Cambiare non significa distruggere

par Sara Pulvirenti
martedì 2 aprile 2013

Martin Luther King a Washington fece forse quello che resta il suo più celebre discorso “I have a dream”. Poche parole, parole che hanno fatto la storia e che rappresentano il manifesto di una generazione che credeva di potere cambiare il mondo. Era il 28 agosto 1963. Da quel giorno sono passati 50 anni.

È davvero curioso ritrovarsi nel 2013 davanti ad un foglio bianco, provando a scrivere un sogno, forse proprio come fece Martin Luther King allora. 

C’è una sostanziale differenza però: probabilmente Martin Luther King in quel foglio bianco vedeva uno spazio libero pieno di possibilità, dove potere fantasticare e spaziare con le proprie parole ed idee. Ora non sono pochi invece i giovani che vivrebbero questo foglio bianco con disorientamento, come se fosse quasi impossibile anche solo pensarlo un sogno.

In un momento dove si parla tanto di cambiamento, in realtà il sentimento che si manifesta in maniera più evidente e veemente è la rabbia: verbi come distruggere, annientare, sbranare sono parole che sentiamo quotidianamente in tv, al bar, sui giornali o su internet. È davvero difficile percepire questo linguaggio come un manifesto di entusiasmo e mutamento.

In questo modo di esprimersi, infatti, non c’è una visione del futuro, c’è solo il desiderio di cancellare il passato. Ma il passato non si può resettare: il passato è il presupposto per costruire il domani ed ignorarlo non è mai una cosa saggia. La storia ci insegna che quando questo accade spesso si tende a ripetere gli stessi gravi errori di un tempo.

Il cambiamento non ha bisogno di stereotipi. Facendo una riflessione sull’attualità di questi mesi (ma non solo) ecco alcune domande che mi vengono in mente: dove sta scritto che una persona over 50 sia incapace di potere fare cose buone e magari di realizzarle in modo corretto? E viceversa, chi può sottoscrivere l’affermazione che essere giovani porta automaticamente con sé caratteristiche come l’onestà e la professionalità? Cambiare non significa sempre e solo fare l’esatto opposto di ciò che già esiste. Quando questo avviene, spesso in modo veloce e quasi forzato, i frutti raccolti sono davvero poco succosi e soprattutto tendono a maturare troppo in fretta, marcendo dopo poco tempo.

Cambiare è qualcosa di più profondo: significa immaginare l’inimmaginabile. Significa costruire un’idea con l’ambizione di volerla condividere con il maggior numero di persone possibile. Sembra strano a dirsi e forse anche poco “poetico” ma i numeri nel cambiamento hanno un peso specifico davvero importante. Per generare cambiamento non basta infatti coinvolgere amici, parenti e conoscenti, serve ben altro. 

Attendo quindi con fiducia il momento in cui il cambiamento si manifesterà nella sua forma più sincera e pura. Una forma fatta di voglia di sognare e di costruire un’alternativa reale che porti entusiasmo e non livore. Che faccia davvero comprendere che nessuno è possessore di verità assolute e che per vivere bene insieme, in una collettività, è d’obbligo il confronto.

Forse il vero cambiamento è proprio questo. I have a dream e cioè che tutti possano esprimere la propria idea con la convinzione che sia realmente rispettata a prescindere da età, colore della pelle, status sociale, religione o colore politico. Semplice a scriversi, difficile a farsi…

Che buffo, però, dopo tutte queste parole notare che questo sogno non è poi così distante da quello declamato ad agosto del 1963 da Martin Luther King!


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