Bossing, mobbing, straining: il silenzio degli innocenti

par Paolo Maria Coniglio
sabato 17 ottobre 2009

Comportamenti subdoli e vigliacchi adottati dalle aziende per eliminare, annientare e distruggere un dipendente. E’ arrivato il momento di alzare la testa e dire basta, i mezzi, pochi ma ci sono e funzionano. 

La nostra giurisprudenza, non prevede norme efficienti e deterrenti atte a scoraggiare e ad arginare definitivamente con pene adeguate il dilagante e silente fenomeno del mobbing, inteso in tutte le sue forme più abbiette, come invece accade nel resto dei paesi d’Europa.

Vediamole in sintesi: il mobbing è un insieme di comportamenti definiti violenti. Si tratta di veri e propri abusi psicologici manifestati sotto forma di angherie, dispetti, vessazioni, emarginazione, umiliazioni, maldicenze e ostracismi perpetrati da parte di colleghi nei confronti di un lavoratore.

Questo comportamento, prolungato nel tempo, può essere lesivo della dignità personale e professionale nonché della salute psicofisica della vittima. Il bossing o job-bossing è simile al mobbing, si differenzia dal fatto che viene messo in atto da un vertice aziendale verso un subordinato. Si tratta di una persecuzione tecnicamente affinata nei minimi dettagli, spesso con la complicità di altri attori vili e consenzienti, che mira a porre una persona nelle condizioni di doversi licenziare per alleviarsi le pene che subisce.

Lo straining è un conflitto che si svolge sempre sul posto di lavoro, ad opera di persone che ricoprono ruoli di comando e si caratterizza prevalentemente con isolamento forzato, demansionamenti, mancato aggiornamento delle normali pratiche di lavoro, dal telefono che viene tolto definitivamente dalla scrivania, attacchi alla reputazione della persona e molestie sessuali.

Chi riceve queste disdicevoli attenzioni, difficilmente trova la forza di denunciare il persecutore proprio per il fatto che la legge non garantisce alla parte lesa la necessaria protezione così come accade per altri crimini più noti. Complice anche la difficoltà di dimostrare fatti che, nel diluirsi del tempo, perdono sempre più di particolari utilissimi in fase dibattimentale.



Per tale motivo la vittima deve necessariamente avvalersi della consulenza e assistenza di un legale e prendere nota scritta, nel dettaglio, di tutto quanto gli viene perpetrato, citando luoghi, testimoni presenti, date e orari. Purtroppo si tratta ancora di una zona franca del crimine dove persone senza scrupoli né morale si muovono indisturbati, certi di non essere mai colpiti dalla legge proprio perché si tratta di fatti che moltissimi subiscono ma che poi non vengono denunciati.

La legge 81, seppur ancora inadeguata, sembra aprire uno spiraglio di speranza. Siamo sempre troppo lontani dalla tutela vera e propria. Il mobbing è un crimine contro la persona, è un modo vigliacco di uccidere ed annientare lentamente il predestinato. Va anche considerato che si tratta di una spesa che viene accollata ingiustamente alla collettività. Le cure che deve subire un mobbizzato sono dispendiose, e lunghe: dalle sedute psichiatriche e psicologiche agli psicofarmaci, al reinserimento nel lavoro, per poi finire con le spese legali per la difesa. Un’assurdità è che la stessa INAIL ritiene il mobbing un danno da lavoro mentre è pura opera volontaria di un individuo contro un altro.

Non bisogna assolutamente abbassare la guardia ma combattere, denunciare e portare in tribunale coloro che cagionano le angherie legate a questa pratica deplorevole. Raccogliere quanto più materiale sia possibile, anche le registrazioni audio servono per inchiodare questi personaggi che meritano assolutamente solo il carcere, senza condizionale. Chi non ha provato sulla propria pelle questo tipo di violenze, non riesce neppure lontanamente ad immaginare quanto devastanti siano e su quante altre realtà si ripercuotano: dalla famiglia, alla vita privata, agli amici, alla psiche, all’autostima.

Alcune aziende, spesso ignorano che alcuni di quelli che si ostinano a chiamare "responsabili", pratichino vessazioni ai loro dipendenti. Quando se ne accorgono tentano in modo vile e subdolo di correre ai ripari. Cercano di creare le condizioni che in tribunale gli possano concedere qualche attenuante. Ormai il danno è fatto. La legge dice che le aziende che non hanno saputo monitorare su tali comportamenti devianti dei loro dirigenti e/o dipendenti, pagheranno l’adeguato risarcimento alla vittima.

La prima cosa da fare è quella di non lasciarsi intimorire, rivolgersi ad un legale possibilmente specializzato in cause di lavoro e farsi certificare il mobbing, il bossing o lo straining secondo il metodo Ege 2002, questo è determinante in fase dibattimentale.

I professionisti in Italia che possono relazionare in tale direzione non sono molti ma ci sono e vale assolutamente la pena di consultarli. Esistono centri convenzionati con le ASL in grado di misurare e redigere il grado di stress da lavoro che un individuo ha subito. La consulenza di uno psicologo del lavoro, le certificazioni e la denuncia del mobbing sono passi fondamentali per dire basta ad una pratica che non fa e non deve far parte del mondo del lavoro, bandita dal resto dei paesi d’Europa.


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