Burocrazia zero: tanto rumore per nulla

par massimiliano bertorelli
martedì 8 novembre 2011

Sarebbe già un risultato apprezzabile se qualcuno replicasse con argomenti concreti al fatto che da troppo tempo si ascolta un turbinio di parole sullo snellimento burocratico, sulla semplificazione e sul fatto che tali affermazioni non hanno prodotto effetti sensibili e degni di nota.

Si possono leggere quasi quotidianamente articoli di epocali iniziative in attuazione di una celeberrima, immaginifica “sburocratizzazione”, che daranno spinta e vigore alle legittime esigenze del privato ed alla desolante inerzia del dipendente pubblico. In ogni dove, in editoriali ed in convegni: vagheggiamenti di concetti che rischiano di restar tali.

Nessuna considerazione apodittica, assolutista, nessun bastone tra le ruote del progresso e dell’efficienza: solo una sintetica, individuale considerazione da chi, giocoforza, tratta la burocrazia per lavoro e, forse, può constatare con più facilità se davvero i processi decisionali si stiano velocizzando o, al contrario, complicando.

La burocrazia non ha in sé connotazione “inflittiva”: è strumento che organizza la “macchina” statale e locale, mediante una necessaria regolamentazione delle varie attività ed azioni sul territorio, ricordando, come dato oggettivo, che la competenza ad emanare leggi “viaggia” tra Stato e Regioni.

Così, se dovessi rispondere con un semplice sì o no alla domanda: "l’affastellamento delle norme e dei regolamenti, i rapporti interni ed esterni, si sono ridotti e/o semplificati?" risponderei convintamente no. Anzi, aggiungerei che essa pare appalesare ulteriori appesantimenti, complicazioni procedimentali tra uffici, rapporti interni sempre più impostati sulla burocrazia.

Si evince, a poco a poco, quanto “burocrazia zero” sia solo, ad oggi, demagogica annunciazione, espressa - forse – con l’intento di accattivarsi il gradimento di una riottosa cittadinanza piuttosto che delle categorie produttive.

La indispensabilità della norma resta un fatto, che connota e sottende la funzione pubblica come funzione di responsabilità e “sensibilità” nell’utilizzo attento di risorse pubbliche (umane e finanziarie): la teorizzata assenza di “lacci e laccioli” in senso smaccatamente liberista, potrebbe arrecare paradossalmente svantaggio proprio ad iniziative solide, grazie ad una maglia ipotizzata più larga ed elastica di valutazione, a favore di eventuali altre “estemporanee”.

Quello che va modificato e rimodulato è la percezione che vede, da una parte, talvolta con ragione, il funzionario proteggersi con un’interpretazione normativa sempre più restrittiva, dall’altra, il privato intendere come diritto ogni propria istanza, ritenendola migliore e prioritaria rispetto alle altrui.

Lo snellimento deve andare di pari passo con una “competenza” che agisca da “ponte” tra le due opposte sponde, senza attribuire strumentalmente e ad ogni piè sospinto incapacità o cecità alla parte burocratica. I risultati duraturi, strutturali sono quelli che vedono ed hanno visto la partecipazione e l’unitarietà d’intenti di tutti i componenti della società civile.

Nessuno si senta legittimamente escluso da tale impegno.


Leggi l'articolo completo e i commenti