Brexit, la proroga della proroga?

par Phastidio
lunedì 21 maggio 2018

 

Mentre noi italiani siamo impegnati più del solito a guardarci l’ombelico, scrutando l’orizzonte addominale per scorgere la nascita del governo giallo-verde, la Realtà si tiene in esercizio mettendo sabbia negli ingranaggi di ardite costruzioni che plasticamente dovrebbero riprodurre la Volontà Popolare. Ad esempio, nel Regno Unito.

Dove il governo May avrebbe deciso che, se una nuova tecnologia doganale “senza attriti” (frictionless) non dovesse essere disponibile per il 31 dicembre 2020, cioè quando terminerà il periodo di transizione per l’uscita dalla Ue (che sarebbe la proroga dell’Articolo 50 ma non si può dire perché suona malissimo), i sudditi di Sua Maestà resteranno “ancora per qualche tempo” nell’Unione doganale Ue.

Ciò accade perché, come forse saprete, c’è il problema del confine fisico tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda. Quel confine non deve esserci, in forza soprattutto dell’Accordo del Venerdì Santo, che pose fine alla sanguinosa guerra civile nordirlandese.

Poiché non deve esserci confine fisico in Irlanda, lo scorso dicembre la Ue ed il Regno Unito si sono accordati, in linea di principio, che sin quando non ci sarà modo di evitare di avere tale confine, il Regno Unito manterrà “pieno allineamento” con le norme del mercato interno e l’unione doganale della Ue che di fatto garantiscono l’unità dei commerci tra le due Irlande ed il Good Friday Agreement.

Si ma che vuol dire “pieno allineamento”? Ovviamente, ad oggi a Londra non sanno che pesci prendere. Secondo la Ue, l’ipotesi di mantenere l’assenza di confine doganale fisico in Irlanda finirebbe col tenere l’Irlanda del Nord (che è territorio UK) nella Ue, e questo è ovviamente inaccettabile per i britannici, che si vedrebbero di fatto sottratta una porzione di territorio, e i controlli doganali si applicherebbero sul Mar d’Irlanda, cioè anche per le merci che dall’Irlanda del Nord sono dirette al restante territorio del Regno. Sovranità mutilata più che limitata, in pratica. Quindi, via con le fantasie su come evitare questo ferale evento.

Da un lato abbiamo May, che vagheggia o vaneggia di “partenariato doganale”, in cui il Regno Unito incassa i dazi per conto della Ue, li separa da quelli su merci destinate al proprio mercato e spedisce i rimborsi di eventuali differenze; dall’altro lato ci sono i Brexiters, che suggeriscono la formula della “massima facilitazione”, basata su un sistema di alta tecnologia che identifica le merci al transito del confine invisibile tra le due Irlande, ed applica le tariffe del caso. Una sorta di Telepass agli steroidi, in pratica. In questo modo, il Regno Unito potrebbe procedere con la propria autonomia commerciale e stipulare accordi col mondo, dopo aver firmato il nuovo trattato di libero scambio con la Ue. Peccato che, come detto, la tecnologia non ci sia ancora. La decisione: pur di non lasciare l’Irlanda del Nord nell’unione doganale Ue, meglio lasciarvi l’intero Regno Unito “per qualche tempo”. Non fa una piega.

Se vi interessa approfondire, qui c’è lo spiegone popolare. Troppo complesso, dite? Beh, ma questa è l’essenza della Brexit, cioè di un movimento di deglobalizzazione e deintegrazione istituzionale e commerciale. Pensavate bastasse un sì oppure un no? Quelli servono per costruire carriere politiche partendo dai social, al limite. La realtà sta altrove. A parte queste considerazioni pedagogiche, di cui sono certo ve ne farete nulla, la sintesi è questa:

Ve l’ho detto a giugno 2016: mettetevi comodi, ché il film è molto lungo e serviranno scorte king (o queen) size di popcorn.


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