Camera oscura. Chi le scioglie?

par Giovanni Maria Sini
martedì 14 settembre 2010

Dopo settimane consumatesi tra voto/non voto, sembra si sia giunti ad una sorta di armistizio, affinché la legislatura proceda sino alla fine del mandato governativo.

In questi mesi la crisi di governo, sconfinata in crisi istituzionale, non senza tutta una serie di precedenti “sovvertimenti legali” della Costituzione (eterno conflitto con la Magistratura, messa in discussione dell’imparzialità del Presidente della Repubblica, della Suprema Corte Costituzionale e del Presidente della Camera, in poche parole della stessa Carta Costituzionale e dell’equilibrio tra poteri) ha riproposto la controversa questione inerente la titolarità del potere di scioglimento delle Camere e quali siano le circostanze che ne legittimano l’esercizio.

Su questo versante la dottrina, continua a manifestare posizioni diverse.

Per quanto concerne la titolarità del potere esistono, in sintesi, questi orientamenti:

1) è formalmente e sostanzialmente presidenziale, secondo quanto previsto dalla Costituzione, non può realizzarsi nell’ultimo semestre del suo mandato e prevede la consultazione in via preliminare dei Presidenti delle Camere;

2) è propriamente e sostanzialmente governativo, ferma restando la titolarità formale del Presidente della Repubblica, cioè subordinato al consenso del governo o alla sua iniziativa;

3) nei casi di ordinaria amministrazione è governativo, nelle situazioni di crisi del sistema rientra tra le competenze del Presidente della Repubblica;

4) è un atto (con)diviso, duovirale, all’insegna della paritaria (e leale) collaborazione tra Presidente della Repubblica e Presidente del Consiglio;

5) è potere a partecipazione complessa, che scaturisce da una decisione del Presidente e dalla necessaria collaborazione di altri soggetti o organi costituzionali, anche diversi dal Governo.

Per quel che riguarda gli aspetti che legittimano l’esercizio del potere di scioglimento:

1) insanabile contrasto tra Governo e Parlamento, successivo al voto di sfiducia e richiesto dal Governo in alternativa alle dimissioni;

2) impossibilità di formare una maggioranza parlamentare, laddove non si prospettano soluzioni di Governo alternative e come ultima opzione;

3) auto-scioglimento deciso dalle forze rappresentate per uscire da una situazione bloccata, con esclusione di scioglimento nel solo interesse della maggioranza;

4) contrasto tra le due Camere e, in questo caso, seppur con notevoli dubbi manifestati in dottrina, si può sciogliere quella meno rispondente all’opinione pubblica del momento;

5) mutamento della situazione politica (nuova legge elettorale, esito elettorale delle amministrative difforme dalle politiche o referendum popolare);

6) inerzia nell’attuazione della Costituzione, quale sanzione nei confronti del Parlamento che si dimostrasse inadempiente;

7) tentativo di “sovvertimento legale” della Costituzione, anche se in questa fattispecie (per esempio reiterazione di leggi incostituzionali) ci si rimette all’annullamento della Corte Costituzionale.

Per tutti gli approfondimenti si rimanda a: http://www.dircost.unito.it/dizionario/pdf/Mastropaolo-Potere.pdf

Tutto questo per affermare che la situazione di stallo, in un’Italia ancora avviluppata in continui conflitti e nell’incessante negazione di riconoscimento e rispetto reciproco, non è ancora superata e permane uno stato confusionale.

I prossimi mesi riveleranno a ciascuno di noi se le funzioni di Governo saranno esercitate nell’interesse esclusivo della nazione.

Continuiamo ad aspettare…


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