Brindisi, i giornalisti e l’attentato: notizie false e ipotesi senza prove

par Fabio Chiusi
sabato 19 maggio 2012

Non riusciamo proprio a dirlo: «Non lo sappiamo». Gli inquirenti brancolano nel buio, appesi a una dinamica inedita di difficile comprensione. Un messaggio della Sacra Corona Unita? Il gesto di un folle? Terrorismo?

Le autorità si sgolano per ribadire che tutte le piste, al momento, sono sul tavolo. Ma la solita cerchia di ‘illuminati’ ha già emesso la sentenza: è una strage di Stato, funzionale a una nuova strategia della tensione. I più si sono limitati a un tweet, a una suggestione velenosa, a un manifesto su Facebook. Come questi:

Altri, invece, non sono riusciti a trattenere la penna. Come Enzo Di Frenna. Che in un post sul sito del Fatto Quotidiano scrive, senza esitazioni: «[...] i mandanti sono da cercare in pezzi deviati dei poteri dello Stato, che da anni hanno stretto un patto con le grandi organizzazioni criminali. Chi ha piazzato le bombe davanti a una scuola lo ha fatto tenendo all’oscuro la Sacra Corona Unita».

L’intento? Fermare il cambiamento, che «in Italia si sta manifestando attraverso i giovani a la Rete». Ecco perché l’omicida ha colpito dei sedicenni: perché «La politica dal basso – che scuote i palazzi del potere – usa Internet».

E «Se tale cambiamento si dovesse propagare sul piano nazionale, l’intreccio politica-mafia sarebbe in pericolo». E allora ecco (ri)spuntare la «Cupola Nera», «composta da massoneria, politica corrotta, pezzi deviati dei servizi segreti e finanza speculativa» e «che da decenni tiene in scacco l’Italia».

Affascinante, per carità. Ma le prove? Nessuna, a parte il fatto che l’attentato si sia compiuto con modalità inedite per la mafia. Che non è una prova. E se avesse cambiato strategia e obiettivi? E se non fosse la mafia, ma nemmeno la «Cupola Nera»? Nessuna risposta.



In compenso, l’ipotesi di Di Frenna trova immediatamente il consenso del candidato sindaco di Milano nelle scorse amministrative, Mattia Calise. Che scrive:

Parole in cui ritorna il mito fondativo del Movimento, cioè quello dei «cittadini informati in Rete» che non si lasciano più ingannare dalla Casta e dai suoi servi, i pennivendoli dei giornali di regime. Peccato che siano proprio alcuni «cittadini informati in Rete» – non ultimi quelli vicini a Grillo – a non avere alcun rispetto per i fatti e parlare a cuor leggero di «strage di Stato». O a concludere: «Oggi è successa una cosa gravissima: è tornata la strategia della tensione».

Sappiamo tutti che la storia d’Italia è piena di depistaggi, stragi senza mandanti o colpevoli, e ipotesi più o meno plausibili sulle deviazioni eversive di parti dello Stato. Ma il passato non dimostra niente su quanto è avvenuto stamane, nemmeno quello recente. E nemmeno se fa ancora male. È una ferita che si riapre a ogni evento inspiegato, ed è l’incapacità endemica di questo Paese di rispettare i fatti e la verità a impedire che, prima o poi, si rimargini.

Così concludiamo un’altra giornata di rabbia e lacrime: con una ragazza data per morta due volte (dalla Gazzetta del Mezzogiorno, prima, e dall’Ansa, poi) che tuttavia a distanza di ore lotta ancora per la vita.

Con il profilo Facebook di una sedicenne uccisa saccheggiato dagli sciacalli delle redazioni online, le foto a comporre grottesche gallerie che mostrano più la nostra incapacità di empatia che un esercizio della professione. E l’ennesima riprova che l’unica strategia che l’Italia non ha mai adottato, e che gli italiani sembrano incapaci di sposare, è quella delle prove.


Ha collaborato Leonardo Bianchi



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