LE INDAGINI – Con le accuse di concussione in concorso ed associazione per delinquere finalizzata allo scambio elettorale politico-mafioso, delitti aggravati dall'attività di agevolazione del clan Fezza-D'Auria Petrosino attivo nell'agro nocerino, sette persone - tra cui l'ex sindaco, Alberico Gambino, il consigliere comunale Giuseppe Santilli, il responsabile dell'ufficio tecnico, Giovanni de Palma , il presidente e il vicepresidente della Paganese calcio e due esponenti del clan - sono finite in manette all'alba di oggi a Pagani, nel salernitano, al termine di un'operazione condotta dai carabinieri del comando provinciale e coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Salerno.
Per la Dda, il gruppo, a partire dal 2006, avrebbe creato un sistema che, “grazie alla complicità di politici locali e di livello regionale”, gli consentiva di gestire la pubblica amministrazione per controllare le principali attività economiche e imprenditoriali della zona. Sotto la guida di Alberico Gambino, definito dagli inquirenti come “il dominus a cui non si può dire di no”, il Comune sarebbe stato a lungo un giocattolo nella mani del gruppo criminale Fezza – D'Auria Petrosino. Una macchina non più pubblica, ma a completa disposizione di uno dei clan più potenti dell'agro nocerino, dedito alle rapine, alle estorsioni, e che assieme allo stesso Gambino, ad altri politici e ad alcuni imprenditori aveva allestito un sodalizio tanto potente che, per perseguire i propri fini, non aveva più bisogno neanche di ricorrere ai classici metodi estorsivi. Niente auto in fiamme, vetrine in frantumi o buste con proiettili. Qui gli affari venivano gestiti direttamente nelle stanze del potere e i controlli, gli appalti, le leggi venivano piegate alle necessità del momento.
Le indagini – supportate da denunce da parte delle vittime, appostamenti, riscontri, numerose intercettazioni sia telefoniche che ambientali nonché le testimonianze di collaboratori di giustizia ritenuti attendibili - del calibro di Alfonso Vincenzo Greco e Matteo Principale – svelerebbero un'associazione che avrebbe concentrato il proprio campo d'azione attorno ad un centro commerciale della città di Pagani, il Pegaso, e messo sotto torchio il proprietario A.P. e i suoi familiari. Vicende che, scrivono gli inquirenti, si snodano lungo una “sottile striscia di demarcazione tra il diritto ed il favore, tra la cortesia richiesta e l'imposizione, tra il lecito e l'illecito”. Affari per diversi milioni “dove le imposizioni e le relative minacce vengono formalmente portate avanti da Sindaci e uomini politici che piegano al loro volere, ed a quello del cartello criminale che rappresentano, interi apparati delle Istituzioni, coinvolgendo nelle loro attività consulenti del lavoro, avvocati, tecnici, amministratori” salvo poi fare riferimento alla componente camorristica, rappresentata dal clan D'Auria Petrosino, solo in casi di difficoltà. Politici, imprenditori e professionisti risulterebbero, dunque, non vittime di un sistema, ma artefici e demiurghi dei piani criminali. Un pactum scelleris tra camorristi e politici in cui ognuno avrebbe avuto la propria parte: affari per i clan e voti per i politici. Migliaia di voti che avrebbero portato Gambino a numerose vittorie elettorali festeggiate con party organizzati all'occorrenza dagli “amici” più fedeli.
LE ESTORSIONI – “Mediante reiterate minacce, di estrema gravità ed allarme sociale”, si legge nell'ordinanza firmata dal Gip, Gaetano Sgroia, il gruppo criminale avrebbe imposto alla direzione del centro, l'assunzione di circa 30 persone, l'assunzione del direttore della galleria commerciale del Centro, l'assunzione dei pregiudicati Gianluca Marrazzo ed Gaetano Esposito Garofalo, l'assunzione del pregiudicato Antonio Fisichella (in attesa della quale il titolare del centro Pegaso, su espressa richiesta di Gambino, avrebbe corrisposto a titolo estorsivo la somma di euro 3mila euro), l'affidamento alla cooperativa facente capo ai fratelli D'Auria-Petrosino della gestione dei parcheggi antistanti il centro commerciale (pagati, tra l'altro due volte per un ammontare di 800mila euro), nonché il pagamento, quale presunto contributo, di 3mila euro come “sostegno alla campagna elettorale per le elezioni amministrative regionali in favore dello stesso Gambino”.
