Capitalismo & C.
par Damiano Mazzotti
giovedì 23 giugno 2011
“Capitalismo e finanza. Il futuro tra rischio e fiducia” è un testo molto asciutto e ben scritto che utilizza un linguaggio semplice alla portata di tutti (www.mulino.it, 2011).
L’autore è Francesco Vella, professore di Diritto commerciale e Diritto dei mercati all’Università di Bologna, uno studioso polivalente che si è guardato molto attorno e ha compreso che discutere di finanza significa anche prendere in esame le regole, la psicologia, la sociologia, la storia, ecc.
Vella sviluppa una rapida sintesi delle disavventure finanziarie degli ultimi anni e naturalmente è dell’idea che le pecore nere della finanza andrebbero “cotte e mangiate”. Però svariati studi “dimostrano come la finanza mondiale abbia contribuito allo sviluppo economico e all’innalzamento degli standard di vita, aumentando le opportunità di investimento, ma è una magra consolazione per quelli che adesso devono stringere la cinghia e che vorrebbero alla gogna tutti i banchieri, non solo quelli americani” (Vella).
D’altra parte gli Stati moderni non possono più permettersi che i cittadini perdano i risparmi di una vita anche se li hanno versati nella banca sbagliata, ma devono soccorrere gli sfortunati come avviene durante i terremoti, gli uragani e le inondazioni (Paul Krugman, Premio Nobel). Almeno fino a quando si arriverà ai fallimenti di Stato.
Inoltre nel bene e nel male, sono le emozioni che dirigono le azioni dei primati umani e “quando il gioco si chiama denaro e la tua posizione in società si basa unicamente su quanti soldi hai fatto e quanto in fretta li hai fatti, emergono gli istinti più spregevoli” come l’invidia (Seth Freedmann, La grande baldoria, ISBN Edizioni, 2009). Del resto gli studi di economia comportamentale dimostrano che gli uomini hanno una decisa tendenza inconscia a sottostimare il rischio ed è molto “difficile convincere la gente che ciò che ti fa guadagnare nel breve periodo potrebbe farti perdere nel lungo” (governatore della Banca centrale inglese).
Poi, bisogna considerare che “la finanza senza rischio è come una macchina senza ruote… le ruote ogni tanto vanno gonfiate e, quando di consumano, cambiate, altrimenti il pericolo di incidenti è alto. Il rischio è vitale (inevitabile) e necessario, a condizione, però, che non si trasformi in azzardo” come nel passato recente e nel futuro prossimo sempre più pericoloso e incombente. Anche perché la posta in gioco è sempre altissima: “di norma è difficile guadagnare la fiducia delle persone, ma è terribilmente più difficile ricostruirla quando è andata perduta”.
Fare nuove regole e farle rispettare non basta, bisogna rifondare l’educazione morale e finanziaria, fin dalla prima infanzia, poiché altrimenti l’arte dell’uomo di aggirare le regole, le leggi e i diritti degli altri è spesso incontrollabile e difficilmente arginabile. Di certo però non si può continuare a veleggiare allegramente “su un mare di debiti” che prima o poi si trasformerà in tsunami monetari oppure finanziari più o meno dirompenti.
Comunque, come affermato in Tony Judt in “Guasto è il mondo” (Laterza, 2011), “almeno una cosa dovremmo averla imparata dal Novecento: più una risposta è perfetta, più le conseguenze sono terrificanti. Miglioramenti graduali rispetto a circostanze insoddisfacenti sono il massimo che possiamo sperare e probabilmente tutto quello che vale la pena di perseguire… e l’assenza di fiducia è un chiaro ostacolo a una società ben gestita”. Nella vita la fiducia è tutto, nell’incertezza soprattutto.
I veri politici potrebbero iniziare a favorire lo sviluppo di nuove forme di capitalismo attraverso l’annullamento di ogni brevetto relativo ai farmaci che ogni società multinazionale si rifiuta di produrre quando non lo considera abbastanza remunerativo. In una società veramente liberale altre società dovrebbero avere la possibilità di considerare la produzione meno remunerativa di questi farmaci, oppure la produzione per fini socialmente utili, finanziate da organizzazioni non governative o governi. Carlo Urbani nel 2004 citò il caso della Eflornitina, usata nella cura della malattia del sonno e quello del cloramfenicolo utilizzato per curare la meningite ("Le malattie dimenticate", Feltrinelli; www.aicu.it). Si potrebbe iniziare a passare questi brevetti ad un prezzo politico a società controllate dai governi, oppure da organizzazioni non governative.
Infine bisogna essere realisti, “perché nonostante la tentazione di demonizzare la finanza come la madre di tutte le disgrazie, di chi presta i soldi, di chi risparmia e investe avremo ancora un gran bisogno”. Purtroppo anche le idee più nobili e più utili hanno quasi sempre bisogno di soldi per potersi riprodurre e per produrre adeguatamente.
Per approfondimenti culturali interdisciplinari e specialistici: www.edge.org (le menti migliori non mentono), www.bepress.com/cas/ (Capitalism and Society: Amartya Sen, Robert Shiller, Edmund Phelps, ecc.), www.fooledbyrandomness.com (sito ufficiale del pensatore finanziario Nassim Nicholas Taleb, autore del famoso saggio “Il Cigno Nero”), www.project-syndicate.org (Stiglitz, Rogoff, ecc.), www.trendsresearch.com (http://geraldcelentechannel.blogspot.com), www.bis.org (Banca dei Regolamenti Internazionali con sede a Basilea), www.roubini.com (Global Economics), http://ineteconomics.org (Istituto per il Nuovo Pensiero Economico; Adair Turner, "Just Capital: critica del capitalismo globale").
Note – Nel board di Lehman Brothers (la grande banca d’affari fallita), erano inclusi un ammiraglio in pensione, un produttore teatrale e fino al 2006 l’attrice Dina Merrill (ottantenne). Nel mondo anglosassone il gioco del bridge, basato sulla cooperazione, è passato di moda, superato dal poker. Ciò è indice della nascita di società iper-individualiste che legalizzano il “bluff” (George Akerlof e Robert Shiller, Spiriti animali: come la natura umana può salvare l’economia, Rizzoli, 2009).