Capitalismo, la macchina che si spegne da sola

par Aldo Visibelli
martedì 21 febbraio 2012

Partendo dal presupposto che questo articolo non ha il fine di attaccare lo stato democratico ma analizzare il capitalismo, le sue conseguenze e le sue strutture parallele, analizzo il capitalismo da un punto di vista oggettivo. Inoltre, preannuncio il fatto che sto utilizzando il Die Zeit (quotidiano tedesco). 

Oggi un tedesco ha in media a disposizione diecimila oggetti diversi. Tra gli oggetti, un tedesco ha spesso un cellulare, un'automobile, una fotocamera, una radio, un computer e altri oggetti ancora. Le aziende però continuano a produrre nuovi oggetti e la macchina del capitalismo raggiunge il suo scopo solo se le persone continuano a comprare. Qualora le persone smettessero di comprare, la macchina rimarrebbe ferma.

La verità è evidente, infatti, specie dopo Natale, si è visto che la macchina non funziona più come prima. Guardiamo l'accrescere del pil tedesco: il pil tedesco è cresciuto di 354 milliardi di euro tra il 2000 e il 2006. Allo stesso tempo però, il debito pubblico tedesco ha toccato soglia 342 milliardi di euro tra il 2000 e il 2006. Cosa vuol dire? Vuol dire che la Germania si è arricchita indebitandosi a dismisura.

La verità è che questa presunta ricchezza era un'illusione, la Germania si era semplicemente fatta imprestare il benessere. Il problema rimane lo stesso, che si parli di capitalismo liberista statunitense, di quello centralizzato francese o del sistema giapponese fondato sul consenso. Se sottraiamo al Pil di un paese l'ammontare dei debiti, il frutto della crescita economica è veramente minimo. Vuol dire quindi che oggi il plusvalore e il benessere sono labili e crescono solo i debiti.

Ricollegandoci ai dieci mila oggetti di cui ho parlato precedentemente, c'è qualcosa che ha frenato le nostre economie e questo qualcosa è l'abbondanza. Noi paesi europei e paesi svillupati abbiamo troppo e non sentiamo la necessità di acquistare continuamente nuovi prodotti. La crescita necessaria nel capitalismo richiede un acquisto senza sosta e il consumo ha frenato la macchina. La macchina ha rallentato e rischia di bloccarsi. Le persone continuano a comprare, ma non comprano di più di anno in anno. I mercati sono saturi e ogni tanto viene lanciato un nuovo smartphone, un nuovo computer portatile, ma di più non si può fare. 

Chi aveva previsto tutto ciò? Nientemeno che John Maynard Keynes, il quale aveva profetizzato che i suoi nipoti da grandi sarebbero stati otto volte pià ricchi dei loro nonni e un simile mondo dell'abbondanza avrebbe soddisfatto i bisogni "assoluti" della popolazione. Questo avrebbe causato la stop dell'economia e il capitalismo avrebbe esaurito il suo compito di colmare le lacune della società. Lo scrisse nel 1930 e i suoi nipoti siamo noi. Da quell'anno il reddito pro capite dei paesi sviluppati è cresciuto otto volte. Oggi però sembra che la crescita economica si stia avvicinando a un punto morto e il "tasso di felicità'" sociale non cresca più in paesi come Germania e Stati Uniti. Tutto ciò era in procinto di accadere già negli anni settanta quando i prodotti erano meno. Per questo, alcuni utlizzano l'espressione "capitalismo senza crescita". 

Inoltre, per anni si è sperato che i paesi industrializzati avrebbero ripagato i debiti delle banche attraverso la crescita. Crescita che non c' è mai stata. I governi di Germania, Stati Uniti e Giappone hanno fatto di tutto pur di spingere le persone a spendere, ma hanno ottenuto scarsi risultati. Da qui nascono due alternative, una più semplice e un'altra più ardua. La prima è quella di stimolare a tutti i costi la crescita per tenere in vita l'economia. Quello che stanno facendo tanti governi europei, come ad esempio quello di Monti.

Ciò però prevede un aumento della spesa pubblica e quindi indirettamente del debito. La seconda via è quella ardua, dura e imprevedibile: organizzare la società in modo che si accontenti del benessere invece che aumentarlo. Trovare una soluzione affinché la felicità delle persone cresca e non il fatturato delle imprese. La seconda via è quella che prevede insomma di trovare una soluzione al capitalismo. Tra coloro che hanno provato a fornirci delle risposte troviamo i marxisti, i romantici, teologi della liberazione, sindacalisti, terzomondisti e molti altri ancora. Tutti questi sono accumunati dal fatto che i loro tentativi sono stati investiti e soppressi dalla macchina capitalistica. 

Provate a pensare quale follia sto per dirvi: "il capitalismo non morirà per la miseria, ma per la ricchezza che ha creato".


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