CIE: a volte ritornano

par Pressenza - International Press Agency
lunedì 2 gennaio 2017

Dopo i fatti di Berlino e l’uccisione dell’attentatore a Sesto San Giovanni, si torna a discutere del legame tra l’arrivo dei “profughi” e il terrorismo islamico; il neo ministro Minniti il 30 dicembre ci regala una circolare in cui invitano le forze di polizia ad intensificare il controllo e l’espulsione dei migranti irregolari; dichiara inoltre che entro il 2018 sarà aperto un CIE in ogni regione.

di NAGA Associazione Volontaria di Assistenza Socio-Sanitaria e per i Diritti di Stranieri e Nomadi

Ormai non ci si domanda più quale sia il reale nesso tra immigrazione e delinquenza, comune o politica che sia. 25 anni di discorsi a senso unico hanno legittimato qualunque forma di controllo sui corpi dei migranti: il governo, ignorando tutti i dati e le analisi che dicono il contrario, assume e spaccia per vera la tesi razzista dell’invasione, rincorrendo la destra intollerante e xenofoba nel tentativo di rivolgere altrove l’attenzione e l’indignazione dei cittadini per lo stato disastroso del paese e di recuperare una popolarità che sempre più gli sfugge.

Quale sia il nesso tra l’arrivo dei “profughi” e i terroristi proprio non si capisce: gran parte di quanti arrivano in Europa fuggono proprio da situazioni di violazioni dei diritti spesso causate anche dai fondamentalismi religiosi: il terrorista ucciso a Sesto San Giovanni non era tale quando è arrivato, ma ha incontrato in Italia, in carcere, la degenerazione della fede; se dal carcere esci peggio di come sei entrato, bisogna avere la schiettezza di dire che il carcere, specialmente nelle condizioni in cui si trova il sistema penitenziario italiano oggi, è inutile e dannoso; nessuno degli attentati degli ultimi anni è stato realizzato da cittadini arrivati in tempi recenti.

La clandestinità non esiste per natura, lo diciamo da anni insieme a molti altri: viene creata invece da pratiche amministrative volte ad escludere gli stranieri dal godimento dei diritti di cittadinanza. Che poi coloro che ostinatamente ci si rifiuta di vedere sfuggano ai controlli, aumentando l’insicurezza, non ne è che la logica quanto amara conseguenza: in Italia si può vivere per anni come cittadini inesistenti, farsi sfruttare col lavoro nero, avere una casa in affitto irregolarmente, contribuire a basso costo al benessere di questo paese senza godere dei più elementari diritti, e poi magari essere rispediti “a casa” nella disperazione da uno Stato che solo allora si accorge di te, magari durante i controlli di questa nuova ondata securitaria capeggiata da Minniti.

A fronte della palese incapacità dell’intera classe dirigente europea di gestire il fenomeno migratorio, quale luminosa novità s’inventa infatti il ministro? La detenzione nei CIE e i rimpatri tramite accordi multilaterali con gli stati di provenienza come Egitto, Libia, Sudan, Nigeria, paesi governati da dittatori o flagellati da guerre civili e terrorismo: il prezzo delle nostre fallimentari politiche economiche e militari in Africa e nel Medio Oriente viene così fatto pagare ancora una volta a coloro che ne sono vittime.

La soluzione sarebbe molto semplice (ed economica):

I migranti non hanno bisogno di maggior controllo ma di maggiori opportunità, come tutti noi cittadini: condividiamo lo stesso futuro. Sta a noi, oggi, sceglierne la direzione.


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