Brexit: ecco perché i sondaggi erano giusti

par YouTrend
giovedì 30 giugno 2016

di Filippo Annovi

Giovedì 23 giugno gli elettori britannici sono stati chiamati alle urne per il referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea, e l’opzione del Leave (uscita dall’Unione) ha vinto con quasi 17 milioni e mezzo di voti, pari al 51,9% contro il 48,1% del Remain e un’affluenza al 72,2%. Questo risultato ha rovesciato le aspettative degli allibratori e dei mercati finanziari; e, come spesso accade, a finire sotto accusa sono stati i sondaggi, che in anni recenti avevano già subito pesanti critiche in occasione delle elezioni del 2015 e del referendum sull’indipendenza scozzese del 2014.

In particolare, il sondaggio condotto da YouGov nel giorno del voto aveva registrato il Remain al 52% (in crescita rispetto al sondaggio del giorno precedente). Ciò che bisogna capire è se il fallimento dei sondaggi sia stato effettivo, o se invece vi sia stata una percezione più negativa della realtà anche a causa di quest’ultimo errore.

La prima cosa che notiamo è che i sondaggi avevano previsto un risultato incerto. Secondo lamedia calcolata dall’Huffington Post, alla vigilia del voto il Remain aveva un vantaggio di 45,8% a 45,3%, con un 9% di elettori ancora indecisi. In questa situazione molto equilibrata, il Remainavrebbe avuto bisogno del voto di circa metà degli indecisi per raggiungere la maggioranza. Sembra quindi forzato affermare che i sondaggi siano stati un fallimento.

Nell’analisi dei sondaggi, ci sono due aspetti che meritano di essere approfonditi:

Per quanto attiene al primo punto, calcoliamo la media dei sondaggi svolti nella settimana dal 9 al 16 giugno[1]. Per ogni istituto, consideriamo il sondaggio più recente; se un istituto ha condotto sondaggi sia online che telefonici, consideriamo entrambe le metodologie.

Prima dell’omicidio di Jo Cox, i sondaggi stimavano il Leave in vantaggio per 47% a 43,8%. Assumendo una distribuzione 50:50 degli indecisi, il Leave sarebbe stato al 51,7%, molto vicino al risultato finale. È quindi possibile ipotizzare che, in seguito a quel fatto tragico, il “sentiment” nazionale abbia spinto il Remain nei sondaggi senza che ci sia stato tempo per un assestamento? Questa è soltanto un’ipotesi che richiederebbe una specifica indagine, ma quel che è certo è che il sorpasso del Remain negli ultimi giorni era in controtendenza rispetto all’andamento delle settimane precedenti e che non è effettivamente stato confermato dalle urne.

Riguardo alla metodologia, l’affidabilità dei sondaggi online è ampiamente dibattuta e sarebbe inoltre importante distinguere i sondaggi telefonici condotti sui numeri fissi e sui cellulari. In ogni caso, è un dato di fatto che gli unici due sondaggi finali che abbiano previsto la vittoria del Leave siano stati quelli di Opinium e TNS, entrambi condotti online. Confrontando l’analisi post-elettorale diLord Ashcroft coi dati disaggregati dei sondaggi di OpiniumTNSYouGov (online), e ComRes(telefonico), notiamo che tutti sono stati piuttosto precisi sugli elettori superiori ai 65 anni, mentre c’è stata una generale sovrastima dell’affluenza nella fascia di età 18-24. Purtroppo le fasce intermedie non sono state suddivise in modo omogeneo dai diversi istituti e quindi non è possibile svolgere un’analisi completa (per cui servirebbero i dati grezzi di tutte le interviste), ma intuitivamente non sembra che le rilevazioni online siano andate meglio sugli elettori più giovani – che generalmente sono i più “difficili” da sondare.

Consideriamo ora tutti i sondaggi di mercoledì 22 giugno: oltre a Opinium e TNS, erano stati condotti altri tre sondaggi online (da Populus, YouGov e SurveyMonkey) che però avevano assegnato la vittoria al Remain[1]. Non è quindi evidente se ci sia stato un vantaggio strutturale legato alla metodologia o se invece sia stata soltanto una coincidenza che i sondaggisti migliori fossero anche quelli che svolgevano le interviste online.

In conclusione, i sondaggi avevano previsto un risultato equilibrato, come effettivamente è stato, e il leggero vantaggio erroneamente assegnato al Remain non può essere considerato un fallimento pari a quello delle elezioni 2015. Chi ha sbagliato pesantemente le previsioni sono stati gli allibratori e i mercati finanziari, che in questa occasione avrebbero fatto bene a fidarsi di più (e a saper leggere meglio) proprio di quei sondaggi ora (di nuovo) sul banco degli imputati.

 

 


NOTE:

[1] Per semplicità, calcoliamo la media aritmetica (questi sondaggi sono ravvicinati nel tempo e non disponiamo di informazioni dettagliate sulla metodologia e sui risultati passati dei sondaggisti).

[2] YouGov prevedeva che con gli indecisi Remain sarebbe arrivato al 51%.


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