Capire Fukushima per trarne insegnamenti

par Bernardo Aiello
venerdì 18 marzo 2011

Se la memoria non tradisce il vostro cronista, come peraltro sovente gli accade con i ricordi scolastici sul Guicciardini, fu uno solo dei reattori di Cernobyl ad andare in crisi, quello su cui fu tentato lo sciagurato test di funzionamento in condizioni di avaria del sistema di raffreddamento. Gli altri continuarono a funzionare per anni. Questo fatto fu estremamente positivo perché la regolare emissione di energia elettrica da parte della centrale impedì che l’incidente si propagasse anche ad essi. Siamo troppo condizionati dagli interruttori di ogni tipo che azioniamo in ogni momento della giornata per essere consapevoli che, con un reattore nucleare, non è affatto così: la reazione in esso avviata può essere gestita nel tempo, ma giammai fermata azionando un semplice dispositivo e, se non si continua ad allontanare da esso energia, le barre si surriscaldano sino alla fusione. E’, pertanto, una buona notizia che a Fukushima si stia riuscendo a ripristinare la fornitura di energia elettrica all’esterno della centrale.

Per quanto riguarda l’uso dell’acqua di mare per allontanare dai reattori energia sotto forma di calore, ben venga per evitare danni peggiori. Dobbiamo però essere consapevoli che l’acqua di mare, se non utilizzata in circuiti di raffreddamento integri, viene a contatto con sostanze radioattive e, quando è restituita al mare o, comunque, all’ambiente esterno, finisce per inquinarlo con le sostanze radioattive inglobate. La stessa cosa vale per i vapori contaminati immessi nell’atmosfera.

Le sostanze radioattive sprigionate si inseriscono nella catena alimentare ed arrecano danni agli esseri viventi, uomini compresi; e nessuna frontiera di Stato decisa dall’uomo è in grado di fermare questo processo.

Capire l’emergenza atomica di Fukushima è necessario per decidere per il futuro con cognizione di causa; anche perché è indimostrato ed indimostrabile che l’uomo non possa fare a meno dell’energia di origine nucleare, ad esempio rivolgendosi alle energie rinnovabili. Concetti simili sono stati espressi da Carlo Rubbia ieri in televisione, insieme alla asserzione che non è accettabile che a Fukushima la situazione sia andata fuori controllo; e sono concetti del tutto ragionevolmente condivisibili.

A sostegno di essi il fisico ha ripetuto più volte che gli stessi francesi, alla luce dell’incidente di Fukushima, stanno riconsiderando l’attuale utilizzo dei reattori nucleari; come se avessimo bisogno dei francesi per essere ragionevoli! Ma forse l’obiettivo delle parole di Rubbia era un altro, era l’attuale governo che ha pattuito lo sviluppo del nucleare in joint venture con i francesi e che anche a questa emergenza planetaria guarda con gli occhi miopi del suo interesse, della lotta del potere per il potere, della contrapposizione politica; incapace di proporre al Paese quelle “visioni di obiettivi condivisi e condividibili” di cui ha parlato Edoardo Patriarca, segretario del comitato organizzatore delle Settimane Sociali della Chiesa di Roma.

Di tutto quanto sopra se ne accorgeranno i nostri concittadini, che sono stati sempre rappresentati nell’immaginario collettivo internazionale come i campioni della scaltrezza? Cercheranno di capire quello che sta succedendo a Fukushima per trarne insegnamenti? Utilizzeranno il voto e tutti gli altri strumenti che la democrazia liberale offre loro per decidere di se e delle generazioni future in libertà e senza i condizionamenti delle lobby politiche ed economiche di tutti i tipi?

Nel giorno in cui si celebra la formazione dello Stato italiano, la speranza è d’obbligo; anche se i timori sono tanti.


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