea appunto ma con una forte centralità francese e principalmente della città di Parigi e che riguardò però solo le classi più elevate, ebbe vita breve, giusto poco più d’un quarantennio, a partire dai primi anni Settanta dell’Ottocento fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Sembra che il benessere sociale non possa mai essere perpetuo a causa di una sorta di misteriosa maledizione ciclica, che comunque dipende pur sempre dalla “strana” natura egoistica dell’uomo: ce lo può confermare ampiamente la storia. “Strana” perché non esiste in natura un egotismo tanto feroce e sistematico rivolto nei confronti dei membri della stessa propria specie. Solo l’uomo ne è capace, forse proprio perché è un essere dotato di intelligenza superiore, che però ha messo quasi sempre al servizio delle sue pulsioni pervertite da una società gravemente malata di cattiveria e sopraffazione, le quali si perpetuano in circolo vizioso senza che nessun sistema, ad oggi, sia mai riuscito ad interrompere e a invertire in favore del bene. Nemmeno le religioni a dire il vero ci riescono, le quali piuttosto continuano a contribuire da protagonisti eccellenti al predetto circolo vizioso, essendovi beatamente dentro. Cosicché, in siffatto mondo degli uomini intelligenti ma istintivamente malvagi, dopo le distruzioni che provocano, dapprima può arrivare un certo progresso sociale grazie a un momentaneo sussulto virtuoso dei “vincitori”, che inizialmente può riguardare sia tutta la società che solamente la parte più privilegiata di essa. Poi il sussulto virtuoso inizia a scemare più o meno gradualmente e infine sopravviene, inesorabile, la ricaduta nel caos e la nuova distruzione “purificatrice” del vecchio sistema attraverso la guerra, per fare spazio al nuovo che verrà e così via nei secoli, com’è accaduto fin dalla notte dei tempi! Ad ogni modo, tornando al presente, riporto qui di seguito alcune cifre tratte da un recente rapporto di “Oxfam International” pubblicato nel gennaio 2025, da cui si può dedurre che, a mio parere, ci troviamo già nella fase del caos che precede la cosiddetta guerra purificatrice: 1) La globalizzazione ha raddoppiato la forza lavoro globale, passando da 1,46 a 2,93 miliardi di lavoratori, aumentando la competizione nel settore del lavoro a basso costo. 2) Nei paesi OCSE, il 40% dei figli di lavoratori manuali seguono le orme dei genitori, evidenziando una scarsa mobilità sociale. 3) La classe media nei paesi OCSE vede la crescita del salario medio resa vana dalla crescita dei costi di beni e servizi. 4) La formazione è fondamentale per ridurre le disuguaglianze all’interno della classe media. 5) Il numero di NEET (giovani non occupati e non in formazione) nei paesi OCSE è aumentato del 12% a causa della pandemia. 6) La disoccupazione giovanile ha avuto un’impennata, producendo un “effetto cicatrice” sulla carriera futura e sui guadagni. 7) La ricchezza dei miliardari nel mondo è cresciuta di 2 mila miliardi di dollari nel 2024, con un ritmo di crescita tre volte superiore rispetto all’anno precedente. 8) In Italia, la situazione non è diversa, con il 10% più ricco delle famiglie che possiede oltre 8 volte la ricchezza della metà più povera. 9) I dati ISTAT del 2024 rivelano inoltre che circa 13,5 milioni di italiani sono a rischio povertà o esclusione sociale, cifra che equivale al 22,5 % degli italiani, con un incremento significativo rispetto agli anni precedenti; mentre il Mezzogiorno italiano ha una percentuale di cittadini a rischio povertà o esclusione sociale del 39,2%; nel Nord-Est invece questa cifra si attesta all’11,2%, quando la ricchezza di soli 71 miliardari italiani ammonta a 272,5 miliardi di euro, con un aumento di 61,1 miliardi di euro nel 2024. 10) Il 10,3% degli occupati tra i 18 e i 64 anni è a rischio povertà, dato allarmante che evidenzia come l’avere un impiego non garantisce più una condizione economica sufficiente per evitare la povertà. Recentemente il nostro Paolo Gentiloni ha dichiarato che con Trump è finita la “Belle époque” in Europa. A nostro parere era già finita da tempo, già agli inizi degli anni Novanta, e non solo in Europa. Semmai Donald Trump e i suoi amici plutocrati e aspiranti autocrati come lui o già di fatto autocrati, stanno portando a termine in maniera del tutto naturale un processo socio-politico-economico iniziato, o più o meno predisposto, appunto circa trent’anni fa. Il mostro mite di oggi non è più paragonabile al Leviatano del filosofo inglese Thomas Hobbes, il quale era il simbolo del potere assoluto dello Stato che era costretto a governare in modo dispotico per garantire l’ordine sociale. Infatti, Hobbes riteneva che quest’ordine fosse continuamente messo a rischio dai sudditi a causa del loro vivere essenzialmente nello stato di natura istintivo, il quale li spingeva a seguire solo le loro pulsioni più egoistiche e quindi a combattersi reciprocamente in quanto competitori nella lotta per la sopravvivenza. Tutto ciò, sempre secondo il sopra citato filosofo inglese, era responsabile del costante caos sociale