Ma non solo. I tentennamenti dei titolari del centro commerciale venivano sanzionati con continui raid punitivi da parte dei vigili urbani e con le minacce di “mancata e/o ritardata concessione di autorizzazioni comunali” nonché con la minaccia di chiusura domenicale e la mancata raccolta dei rifiuti presso lo stesso centro commerciale. Come se non bastasse, inoltre, grazie alla disposizione di illegittimi atti amministrativi, il centro commerciale si era visto raddoppiare il pagamento della Tarsu. Un provvedimento contro il quale i proprietari della struttura avevano osato presentare un ricorso nelle competenti sedi giudiziarie, ma che sono stati costretti a ritirare pagando al Comune anche le spesi legali per un ammontare di 9mila euro.
LA PAGANESE CALCIO – Non pago del proprio disegno criminale, il cartello composto da camorristi e politici è riuscito a trovare la maniera di infilare in questo business anche la società sportiva Paganese Calcio, recentemente retrocessa in Seconda Divisione. Alla società PACK 2000 A del gruppo Conad (presente all'interno del centro commerciale con un proprio supermercato) sarebbero stati estorti 20mila euro annui a titolo di sponsorizzazione, l'acquisto di cartelloni pubblicitari per un importo di euro cinquemila annui e ad alcuni membri della famiglia proprietaria del centro Pegaso sarebbe stato, addirittura, imposto l'acquisto di alcune quote della società calcistica “azzurrostellata”.
L'EX SINDACO DI PAGANI – Ciò che emerge dalle 150 pagine dell'ordinanza firmata dal Gip Gaetano Sgroia, dunque, è una città completamente soggiogata ai voleri del clan Fezza – D'Auria Petrosino e a quelli dell'ex sindaco Alberico Gambino che grazie al sostegno elettorale di questi ultimi, nelle elezioni del 2007, al suo secondo mandato e con il suo 76.71% dei consensi, risultò il sindaco più votato d'Italia. Già nel 2004, però, nel corso della tornata elettorale per le provinciali, Gambino aveva dato prova del proprio potere ottenendo 5.461 voti (pari al 28.66 %) e risultando il primo degli eletti in tutta la provincia di Salerno. Un politico assunto a modello dall'allora Forza Italia: giovane, intraprendete e di successo, finito però nei guai poco dopo la sua elezione a primo cittadino incassando una condanna (con pena sospesa) ad un anno e 5 mesi di reclusione per peculato avendo speso 22mila euro con la carta di credito del Comune senza però riuscire a motivarli con ragioni d'ufficio. Una vicenda giudiziaria arrivata a conclusione poco dopo la sua elezione in consiglio regionale che lo ha costretto a restare lontano dall'aula del centro direzionale per ben un anno. “Riabilitato” da una sentenza di annullamento emessa dalla corte di Cassazione - che ha rimesso gli atti alla corte d'Appello di Napoli per ripetere il processo – due settimane fa Alberico Gambino si è ripreso lo scranno da onorevole regionale dimettendosi da sindaco di Pagani. Ma i guai giudiziari dell'appena 44enne politico salernitano – che ha all'attivo anche una presenza come assessore al Turismo della Provincia di Salerno, incarico dovuto abbandonare dopo la condanna in Appello (per essere poi reinserito nello staff del presidente Edmondo Cirielli come consulente) - pare non abbiano scalfito in alcun modo la stima e la fiducia dei suoi colleghi di partito.
Poco dopo la notizia dell'arresto, infatti, il deputato e coordinatore regionale del Pdl in Campania,
Nicola Cosentino ha detto di lui: “Sono sicuro che Alberico Gambino, persona perbene e politico stimato dai suoi concittadini, uscirà a testa alta dalla spiacevole vicenda giudiziaria che lo vede coinvolto. Non ho dubbi che, appena avrà modo, dimostrerà la correttezza della sua azione politica, che Alberico ha sempre amato svolgere con passione e dedizione, al fianco dei cittadini”.
ARCHIVIO: Intercettazioni. Sciolgono i comuni per camorra, Cosentino: "Faccio intervenire Mario Landolfi"