Caccia allo sbirro. In rete contro la polizia

par Roberto CalabrĂ²
domenica 29 marzo 2009

Si chiama così un blog, on-line da qualche tempo, che si autodefinisce "sito di denuncia dei servi della borghesia". Un blog che è entrato nell’occhio del ciclone per il suo obiettivo dichiarato: quello di "intimidire il repressore", pubblicando le foto di agenti di Polizia in servizio e invitando "le masse popolari" a dare nome e cognome ai poliziotti ritratti.

"La polizia politica basa la sua forza anche sul fatto che i suoi agenti, infiltrati, spie e collaboratori non sono conosciuti alle masse popolari. Farli conoscere è un modo pratico per rendere il loro lavoro sporco se non impossibile, almeno difficile", si legge sul blog.

Dal linguaggio non è difficile intuire l’impostazione vetero-comunista di chi ha lanciato l’iniziativa, che secondo il sindacato di Polizia Sap e il magistrato di Bologna Silverio Piro "è un gravissimo atto di intimidazione".

Sicuramente si tratta di un’iniziativa forte, ai limiti dell’eversione.


Ma sarebbe eversivo o semplicemente democratico chiedere che gli agenti delle forze dell’ordine (Polizia, Carabinieri e GdF) portassero un distintivo di riconoscimento con numero di matricola sulla divisa?

I fatti di Genova insegnano che, nascosti dall’anonimato e protetti da una catena di comando che prende ordini in alto, i poliziotti possono trasformarsi da difensori dei cittadini in aguzzini e carnefici, da tutori dell’ordine in killer della democrazia.
Il processo per i fatti del G8 lascerà impuniti molti degli agenti e dei dirigenti di Polizia autori di torture e pestaggi semplicemente perchè la loro identificazione si è resa impossibile.

Il recente libro di Carlo Bonini, "Acab", ha messo in luce quali siano le tendenze - fasciste e repressive - che animano una buona parte delle forze dell’ordine italiane.

Alla luce di tutto questo, e senza scadere nella delazione, chiedere che almeno gli agenti impegnati nel controllo del territorio e delle manifestazioni portino sulla divisa il numero di matricola non è un atto eversivo.

E’ una richiesta di trasparenza e di democrazia a tutela sia dei cittadini che degli agenti rispettosi del dettato costituzionale.


Leggi l'articolo completo e i commenti