e delle tante guerre civili, quindi da prevenire attraverso l’oppressione. Il mostro mite odierno è invece l’opposto dello Stato. Esso oggi può benissimo andare a rappresentare l’attuale plutocrazia mondiale arrembante, inumana e sempre più ricca e più potente, capacissima di influenzare a proprio vantaggio tutte le scelte politiche ed economiche mondiali della gran parte dei politici del mondo, che già da molto tempo hanno svenduto la loro spina dorsale a questi effettivi nuovi padroni del pianeta: ed ecco “rivelato” quanto promesso all’inizio (“rivelato” è tra virgolette per evidenziarne il senso ironico, giacché penso che esso ormai sia soltanto “un segreto di Pulcinella”). Questi nuovi padroni se ne stanno infischiando del possibile futuro disordine sociale, anzi, essi tramano per riuscire a trarne pure vantaggio attraverso l’eventuale sua gestione non pacifica e repressiva. In fondo ne stiamo pure vedendo le prime “prove tecniche di trasmissione” sul campo, a cominciare dall’America dell’aspirante autocrate Trump e prima di lui Putin, Orbán, Erdogan, Netanyahu, Al-Assad, Hussein, Gheddafi, ecc. Quindi, se già avete compreso, è chiaro che i nuovi padroni del mondo e i vecchi sono ed erano semplicemente i detentori dell’immenso capitale mondiale circolante, che da una generazione all’altra hanno dimostrato di essere capaci di cambiare pelle di fronte alle cicliche crisi socio-economiche e politiche mondiali che si sono susseguite in più d’un secolo. Costoro hanno saputo sopravvivere insieme al loro immenso patrimonio, il cui fine ultimo era ed è l’auto-moltiplicarsi incondizionatamente e indipendentemente dal contesto storico e sociale in cui si viene a trovare ogni volta, di generazione in generazione. Ad esempio, dopo la crisi causata dalla sovrapproduzione di beni degli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, giacché la contrazione dei consumi fu l’esito del naturale e lento esaurirsi del boom economico degli anni Sessanta e Settanta (proprio perché la crescita economica e il connesso consumismo non possono coesistere all’infinito senza provocare la saturazione dei mercati), la granitica e creativa urgenza della circolazione e moltiplicazione del capitale alla fine trovò la soluzione più naturale e vitale: la globalizzazione economica e finanziaria contemporanea, che ebbe inizio negli scorsi anni Ottanta, grazie al crescente sviluppo tecnologico che velocizzò e intensificò le comunicazioni, gli scambi commerciali, finanziari e culturali, il sistema dei trasporti per le merci e per le persone con i voli “low cost”: qualcosa di simile alle precedenti tre Rivoluzioni Industriali, ma tecnologicamente molto più evoluta ovviamente, come tutti possiamo notare. I computer, specie quelli quantistici, gli smartphone, la robotizzazione, l’Intelligenza Artificiale, ecc., sono qualcosa di molto più diverso della macchina a vapore. La globalizzazione e la finanziarizzazione dell’economia suddetta produsse però, oltre agli aspetti positivi come lo sbocco di merci e servizi verso l’enorme mercato globale, anche altri negativi, come la delocalizzazione della produzione nei Paesi con manodopera a basso costo e il trasferimento della fiscalità nei “paradisi fiscali”, che a loro volta determinarono enormi disuguaglianze sociali e la proliferazione di mercati economici e finanziari molto fragili a causa della loro eccessiva esposizione e sensibilità dovute alle realtà socio economiche locali molto diversificate fra loro in termini di necessità e priorità consumistiche e dei servizi. Questa esposizione causò crisi economiche e finanziarie globali devastanti in questo nuovo millennio, come quella del 2008 innescata in gran parte dalla crisi dei mutui subprime negli USA e dalla loro cartolarizzazione, che causò il crollo di Wall Street, il fallimento di importanti istituti finanziari e una forte recessione economica mondiale. Un’altra soluzione contro la saturazione dei beni che fu escogitata fu la “obsolescenza programmata”, cioè la riduzione della durata o del funzionamento di un bene, specie tecnologico, appunto programmata già in fase di progettazione e/o di produzione, per mantenere artificiosamente costante o addirittura in crescita la sua domanda e quindi l’offerta. A un certo punto però (all’incirca negli ultimi dieci anni, in seguito al consolidamento dei nuovi assetti economico-finanziari sorti dopo la suddetta crisi del 2008), anche la globalizzazione e la finanziarizzazione dell’economia rivelarono a poco a poco la loro fragilità, prevalentemente causata dalle potenziali esplosioni delle bolle finanziarie ivi insite e le cui propaggini inevitabilmente si propagano come onde di uno tsunami in tutte le Borse valori e in tutti i mercati mondiali. Cosicché, i sopra meglio individuati padroni di questo martoriato ma bellissimo Pianeta (sotto tanti punti di vista), hanno cominciato a rivolgere il loro ingentissimo capitale su un affare sempre molto redditizio e sicuro: il riarmo, la cui giustificazione viene inoculata e fatta partorire “maieuticamente” nelle