C’è poco da ridere: Zuckerberg vs Assange

par dadotratto
sabato 12 febbraio 2011

Uno dei Demotivational che sta facendo il giro di Facebook racconta una triste verità: è il paragone tra Julian Assange, perseguitato e Mark Zuckerberg che guadagna la copertina del Times. Uno di quei casi in cui sembra che il mondo giri al contrario. Si denuncia l’informazione e si premia il furto. Una storia sempre attuale.

Girando per Facebook, il social network creato dall'indiscutibile genio di Mark Zuckerberg, è facile imbattersi in un Demotivational tutto italiano. Nati negli States come prese in giro di quei poster motivatori che tappezzavano tanti uffici, i Demotivational, o Demo, si sono prefissi il compito opposto: demotivare con una risata.

Uno di questi, ad opera del sito DeMotivational-ITALIANO.it ritrae Julian Assange, patron di WikiLeaks, e Mark Zuckerberg, appunto, creatore di Facebook, in un paragone più che Demotivante. A ben pensarci, mentre Julian Assange ha fornito documentazioni e informazioni, più o meno scottanti, riguardanti in gran parte gli Stati Uniti ed i loro "alleati",' idolatrato Mark Zuckerberg, invece, ha fatto sì che fosse possibile l'esatto contrario, ovvero che le informazioni private dei suoi utenti fossero comprabili dalle aziende richiedenti. L'ironia della sorte, od una volontà specifica che dir si voglia, è che mentre Assange rischia di finire prematuramente i propri giorni in cella, Zuckerberg è stato eletto Uomo dell'ann o  dal Times , guadagnandosi la copertina ed automaticamente un posto nella storia.

Ora, il messaggio che passa da questa, chiamiamola vignetta, tende a strappare un sorriso e a pensare "cavolo è vero!", ma non esime da quel retrogusto amaro e demotivante. Giustappunto.

Basta soffermarsi un attimo a pensare che le informazioni pubblicate da WikiLeaks sono documenti redatti da ambasciatori, consiglieri ed altre figure statali, ovvero i dipendenti di una nazione che dovrebbe avere il diritto di accedere a tali rapporti in modo autonomo. Eppure la loro pubblicazione ha scatenato una caccia all'uomo da parte dei Governi. Non solo, ma parte, numerosa o meno che sia, della popolazione stessa, segue con sacro furore questa caccia alla volpe, tifando per i levrieri. Il Robin Hood delle informazioni merita la forca.

Paradossalmente il social network più utilizzato del momento, lo stesso accusato di aver rubato le informazioni private dei suoi utenti, non rispettando la loro privacy, ed averle vendute alle aziende, viene premiato con la quasi unanimità popolare in nome del suo virtusismo. Mark Zuckerberg, il Robin Hood al contrario, che distrae i poveri col suo sito e intanto ruba loro informazioni da vendere, è un mito del nostro tempo. Della nostra generazione.

Personalmente si può essere d'accordo o meno con i metodi di WikiLeaks, e si può essere d'accordo o meno che, nel bene o nel male, il passatempo fornitoci da Zuckerberg sia talmente efficace da cancellare qualsiasi malefatto esso nasconda.

Il messaggio che però passa è a dir poco disarmante, e indiscutibilmente sottovalutato: fornire informazioni che dovrebbero essere pubbliche gratis è male, arricchirsi rubando informazioni private della gente è bene. Nel lungo elenco dei cattivi esempi, tra ministre-vallette e laureate-disoccupate, si aggiunge quello che voler fare informazione è sbagliato, voler vendere il prossimo è giusto.

Un tempo mia madre mi diceva che i cartoni animati erano finzione, spiegandomi il bene ed il male, e che anche se Lupin III era simpatico, nella realtà non bisogna rubare perché è male, perché si finisce in prigione, perché ci si rovina la vita.
Ora mi ritrovo a guardare mio nipote, un giorno mio figlio, e a chiedermi come farò a spiegare loro che il telegiornale non è finzione, è realtà, ma non bisogna farci caso lo stesso, perché anche se si diventa Uomo dell'anno e miliardari, rubare è comunque male.


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