menti del popolo disinformato da opportune campagne mediatiche che istillano il rischio di invasioni da parte di nemici in realtà inesistenti. L’Europa, ad esempio, ci ha recentemente inoculato nella testa e nell’anima il rischio di una probabile (per essa è solo questione di tempo) invasione della Russia, a cominciare dai suoi più prossimi confini occidentali (per noi, orientali), per poi passare, perché no?, di qua, nel cuore stesso dell’Europa. Chi potrebbe impedire questo nuovo fronte di guerra ad est? Ma certo!, il “ReArm Europe” presentato dalla Von der Leyen, cioè, la spesa di 800 miliardi di euro in armamenti in cinque anni, dato che Trump non intende più difendere quest’Europa parassita obbligandola a spendere fino al 5 % del Pil di ogni Stato europeo. Infatti, Putin non avanzerà più in Europa o quantomeno prima di questi cinque anni, per darci appunto il tempo per armarci a dovere! Come no?! Qualsiasi nemico storicamente si è sempre rivelato un signore, comprensivo, buono e leale, qual è sicuramente anche Putin, il quale, sospinto da cotanta nobiltà d’animo, aspetterà che ci armiamo per bene prima di invaderci, proprio per darci la possibilità di difenderci da lui come si deve! Come possiamo berci simili ridicole menzogne?! Forse qualche disinformato cronico sì, ma siamo certi che se le guerre dovessero essere decise democraticamente dal popolo sovrano con i referendum, non ci sarebbero e non ci sarebbe mai state guerre sul Pianeta Terra, perché è il popolo che ne paga sempre le conseguenze, perché sono sempre soltanto i figli del popolo ad essere mandati in guerra. Purtroppo quindi, nel disquisire di guerra c’è sempre da piangere, altrimenti ci metteremmo tutti a ridere a crepapelle su uscite simili dei nostri governanti, tranne i disinformati cronici ovviamente. Questi cosiddetti governanti citano come giustificazione dell’ingente sopraddetto riarmo, quando le vere priorità sarebbero altre (sanità, scuole, energie verdi come lotta ai cambiamenti climatici evidentissimi, ecc., per le quali si lesinano perfino pochi miliardi o si tagliano addirittura), la surclassatissima locuzione latina: “Si vis pacem, para bellum”, “Se vuoi la pace, prepara la guerra”. Chiunque l’abbia detta per primo, si può affermare che oggi essa suona alquanto anacronistica e quindi non è certo da prendere a modello come verità assoluta, dato che l’effetto deterrente della corsa agli armamenti degli Stati europei di inizio Novecento del secolo scorso non funzionò affatto e piuttosto alimentò la percezione del possibile attacco nemico di cui si conosceva l’appena acquisita potenza bellica, che in definitiva causò lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. L’uccisione dell’arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo e le tensioni internazionali preesistenti furono la scintilla che accese il sanguinosissimo conflitto, ma fu la sovrabbondanza delle armi che lo resero possibile e più distruttivo rispetto a un mondo senza armi, mentre gli obblighi reciproci nati dalle alleanze militari fin lì stipulate ne provocarono l’espansione mondiale. A riprova della “convenienza” della guerra per i suoi straricchi signori ma non per noi, resta pure da dire che dopo le devastazioni causate dai conflitti armati, per fortuna non necessariamente mondiali, c’è l’altro redditizio affare per questi nuovi imperatori del mondo: quello della ricostruzione. Chi ricostruirà un giorno l’Ucraina? E chi Gaza? Chi la Siria e lo Yemen e tutti gli altri Paesi devastati dalle guerre odierne? La ricostruzione è lucrosa ovviamente per chi mette l’immenso capitale necessario (per l’Ucraina si parla di circa mille miliardi di euro, per un ritorno economico probabilmente del doppio), poiché le braccia per realizzarla saranno sempre quelle di noi comuni mortali, dopo che altri comuni mortali hanno versato il loro sangue per distruggere ciò che poi necessita ricostruire con le braccia dei sopravvissuti o con quelle degli operai delle multinazionali dell’edilizia che si aggiudicheranno l’enorme appalto. Insomma, tutto questo ci deve far riflettere e capire com’è fatto il mondo moderno, quali sotterranee e scellerate logiche economiche lo muovono. I sistemi sociali, politici ed economici si sono ormai ridotti a necessaria conseguenza di simili logiche, quindi dobbiamo tenere bene a mente che i diritti sociali conquistati nei passati otto decenni, anche al prezzo del sangue, non sono mai acquisiti per sempre e che invece si devono difendere giorno dopo giorno. Altrimenti corriamo il rischio già incombente di fare la fine della rana nella metafora del linguista statunitense Noam Chomsky, la quale si adattava alla crescente temperatura dell’acqua della pentola in cui nuotava, senza mai chiedersi perché aumentava. Lo comprese solo quando arrivò il punto di ebollizione e per lei non ci fu più niente da fare. Aveva sprecato tutte le energie per deliziarsi a nuotare spensierata in quell’ambiente sempre più ostile che non aveva riconosciuto in tempo per potersi difendere.


Leggi l'articolo completo e i commenti